Qui nessuno ne ha parlato. Il vertice Italia-Africa era troppo lontano dalla situazione politica del Paese per sperare di lasciare qualche traccia. Il Niger, dal colpo di stato del passato luglio, è attualmente in ‘osservazione giuridica’ da parte della Comunità Internazionale.

Numerose, al Vertice, le rappresentanze di Stati africani, organizzazioni e istituzioni finanziarie internazionali, banche per lo sviluppo e vertici dell’Unione Europea. Ancora più numerosi, però, gli assenti come ad esempio la società civile africana, le rappresentanze di migranti e soprattutto quell’Africa profonda che i capi di stato non rappresentano affatto, i poveri.

L’ambiguità del Piano Mattei sta tutta nelle parole dell’attuale segretario generale dell’Unione Africana che rilevava l’esclusione dell’Africa al momento di proporre un ‘Piano’ che la riguarda. Quanto all’approccio ‘paritario, non predatorio e non caritatevole, con l’obiettivo di contribuire alla crescita dell’Africa’ , per intenderlo basta ricordare gli accordi che l’Italia ha stipulato con la Tunisia e l’Albania.

Senza probabilmente saperlo, Constantin arriva in ufficio proprio durante il Vertice in questione. Partito dal Camerun da qualche anno, ha viaggiato nel Mali, la Costa d’Avorio, la Guinea e ha soggiornato in Gambia e nel Senegal. Seguendo improbabili tracciati ha finalmente raggiunto la Tunisia con l’idea di raggiunger il Paese che ha organizzato il Vertice col suo continente di origine. Ha lavorato come giornaliero per tre anni raccogliendo pomodori e, visto il clima intimidatorio creatosi nel Paese, dormiva sotto gli alberi di olivo. Messi assieme i soldi per i ‘passeurs’ ha tentato per tre volte il mare, che ogni volta ha mostrato tutta la sua buona volontà sull’esito del viaggio. L’ultimo tentativo è stato però fatale perché le guardie costiere tunisine l’hanno preso, detenuto, spogliato dei suoi averi e poi abbandonato nel deserto contiguo a quello algerino. Era notte e i militari hanno semplicemente indicato ai migranti le luci che si vedevano brillare, lontano. Lui e i suoi amici hanno camminato di notte sopravvivendo al deserto per quattro giorni.

Raggiunta un’oasi di ristoro e di salvezza, nella prima città algerina dove in seguito soggiornano, furono avvicinati da alcuni militari, arrestati, accompagnati e poi detenuti in un centro di transito fino alla definitiva espulsione e deportazione nel deserto che finge separare l’Algeria dal Niger. Constantin, giunto a Niamey in camion, si è registrato presso l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, con l’idea di tornare con chi rimane della famiglia che ha lasciato nel Camerun.

Spera di arrivare in fretta nel suo Paese per raccontare ai figli, nel frattempo cresciuti con la madre, cosa significhi imparare a memoria la geografia scritta dalla sabbia nei suoi occhi. Lo stesso conta fare Julien, originario dello stesso Paese e sbarcato a Niamey, per noncuranza, dopo il Vertice di Roma. Quasi quarantenne, ha lasciato il Camerun nel 2009 per raggiungere il suo futuro. Dopo sette anni passati a lavorare ad Oran in Algeria si sposta a Casablanca nel Marocco. Per due volte tenta invano di raggiungere la Spagna via mare.

Durante il secondo tentativo, nel 2017, la nave fa naufragio e almeno sette suoi amici perdono la vita. Decide allora di raggiungere la Tunisia per tentare il viaggio nell’Italia del Piano Mattei per l’Africa. Troppo tardi si accorge dell’errore commesso per precipitazione. Tra il Marocco e la Tunisia si trova infatti l’Algeria, che colleziona migranti e rifugiati per spedirli nel deserto che tutto copre. Julien, senza documenti, con le medicine scadute e la sua formazione in informatica, chiede di essere aiutato a tornare a casa. Dopo così tanti anni di assenza ritiene che al libro scritto di geografia della sua vita manchi l’ultimo capitolo.

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