Assegno di inclusione, a Roma tra gli ‘esodati’ del Reddito con le pratiche bloccate: “Ansia e paure, senza lavoro e sussidio come si sopravvive?”
Da giorni Piero, ex percettore 65enne al quale il governo Meloni ha tolto il reddito di cittadinanza, torna al patronato Inca Cgil di Roma Rebibbia, zona Tiburtino, sperando che la sua domanda per l’assegno di inclusione, inviata a fine dicembre, sia stata accolta. O, almeno, di ricevere qualche informazione. Nulla da fare, anche questa volta. “È ancora in fase di lavorazione, ti faremo sapere”, allarga le braccia un operatore. Eppure, era stata la ministra del Lavoro Marina Calderone a rivendicare: “I 450mila nuclei che hanno fatto domanda entro il 7 gennaio, da domani potranno ritirare la carta e quindi saranno effettuati i pagamenti”. A smentirla, su numeri e pratiche, era stato lo stesso Inps: delle 418.527 domande arrivate entro i primi di gennaio, 13.362 restano in istruttoria e “117.461 sono state respinte per mancanza di requisiti”. Dati omessi in Aula dalla ministra. Tradotto, solo 288mila famiglie, hanno potuto ritirare subito alle Poste la Carta di inclusione precaricata. Soltanto un terzo della “platea di 737 mila nuclei” stimata da Calderone per la misura che ha sostituito il Reddito di cittadinanza. Per tante altre migliaia di famiglie, per ricevere il sussidio servirà aspettare. Nel migliore dei casi, almeno metà febbraio.
La storia di Piero è csimbolica, ma non è l’unica. “Semo alla frutta, me sa che me moro prima“, replica con sarcasmo in dialetto romanesco alle richiesta di pazientare ancora. Camicia e cravatta, è appena tornato da un colloquio, non il primo nelle ultime settimane: “L’ho fatto a Tiburtina, per un magazzino di alimentari”. La risposta? Sempre la stessa: “M’hanno detto che c’ho un’età avanzata…”. Senza fissa dimora, senza più reddito e in attesa dell’assegno di inclusione, “in qualche modo se deve campa’, con qualche lavoretto’, spiega. Mangiare? “Mi ospitano gli amici, i miei fratelli, ma si può andare avanti così? spesso ho dormito anche in macchina, ora è ferma, l’assicurazione non me la posso permettere”. Non gli resta che aspettare. “Piango notte e giorno, per l’ansia. Mi sto quasi per arrendere”.
Anche Luciano è un ex-percettore di Reddito. Ha 65 anni, vive in una casa occupata con la moglie, la sua è una storia di un eterno lavoratore lasciato sempre in nero, tra i cantieri di Roma: “Lavoravo nell’edilizia, in certi settori se vuoi lavorare e sopravvivere purtroppo va così. Contratti regolari non me ne ha mai fatti nessuno o quasi, soltanto a 15 anni dopo aver lasciato la scuola. E altri tre anni con un’altra società”. Ora si ritrova con soltanto “otto anni di contributi per la pensione”, oltre a un’ernia del disco e una artrosi deformante che gli impedisce da tempo di tornare a lavorare. “Quando provo in casa a fare qualcosa, essendo io del mestiere, mi blocco una settimana”. Eppure, “devo arrangiarmi, per ora restano gli ultimi risparmi”. Almeno finché non avrà, come Piero, novità sulla sua domanda: “Dovrebbe essere accolta, ma finché non viene accettata vivrò nel terrore. Purtroppo l’ho presentata in ritardo, poi con i caf chiusi a Natale, dovrò attendere”. Come lui, anche un’altra signora, è in coda al patronato, in attesa di novità. Avrebbe bisogno di andare dal dentista, ma senza soldi anche le visite vengono rinviate: “Ho un’Isee molto basso, dovrei rientrarci”. Almeno spera.
Dal patronato confermano: “Tante domande, pur presentate entro il 7 gennaio, sono in realtà ancora in fase di istruttoria. Non sappiamo quando saranno lavorate e che importi saranno erogati, nel caso siano accettate. Cosa dicono le persone quando comunichiamo loro che c’è ancora da aspettare o che le domande sono state respinte? C’è disperazione, ansia. Per molti la mensilità dell’Adi era l’ultima spiaggia, per andare avanti”.
Anche da Primavalle, altro quartiere capitolino dove disagio, povertà ed emarginazione sono protagonisti, le storie non cambiano. Massimo invece, si fa per dire, spiega di essere “tra i fortunati” che ha già incassato il sussidio. Una vita da artigiano, poi è stato costretto a chiedere il reddito: “Facevo il corniciaio, poi, crisi dopo crisi, con lo scoppio della guerra in Ucraina è arrivato ‘il cliente zero’. Così mio figlio mi ha convinto a smettere e chiedere un sostegno. Ho conosciuto Nonna Roma, prendo il pacco alimentare, ma sono venuto pure ad aiutare come volontario“. È anche grazie al Banco del mutuo soccorso (che nella Capitale supporta ogni mese circa 10mila persone, non soltanto attraverso la distribuzione alimentare, di vestiti e generi di prima necessità, ndr) che è riuscito a fare tutto in tempo. “Tante altre famiglie che supportiamo sono invece ancora in un attesa. La richiesta di una signora invece è stata respinta, ma sono persone che vengono qui a prendere i pacchi, la soglia è bassa e ci sono tanti vincoli, sono sempre condizioni precarie”, spiega Rosa Barletta, ex sindacalista e volontaria a sua volta.
“Siamo di fronte a una chiara riduzione della platea e delle risorse. Speriamo almeno che questi ritardi e blocchi delle domande vengano risolti. Si manifestano soprattutto in relazione a requisiti di carattere sanitario“, precisa Donatella Onofri, segretaria generale della Camera del lavoro Cgil di Roma Centro ovest e litoranea. E se i patronati ricordano come “la presa in carico dei servizi sociosanitari deve precedere la domanda”, se questa slitta, saltano certificazione e niente Assegno di inclusione (Adi). “La casistica per inquadrare le condizioni di svantaggio è insufficiente e le istruzioni ambigue”, avevano già spiegato al Fatto diversi assistenti sociali contattati. Ma non solo. “I servizi sociali già sono sotto stress, soprattutto a causa della
cronica carenza di personale. Chi ha fatto questa legge forse vive in un altro pianeta”, c’è chi denuncia. “Mettere in ballo servizi sociali e centri per l’impiego, in una città come Roma dove non funzionano né uno né l’altro, significa
lasciare la gente senza alcun sostegno”, accusa
Giuseppe Alvaro, responsabile del patronato Inca Cgil di Roma Primavalle.
Tante famiglie ed ex percettori restano così ancora in un limbo: “Il governo ci sta affamando, siamo quasi affogati, ma ancora non del tutto”, c’è chi attacca. Piero si scaglia contro Meloni e la sua indifferenza verso gli indigenti: “Da lei tante chiacchiere, ci sta rovinando. ‘Panza piena, nun pensa a panza vota’”.