di Guido Silvestri*
I trattori si avvicinano a Roma, dove ci si aspetta l’annuncio di un corteo di protesta, come sta accadendo in tante altre città italiane e come forse accadrà anche a Sanremo nei giorni sovraesposti del festival.
Ma cosa sta accadendo e quali sono le ragioni degli agricoltori?
L’Unione Europea riserva all’agricoltura un terzo del suo bilancio. A fine 2021 tutti i partiti sovranisti, inclusa la Lega e Fratelli d’Italia, hanno votato la riforma della Pac (Politica Agricola Comune) che, nella sua implementazione, lascia ampia flessibilità ai governi degli Stati membri. Ma l’80% dei fondi va di fatto a solo il 20% delle aziende più grandi lasciando i più piccoli e quelli di medie dimensioni a bocca asciutta.
In Europa il popolo dei trattori protesta per ragioni diverse da paese in paese, ma in Italia la motivazione principale è legata alla scelta del governo Meloni di non prorogare per il 2024 l’esenzione Irpef. Al governo si contestata anche la norma sull’uso del 4% dei terreni coltivabili a funzioni non produttive.
La protesta è condotta dai piccoli e medi agricoltori, per i quali sembra essersi incrinato anche il rapporto con le associazioni di categoria. A Bruxelles abbiamo visto bruciare bandiere dell’Ue ma anche della Coldiretti che nei suoi documenti agli iscritti sposò in pieno la politica europea. Gli agricoltori sono schiacciati dal potere contrattuale della grande distribuzione, ovvero soffrono per un livello dei prezzi esageratamente basso. Se un contadino riceve per un chilo di pane 22 centesimi di euro e il pane viene venduto al dettaglio, a noi consumatori, 3 euro al chilo, significa che il contadino non ha alcun potere contrattuale sul suo prodotto. Ma non è questa la storia che ci racconta la politica.
La proposta per cui venga riconosciuto per legge il costo di produzione dei prodotti, come base per le trattative con i trasformatori e con la grande distribuzione, è un buon punto di partenza ma giace in Parlamento colpevolmente ignorata. Intanto, come accade su tanti altri dossier, le forze di governo cercano il lupo cattivo da incolpare e attaccano l’Unione Europea in maniera strumentale.
L’agricoltura, lo sappiamo, è un settore strategico e molto diverso da tutti gli altri. Ma al momento sembra, con le dovute eccezioni, un settore che riesce a stare in piedi solo con esenzioni fiscali e sussidi. E, malgrado ciò, genera molto lavoro povero. Servono provvedimenti per l’immediato ma altrettanto urgente è la consapevolezza che incombono sfide epocali, come la crisi ambientale e il progressivo cambiamento delle abitudini alimentari, ad esempio tra alimenti animali e vegetali.
A queste sfide, l’unica risposta non può essere quella del mantenimento dello status quo, e quindi dello stato di perenne precarietà degli imprenditori agricoli. Ai piccoli agricoltori servono interlocutori e legislatori che li ascoltino davvero perché si concordi un percorso che, partendo dall’analisi non ideologica delle innovazioni tecnologiche, li tuteli e garantisca loro sostegno costante durante la transizione.
Non si perda altro tempo, lo si avvii ora.
*co-presidente di Volt Italia