Trentotto anni dopo certi di aver dato un volto e un nome ai due rapinatori che uccisero un poliziotto durante un colpo in gioielleria. Tutto grazie a un’impronta digitale rinvenuta all’epoca e ora inserita nel sistema centrale della Scientifica dove vengono archiviate tutte le impronte prese durante il fotosegnalamento. La procura di Napoli è convinta che siano Giovanni Rendina e Salvatore Allard, oggi rispettivamente 60 e 59 anni, i due banditi che il 4 dicembre 1986 entrarono in azione nella gioielleria Romanelli di Pianura, quartiere del capoluogo campano, e che uccisero il sovrintendente Domenico Attianese, intervenuto per fermarli nonostante fosse fuori servizio.

L’inchiesta della procura guidata da Nicola Gratteri è ripartita dai frammenti papillari rintracciati all’epoca durante il sopralluogo: ora la Scientifica ha provveduto alle comparazioni dattiloscopiche con il sistema Apfis ricevendo un “match”. Da lì è ripartita l’inchiesta con mirati approfondimenti, rianalisi della documentazione rinvenuta, comparazioni fotografiche, ascolto di testimoni. Ora il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli ha ordinato l’arresto in carcere di Rendina e Allard.

Quel giorno di dicembre di 38 anni fa, in due si erano introdotto nella gioielleria, avevano bloccato i titolari sotto la minaccia delle armi e iniziato il saccheggio dei preziosi. Mentre la rapina era in corso, fuori dalla gioielleria arrivò la figlia di Attianese, all’epoca 14enne, che resasi conto di quanto stava accadendo era corsa a casa, poco distante, per chiamare il padre. Attianese era fuori servizio ma intervenne per cercare di fermare il colpo e salvare i titolari. Dopo una violenta colluttazione con i malviventi, venne dapprima disarmato e poi ucciso con un colpo di pistola alla testa. L’omicidio è stato già oggetto di un processo davanti alla Corte di Assise di Napoli, conclusosi nel 1996, nel quale gli imputati, ai quali erano stati contestati i fatti, risultarono estranei alla vicenda.

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