Con 135 voti favorevoli, 1 contrario e 92 astenuti (tutta l’opposizione), l’aula della Camera ha approvato il disegno di legge su interventi a sostegno della competitività dei capitali. Il provvedimento, già approvato dal Senato, ha subito alcune piccole modifiche e quindi torna ora a Palazzo Madama per una terza lettura. Sono stati respinti due emendamenti identici presentati dai parlamentari di Alleanza Verdi Sinistra e firmati da Andrea Orlando del Pd che fissavano un tetto massimo al compenso dei manager delle grandi aziende.
Pd, M5s e Italia viva avevano poi chiesto l’abolizione dell’articolo 12, che prevede nuove norme più rigide sulla presentazione della lista per il cda. Il Financial Times ha scritto che “il beneficiario più evidente” appare Francesco Gaetano Caltagirone, grande azionista di Generali e Mediobanca, perché “lui e i suoi alleati (Del Vecchio ndr) sono stati ostacolati nei loro tentativi di imporre nuovi consigli di amministrazione in entrambe le società”. Il nuovo meccanismo scatterà nel 2025 in tempo per il rinnovo del cda di Generali, consentendo a Caltagirone&C. di portare in consiglio molti più rappresentanti. L’emendamento presentato per la soppressione è stato respinto ai voti. Per Bruno Tabacci (Pd) si tratta di “un corpo estraneo” che “rende il provvedimento indigeribile” e per Emiliano Fenu (M5s) il governo si è “comportato in maniera ambigua” in questa “battaglia fra i grandi potentati del capitalismo”. Luigi Marattin (Italia Viva) parla di “una distorsione che durerà negli anni, barattate un caso specifico per un sistema di governance per il quale ci stanno ridendo dietro in tutta Europa”.
Dopo le modifiche inseriti in commissione al Senato, quell’articolo ha suscitato la reazione di una parte del mercato e degli operatori nazionali (fra cui Assogestioni) e stranieri secondo i quali il nuovo testo avrebbe favorito eccessivamente le minoranze. Un fuoco di fila che ha portato i relatori del provvedimento a riformulare il testo con un lavoro di sintesi delle diverse proposte. Nel provvedimento è stata così prevista la facoltà di introdurre il voto maggiorato con un meccanismo graduale spalmato in 10 anni. Gli investitori stabili potranno vedere crescere i loro diritti di voto fino a 10 per azione posseduta. In quanto alla lista del cda, quello uscente potrà presentare una lista con un numero di candidati superiore di un terzo ai posti previsti mentre le liste delle minoranze, se non hanno ottenuto più del 20% dei voti, concorreranno alla ripartizione dei posti in cda in proporzione ai voti ottenuti in assemblea e comunque a esse viene riservato un ammontare non inferiore al 20%. Nel caso le liste di minoranza superino tale soglia (è previsto uno sbarramento minimo del 3%) l’assegnazione dei posti in cda segue il sistema proporzionale
Quanto agli stipendi dei manager, le proposte di modifica bocciate prevedevano che questo non fosse superiore di 50 volte quello degli operai. Il compenso dell’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares, spiega Marco Grimaldi di Avs, “è superiore di oltre 1.000 volte quello di uno dei nostri operai e questo è inaccettabile”. La proposta sottoscritta dal M5S con Fenu, Enrica Alifano, Giorgio Lovecchio e Angela Raffa chiedeva di prevedere che la remunerazione degli amministratori “non possa in ogni caso essere superiore a cinquanta volte la retribuzione annua lorda media del personale dipendente della società”. Testo identico a quella firmata dai deputati di Avs Emilio Borrelli e Grimaldi.