Sentenza ribaltata, trascrizioni annullate e nuovo appello al legislatore perché intervenga sulla delicatissima materia di bambini figli di coppie omogenitoriali che all’improvviso e per legge si trovano senza uno dei genitori. In questo caso tre bambini perdono la loro mamma intenzionale, non ovviamente quella che li ha partoriti. Questo perché la sezione famiglia della Corte d’appello civile di Milano ha accolto il ricorso della Procura milanese contro i decreti del Tribunale che, il 23 giugno scorso, hanno di fatto ritenuto valide le trascrizioni dei riconoscimenti dei figli di tre coppie di donne, nati con procreazione assistita effettuata all’estero.

Un verdetto, che a causa della maternità surrogata, aveva invece annullato la trascrizione dell’atto di nascita del bambino di una coppia di uomini. I giudici di secondo grado oggi hanno dichiarato illegittime le iscrizioni “sul Registro degli atti di nascita della doppia maternità del bambino”. Una sentenza che rovescia quella faticosamente ottenuta dalle famiglie formate da due donne e i loro figli dopo l’impugnazione della procura.

L’appello al legislatore – I giudici però, come avevano fatto in passato anche Cassazione e Consulta, riconoscono che “la materia di cui si tratta richiede l’intervento del legislatore, unico soggetto capace di operare un articolato disegno normativo idoneo a declinare in modo corretto i diritti dei soggetti coinvolti nella vicenda procreativa umana medicalmente assistita, realizzando il bilanciamento di diritti di rango costituzionale che non devono venire a trovarsi in conflitto tra loro, ivi inclusi quelli del nascituro, soggetto capace di diritti, nel suo essere e nel suo divenire”.

La mamma partoriente – I magistrati dell’appello hanno accolto l’appello della procura guidata da Marcello Viola e hanno dichiarato “ammissibile il reclamo” e così la sezione Persone minori e famiglie, composta dai magistrati Fabio Laurenzi (presidente), Alessandra Arceri e Maria Vicidomini (consiglieri), si è pronunciata su tre ricorsi. Resta ovviamente fermo il riconoscimento del figlio da parte della “madre partoriente”, mentre “la donna non partoriente – che possieda i requisiti necessari – ha accesso alla procedura di adozione in casi particolari”. Con la decisione attuale l’atto di nascita non è più valido, da oggi questi tre bambini non hanno più la seconda madre.

La reazione – La “decisione della Corte d’Appello è doppiamente miope“, “in diritto perché non conferma la corretta ricostruzione giuridica di primo grado del Tribunale di Milano” e poi “anche rispetto all’interesse del minore che di fatto si vede cancellata con questa decisione una delle sue due madri, che lo ha voluto fortemente e che si prende cura di lui fin dal primo istante” commenta all’Ansa l’avvocato Michele Giarratano, legale di una delle coppie di donne. Il legale ha chiarito che ora si dovrà valutare se ricorrere in Cassazione contro il provvedimento, anche perché le sue assistite sono “giustamente molto stanche” per la situazione che hanno dovuto vivere.

I casi di Milano e Padova – Gli atti di nascita erano stati impugnati a Milano nel solco della sentenza delle sezioni Unite della Cassazione dello scorso 30 dicembre che – decidendo su una coppia di padri – aveva innescato le impugnazioni degli atti di nascita trascritti alle anagrafi delle coppie formate da due donne che quindi non ha avuto bisogno di ricorrere alla gestazione per altri (o maternità surrogata). Stessa conseguenza a Padova, dove però addirittura la procura aveva impugnato tutti gli atti fino al 2017 e salvo cambiare passo e chiedere l’intervento della Consulta.

No alla gestazione per altri – I giudici della VIII sezione civile – presieduti da Giovanni Battista Rollero – lo scorso giugno avevano annullato la trascrizione dell’atto di nascita del figlio di una coppia di uomini, nato all’estero tramite maternità surrogata, nella parte in cui indicava come genitore anche il padre intenzionale oltre a quello biologico, ma avevano salvato le tre coppie di mamme che – non avendo fatto ricorso alla gestazione per o maternità surrogata – non rientrano di fatto nella decisione della Suprema corte che – ricordiamolo – sottolinea che la sentenza era stata presa perché in Italia la gestazione per altri è vietata dalla legge 40.

Il verdetto di primo grado – Per il Tribunale di Milano, in aderenza ai principi espressi dalla Cassazione, “il diritto del minore (figlio di due papà, ndr) al pieno riconoscimento del ruolo svolto dal genitore d’intenzione” potrà invece “essere riconosciuto con il procedimento dell’adozione in casi particolari”.

La Cassazione e la Consulta – La strada dell’adozione era stata indicata dagli ermellini che citavano i verdetti 32 e 33 della Consulta in attesa che la politica agisca cosa che finora come gli stessi supremi giudici sottolineano non è successa. “La Corte chiama in causa il legislatore perché la decisione sulla direzione di marcia, in un terreno denso di implicazioni etiche, antropologiche, sociali, prima ancora che giuridiche, non può essere devoluta alla giurisprudenza. Per le riforme, occorre la discussione in sede politica, affidando al confronto democratico, e per esso all’intera comunità, scelte di così rilevante significato. Il legislatore è rimasto finora inerte. Il monito giace inascoltato – sottolineavano i giudici della Cassazione – Nell’attesa dell’intervento, sempre possibile ed auspicabile, del legislatore, il giudice, trovandosi a dover decidere una questione relativa allo status del figlio di una coppia omoaffettiva, non può lasciare i diritti del bambino indefinitamente sospesi, ma deve ricercare nel complessivo sistema normativo l’interpretazione idonea ad assicurare, nel caso concreto, la protezione dei beni costituzionali implicati, tenendo conto delle indicazioni ricavabili dalla citata sentenza della Corte costituzionale”. Un intervento del legislatore che non è mai arrivato e che oggi da Milano viene nuovamente richiesto.

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