La lettera non se l’era firmata, ma nel testo della missiva aveva specificato che, “se per la fine del 2023 il detenuto Salvo Gregorio Mirarchi non fosse stato liberato, il dottore Gratteri avrebbe pagato con la vita”. È quanto c’è scritto nel capo di imputazione contestato dalla Procura di Salerno e riportato nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Marilena Albarano nei confronti di Mirarchi, un 33enne di Montepaone che nel 2021 era stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta “The Keys” che ha smantellato un’associazione a delinquere che utilizzava anche minorenni come corrieri della droga. L’anno prima, inoltre, sempre Mirarchi era finito in carcere perché trovato in possesso di una pistola e delle munizioni “nascoste” nel comodino della sua camera da letto. Un criminale, evidentemente impacciato, che dopo un anno e mezzo di detenzione, piuttosto che rivolgersi al suo avvocato per sostenere le sue ragioni e ottenere la revoca della misura cautelare, il 24 gennaio 2023 ha pensato di minacciare l’allora procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il pm Debora Rizza che avevano coordinato le indagini. E lo ha fatto inviando una lettera, scritta di suo pugno, “dalla quale – secondo la Procura di Salerno diretta da Giuseppe Borrelli (competente per le indagini in cui sono parti offese i magistrati del distretto di Catanzaro) – peraltro poteva essere facilmente individuato come autore”.

Nella missiva, oltre al nome del detenuto per il quale si chiedeva la scarcerazione, “venivano formulate gravi minacce di morte nei confronti dei due magistrati, affermando altresì che sarebbero rimasti vittima di un attentato da porre in essere con l’utilizzo di un bazooka”. Come se non bastassero le minacce dirette, Mirarchi ha paventato vendette trasversali contro l’attuale procuratore di Napoli. Stando al capo di imputazione, infatti, l’indagato ha minacciato “di morte” pure “il fratello del dottore Gratteri e dicendo che era noto ove costui vivesse” e “dicendo altresì che erano conosciuti anche i percorsi che il dottore Gratteri compiva con la vettura di servizio a lui in uso”. Alle squadre mobili di Catanzaro e Salerno, guidate da Fabio Catalano e da Gianni Di Palma, e alla polizia scientifica è stato sufficiente comparare la scrittura sulla lettera con quella di un’altra lettera di minacce che lo stesso Mirarchi aveva inviato a una donna di Soverato e per la quale è stato già rinviato a giudizio per minaccia aggravata dal metodo mafioso.

“Il grafismo è pienamente riconducibile” si legge sulla consulenza. La prova del nove, poi, è stata la seconda perizia disposta su un documento indirizzato al gip di Catanzaro e custodito presso la casa circondariale di Siano dove Mirarchi è detenuto. Anche in questo caso, la scrittura di chi ha minacciato Gratteri “è pienamente riconducibile alla funzionalità grafica del documento di comparazione”. Da qui all’arresto per minacce a pubblico ufficiale il passo è stato breve per Mirarchi, a cui la Procura di Salerno contesta anche l’aggravante del metodo mafioso perché, nella stessa lettera, ha evocato “l’esistenza di un’organizzazione pronta ad uccidere, affermando espressamente di essere orgoglioso di appartenere alla ‘ndrangheta”. Per il gip Albarano non ci sono dubbi: “Può ritenersi pacifica – scrive il giudice per le indagini preliminari – la sussistenza di un grave quadro indiziario. Le concrete modalità dei fatti, (consistita nell’aver spedito una missiva minatoria dal luogo di reclusione nei confronti di magistrati in servizio al fine di costringerli a commettere atti contrari al loro dovere d’ufficio in suo favore) e la personalità dell’indagato (particolarmente aggressivo e violento, già detenuto per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e reati in materia di armi per la realizzazione di rudimentali ordigni esplosivi), fanno ritenere concreto ed attuale li pericolo che il predetto, qualora dovesse essere liberato commetta, con armi, i propri propositi omicidiari in danno delle persone offese”.

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