La contaminazione da Pfas nelle acque potabili del Piemonte non interessa solo l’area della provincia di Alessandria, dove questo tipo di inquinamento è già noto: in oltre 70 comuni della città metropolitana di Torino, incluso il capoluogo, viene erogata acqua potabile contenente Pfas. E questa è una delle poche aree monitorate nell’intera regione (oltre a quella di Alessandria). Per la maggior parte delle province piemontesi, infatti, non esistono dati relativi alla contaminazione da Pfas nell’acqua potabile, sebbene si parli delle molecole di sintesi utilizzate in numerosi processi industriali e definite inquinanti eterni perché impossibili da degradare. Secondo un nuovo rapporto appena pubblicato da Greenpeace e basato soprattutto su dati ufficiali degli enti pubblici regionali, ottenuti dalla ong tramite istanze di accesso agli atti, in Piemonte circa 125mila persone (quasi il 3 per cento della popolazione) potrebbero aver bevuto acqua contaminata da Pfoa (acido perfluoroottanoico), una molecola del gruppo dei Pfas inserita dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo che include le sostanze cancerogene e a cui queste persone sono state esposte. Nella maggior parte dei casi in cui è stata evidenziata la contaminazione delle acque da Pfas, questa è infatti ascrivibile a due composti: Pfoa, la cui cancerogenicità è accertata e Pfos (incluso nella lista dei possibili cancerogeni solo a novembre 2023). D’altronde, in attesa che entri in vigore in Italia, a partire da gennaio 2026, la direttiva comunitaria 2184/2020, manca una legge nazionale che limiti la presenza di Pfas nelle acque potabili. “Per anni si è ritenuto che la contaminazione da Pfas, in Italia, interessasse solo il Veneto o la zona dell’alessandrino in Piemonte, aree che hanno ospitato od ospitano tuttora stabilimenti industriali dedicati alla produzione di queste pericolose molecole. Purtroppo, però, l’inquinamento da Pfas è molto più esteso” racconta Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia che, già lo scorso anno, ha condotto un’indagine in Lombardia.

La richiesta dei dati, come in LombardiaReplicando quell’indagine, Greenpeace ha chiestogli esiti delle analisi svolte sui campioni di acqua destinata al consumo umano da parte degli enti pubblici piemontesi, tramite istanze di accesso agli atti generalizzate (Foia). A luglio 2023 sono state inviate 43 richieste alle otto Asl regionali, alla direzione generale di Regione Piemonte, ai 29 gestori del servizio idrico integrato e a cinque comuni che gestiscono autonomamente la propria rete potabile. Solo dieci enti (pari al 23% del totale) hanno risposto positivamente al Foia di Greenpeace Italia inoltrando copia delle analisi effettuate, dieci tra comuni ed enti non hanno risposto (23,2%). Undici tra Asl e gestori (25,5%) hanno giustificato l’assenza di dati col fatto che la direttiva europea entrerà in vigore solo nei prossimi anni, otto tra Asl e gestori (18,6%) hanno spiegato che non sono ancora in vigore leggi che impongono dei limiti alla presenza di Pfad nelle acque potabili e, infine, due gestori (4,6%) hanno dichiarato che i mancati controlli sono dovuti alla specifica richiesta di Arpa Piemonte di non ricercare i Pfas nell’acqua potabile. “Nella seconda Regione più estesa d’Italia – commenta Greenpeace – in cui insiste una nota fonte di contaminazione da Pfas, è paradossale che i controlli effettuati dagli enti su scala regionale siano parziali o, in molti casi, assenti. Molti gestori spiegano nelle loro risposte alle istanze di Greenpeace Italia come i mancati controlli siano imputabili a chiare indicazioni di Arpa Piemonte”.

I dati comunicati: Pfas nel 51% dei campioniSono 671 i campioni di acqua a uso potabile di cui gli enti locali piemontesi hanno condiviso i dati, analizzati tra il 2019 e il 2023. Nel 51% è stata riscontrata la presenza di Pfas, con le maggiori positività riscontrate nella provincia di Alessandria. In quest’area cinque comuni, situati lungo il fiume Scrivia, hanno evidenziato la presenza degli inquinanti in tutti i prelievi effettuati in questi anni: Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona. Nei 24 campioni raccolti in queste località è sempre stato trovato il Pfoa, in concentrazioni variabili e comprese tra 19 e 190 nanogrammi per litro. In Italia, l’unica produzione ancora attiva di questi composti in Italia è al polo chimico di Solvay Specialty Polymers, a Spinetta Marengo, nel comune di Alessandria. Si tratta di uno stabilimento che, secondo lo studio Perforce del 2007, coordinato dall’Università di Stoccolma, già allora era ritenuto la principale fonte di Pfoa nel bacino del Po. “L’azienda rilascia da decenni nell’ambiente ingenti quantità di sostanze pericolose – ricostruisce Greenpeace – non solo attraverso le acque reflue ma, come rivelano dati recenti di Arpa Piemonte, anche in atmosfera”. Dall’indagine della ong emergono monitoraggi parziali e, di conseguenza “una situazione di potenziale contaminazione che non è evidentemente sotto controllo” spiega Greenpeace, secondo cui le verifiche degli enti pubblici, sono lacunose e limitate solo ad alcune aree. Laddove sono state evidenziate criticità nelle acque potabili, gli interventi degli enti pubblici sono tutt’altro che uniformi e, in alcuni casi, non cautelativi per la salute umana. “A Montecastello un pozzo altamente contaminato è stato chiuso nel 2020, mentre in altri comuni dello Scrivia con livelli simili di Pfoa, gli interventi, tutt’altro che risolutivi – racconta la ong – sono stati tardivi e avviati solo dopo la richiesta dei dati da parte di Greenpeace Italia, come avvenuto a Alzano Scrivia, Guazzora, Isola Sant’Antonio e Molino dei Torti o sono tuttora assenti, come nel caso di Castelnuovo Scrivia”.

Non solo nell’Alessandrino Laddove i gestori si sono attivati, come il caso di SMAT nella Città Metropolitana di Torino, sono più di settanta i Comuni nelle cui acque a uso potabile è stata registrata la presenza di composti poli e perfluoroalchilici. In alcuni casi – scrive Greenpeace – a contaminare le reti idriche dei comuni Città Metropolitana di Torino è il C6O4, prodotto solo a molti chilometri di distanza nello stabilimento di Solvay ad Alessandria”. Nello specifico, per la città metropolitana di Torino il 45% dei campioni è risultato positivo alla presenza di Pfas. Per le altre province piemontesi, invece, la situazione non è ricostruibile poiché gli enti pubblici, inclusi i gestori, non hanno effettuato analisi. Greenpeace Italia, poi, ha raccolto 15 campioni di acqua potabile nelle otto province piemontesi, per la maggior parte da fontane pubbliche di parchi giochi. Le analisi, eseguite da un laboratorio indipendente accreditato, hanno evidenziato la presenza di Pfas in 5 campioni su 15, ovvero uno ogni 3. Uno di questi campioni è stato prelevato nel comune di Galliate in provincia di Novara, dove sono stati trovati 12 nanogrammi per litro di Pfos, concentrazioni che in altre nazioni non sono ritenute sicure per la salute umana. “Chiediamo alle istituzioni locali un’operazione di trasparenza – conclude Ungherese – per mettere al corrente la cittadinanza di tutti i dati in proprio possesso sulla contaminazione da Pfas e, parallelamente, di intervenire con urgenza sulle fonti inquinanti”.

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