Vent’anni di carcere e tre milioni di euro di multa, 900mila euro in più di quelli che aveva chiesto la Procura di Crotone. Mentre, a distanza di quasi un anno, si attende ancora di capire se ci sono state anomalie nella catena dei soccorsi gestita dalla guardia di finanza, dalla guardia costiera e da Frontex, la giustizia italiana condanna uno degli scafisti del caicco Summer love che si schiantò il 26 febbraio 2023 a Steccato di Cutro, in una secca a un chilometro dalla costa calabrese, provocando la morte di 94 migranti.
Per il 29enne turco Gun Ufuk il processo, celebrato con il rito abbreviato, si è già concluso. La sentenza del gup di Crotone Elisa Marchetto è arrivata oggi pomeriggio. Il giudice per le udienze preliminari ha accolto l’impianto accusatorio del pm Pasquale Festa ed è andato anche oltre condannando lo scafista a una pena “esemplare”, come auspicato anche dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che al turco ha chiesto un milione di euro di risarcimento per danni di immagine. Favoreggiamento della immigrazione clandestina, naufragio colposo, morte come conseguenza di altro delitto. Sono stati questi i reati contestati a Ufuk, l’unico dell’equipaggio che non ha scelto il rito ordinario. Gli altri presunti scafisti sono imputati, infatti, nel troncone principale del processo.
L’uomo era stato arrestato l’8 marzo dello scorso anno in Austria, a Salisburgo. Voleva raggiungere la Germania dopo essere riuscito, assieme a un cittadino siriano, ad allontanarsi dalla zona del naufragio camminando prima a piedi per poi raggiungere Bari in taxi e da lì, con un mezzo pubblico, è infine arrivato a Roma.
Prima che il giudice si ritirasse in camera di consiglio, l’imputato si è sottoposto all’interrogatorio. In aula si è detto dispiaciuto per quello che è successo e ha spiegato il motivo per il quale, pur non essendo mai stato al timone del caicco, oggi si trova davanti alla prospettiva di trascorrere molti anni di carcere: “Io ero solo il meccanico della barca – ha affermato – e ho barattato il pagamento del viaggio con il compito di macchinista per riparare il motore. Non ho mai guidato la barca. Mi dispiace tanto per il dolore causato ai familiari delle persone morte”.
Stando alla sua versione, Ufuk voleva solo scappare dal suo Paese e chiedere asilo politico in Europa: “Io dovevo scappare dalla Turchia per motivi politici. Ero stato arrestato perché considerato di fare parte del movimento che aveva condotto il tentato golpe del 2016. Nel 2019 sono stato in carcere per otto mesi perché criticavo Erdogan e le sue politiche. Quando sono uscito per due anni ho dovuto presentarmi alla polizia ed ho tutt’ora il divieto di uscire dalla Turchia. Per chi è considerato golpista non è facile vivere lì”.
“Siamo discriminati dalle autorità e non riusciamo a trovare lavoro – sono state sempre le sue parole davanti al giudice – Per questo ho deciso di partire, ma non avevo i soldi necessari e così ho accettato di fare il meccanico della barca che doveva arrivare sulla costa italiana e tornare. Mi ha fatto conoscere gli organizzatori del viaggio un mio amico, che era il comandante della barca e che è morto nel naufragio. La barca la conduceva lui che aveva già fatto altri viaggi. Io stavo vicino al mio amico Gulem Byram, ma non ho mai guidato. Quella notte ho sentito che l’imbarcazione aveva toccato qualcosa ed ho visto Byram che cercava di virare: ha dato gas ma il motore si è spento. Io ho avuto paura e mi sono tuffato perché la barca era inclinata. Ho nuotato mezz’ora e sono arrivato sulla spiaggia, Byram non ha abbandonato la barca. C’era caos, gente che gridava. Prima dell’incidente le altre persone a bordo hanno più volte chiamato i numeri di emergenza”.
Nel corso della sua arringa, il difensore di Ufuk, l’avvocato Salvatore Falcone, ha puntato il dito contro i mancati soccorsi e contro la politica che, adesso, si accorge del danno di immagine: “Ritengo – ha affermato il legale – che la morte di quelle persone non sia a causa di una manovra sbagliata o del naufragio perché, se in quel momento ci fosse stata una qualsiasi unità di soccorso, non ci sarebbero stati tutti questi morti. La costituzione di parte civile da parte del governo è fuori luogo perché credo che proprio chi doveva intervenire per l’obbligo morale avrebbe dovuto evitare di chiedere danni per quell’immagine che esso stesso ha leso. Ufuk è un capro espiatorio di chi doveva intervenire”.
L’avvocato Falcone ha chiesto di integrare agli atti il documento del novembre scorso con cui Frontex ha ricostruito l’incidente, sostenendo che i due funzionari italiani presenti nella sede dell’agenzia non avevano considerato la segnalazione dell’imbarcazione. Secondo il legale, inoltre, Ufuk “non ha dato alcun apporto al naufragio ed i testimoni dicono tutti che Ufuk non ha mai guidato la barca”. Per questo motivo l’avvocato Falcone aveva chiesto l’assoluzione del turco dall’accusa di naufragio colposo e morte come conseguenza di altro reato. E ancora: per il difensore non si sarebbe potuto configurare nemmeno il delitto di favoreggiamento all’immigrazione clandestina contestato a Gun Ufuk perché “le persone a bordo del caicco naufragato arrivavano da Paesi dove ci sono dei regimi come l’Iran e l’Afganistan. Esisteva un’alternativa concreta messa in atto da comunità internazionale o dal governo per scappare in modo legale da quelle situazioni? No, perché non ci sono corridoi umanitari, né è possibile beneficiare di un visto presso le ambasciate europee. Unico modo è scappare. Sarebbe troppo comodo liberare la responsabilità di chi avrebbe la possibilità di intervenire su questo aspetto sacrificando Ufuk come capro espiatorio”.