Berté - Mannoia - Mengoni - 6/10
Loredana Bertè
Negli anni, Loredana Bertè ci ha abituati a una certa iconoclastia. Il pezzo di questo Sanremo, però, è tutto il contrario: comodo, orecchiabile, innocuo, e ogni altro sinonimo che si possa trovare per la parola ‘sanremese’. Il ritmo lo costringe a un confronto obbligato con ‘Dedicato’, e il confronto ovviamente lo perde. Il primo posto nella classifica della sala stampa sa un po’ di tributo all’artista, che certamente Loredana merita, ma la canzone non somiglia né al suo titolo (Pazza) né alla sua interprete. Più alla sala stampa. Peccato.
Voto 5.
Fiorella Mannoia
Mentre lei cantava una canzone colta, femminista e liberamente ispirata alle cose migliori di De Andrè (cioè tutte), noi commentavamo il suo abito in pizzo bianco di Luisa Spagnoli. Che alla fine è l’ulteriore atto di rottura e liberazione femminista. In un mondo di organza e brand sofisticati che gli stylist si litigano a colpi di “se non mi vesti Cristina D’Avena non ti do Elodie!” il pizzo foderato da damigella al matrimonio a Riva del Garda è la liberazione finale di cui avevamo bisogno. Voto 10
Marco Mengoni
Si è calato in un ruolo complicato. Cantante (e vabbè), spalla, intrattenitore brillante e quasi comico in gag non troppo brillanti che avrebbero fatto calare il gelo in sala come nemmeno Angelo Duro ai bei tempi. E invece, sorpresa. Mengoni riesce a presentarsi sul palco con scopettone e retino in testa, a fare cose cringe e a non risultare cringe. Ad essere spontaneo e divertito di sé giocandosela bene, con un po’ di “calata” della Tuscia al momento giusto, dando l’idea di non prendersi troppo sul serio quando tutti sanno che invece si prende moltissimo sul serio. Potremmo dire che è nato uno showman, uno che canta vestito Valentino con voce virtuosa ed elegante e un attimo dopo è Pippo Franco ai tempi del Bagaglino. Voto 10 +