La resistenza del Consiglio europeo, e in particolare della Francia, è riuscita a “disarmare” la direttiva sui rider. Dopo settimane di trattative, giovedì è stato trovato l’accordo con il Parlamento europeo sul testo proposto dalla presidenza belga e questo finisce per indebolire – non poco – il provvedimento che puntava a garantire maggiori tutele ai lavoratori su piattaforma, non solo quelli addetti alle consegne a domicilio. In pratica, con l’intesa è stato tolto l’elenco dei cinque criteri per presumere il rapporto di subordinazione e per far scattare, purché ne sussistessero almeno due, l’obbligo di assumere il lavoratore. Quell’elenco citava, per esempio, il potere – in capo all’azienda – di determinare la retribuzione o i turni di lavoro, ma nel nuovo testo è stato cancellato; ora si parla genericamente di “fatti che indicano il controllo e la direzione, secondo la legge nazionale, i contratti collettivi o la prassi in vigore negli Stati membri e tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia”.
La differenza è sostanziale. Adesso ogni Stato membro avrà una discrezionalità molto più ampia rispetto a quella che avrebbe avuto con il precedente accordo. Perché, come detto, gli indicatori non sono più espressamente dettati esplicitamente dalla direttiva, ma saranno appunto collegati alla “legge nazionale” e ai “contratti collettivi”. In pratica, non saranno più unici e tassativi a livello europeo. Ogni Paese potrà stabilire i suoi, anche meno severi, e avrà solo l’obbligo di prevedere una presunzione di subordinazione in favore dei lavoratori su piattaforma, e assicurare il diritto a farla valere in tribunale. L’unico elemento che potrà garantire un po’ di uniformità è il riferimento alle pronunce della Corte di giustizia europea.
Facciamo un passo indietro. La proposta di direttiva è stata presentata dalla Commissione europea a dicembre del 2021. Insieme con quella sul salario minimo, doveva servire anche a trasmettere l’idea di una maggiore sensibilità ai temi sociali da parte delle istituzioni europee. Infatti, questa aveva l’obiettivo di creare un sistema di protezione per i lavoratori su piattaforma, settore che secondo le stime occupa 30 milioni di persone nell’Ue. Quindi rider del food delivery ma non solo, una galassia di professioni vecchie e nuove accomunate dalla modalità di esecuzione: le piattaforme digitali. La stragrande maggioranza di questi lavoratori non ha diritti, le multinazionali proprietarie delle app considerano questi addetti come autonomi a partita iva. Quindi paghe a cottimo, niente stipendi orari, nessuno dirittio alle ferie, alla malattia, alla maternità, zero tutele in caso di ingiusto licenziamento.
Dato che in diversi Paesi, tra i quali l’Italia, si stava affermando una tendenza dei giudici a dare ragione ai rider, e considerarli dipendenti delle piattaforme, la Commissione europea ha deciso di intervenire con un provvedimento. Il testo prevedeva cinque indicatori di subordinazione: la possibilità di imporre un tetto massimo ai guadagni del lavoratore, la supervisione della prestazione anche con mezzi elettronici, la distribuzione dei compiti, la facoltà di stabilire gli orari e la limitazione alla libertà di organizzazione. Un rider, o comunque un platform worker, avrebbe dovuto dimostrarne almeno due per far scattare l’assunzione con contratto da dipendente. Il Parlamento, tra l’altro, aveva chiesto di prevedere l’onere della prova a carico dell’azienda, quindi rendendo il meccanismo ancora più favorevole ai lavoratori. Il Consiglio, invece, strizzava l’occhio alle piattaforme, chiedendo almeno tre criteri.
A dicembre 2023, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno raggiunto l’accordo che ha mantenuto il minimo dei due indicatori su cinque. Subito dopo, però, gli Stati membri lo hanno respinto perché lo hanno ritenuto troppo distante dal testo approvato in Consiglio. Quindi sono ripartiti i triloghi e la presidenza belga ha proposto un nuovo testo che superava i criteri e introduceva il riferimento alle normative nazionali e contrattuali dei singoli Paesi. Questo è stato recepito nel nuovo accordo. Il testo conferma invece le nuove norme sull’uso degli algoritmi: nessun lavoratore potrà essere licenziato o disconnesso da un sistema automatico e deve essere garantito il controllo di un essere umano sulle decisioni importanti che hanno riflessi sui lavoratori.
In Italia, finora, diversi tribunali – e anche la Cassazione – hanno stabilito che ai rider va applicata la normativa sul lavoro dipendente, perché la loro unica autonomia riguarda la possibilità di rifiutare i turni di lavoro, ma sono tenuti a eseguire la prestazione nei modi indicati dalle app e sono anche soggetti a valutazione. Si tratta però di una vittoria a metà: il Jobs Act, infatti, ha introdotto la formula delle collaborazioni etero-organizzate. Quindi ai fattorini deve essere garantita la paga oraria – quindi non la tariffa a consegna – ma non tutte le tutele del lavoro dipendente (per esempio quelle in caso di licenziamento). Un po’ meno frequenti le pronunce che hanno riconosciuto la subordinazione a tutti gli effetti.