Uno degli aspetti più significativi, e preoccupanti, della polarizzazione culturale attuale è il fenomeno del negazionismo. Il negazionista contesta i risultati scientifici e pubblicamente condivisi dalla comunità degli studiosi per sostenere una sua opinione largamente controcorrente. Sarebbe un eretico, usando un linguaggio di altri tempi. Le ragioni dei negazionisti, non essendo razionali, affondano la loro radice nelle paure e nei timori che viviamo quotidianamente e in maniera crescente. Il caso esemplare è quello del negazionismo climatico, l’idea che il riscaldamento globale sia solo il risultato di cicli climatici naturali per cui la responsabilità umana sarebbe quasi nulla.
Il negazionista è per natura un conservatore che ha paura del futuro. Lo troviamo anche in campi diversi, come quello economico. Per esempio l’Inps, per aiutare il governo sulla questione del salario minimo per legge, ha negato l’esistenza del problema dei lavoratori poveri che sarebbero appena 25.000 in Italia, contro la stima di Eurostat che li quantifica in 3 milioni. Una differenza abbastanza macroscopica. E così via. Il negazionista non vuole farsi carico del problema e preferisce evitarlo, contestando i risultati oggettivi e pubblici per ricorrere a teorie casalinghe e pseudoscientifiche condivise da circoli di adepti. Niente di nuovo naturalmente, solo che ora il negazionismo è uscito dai circoli ristretti e si va diffondendo ampiamente grazie alla rete, arrivano anche ai livelli di governo. I negazionisti al potere sono un pericolo anche per la democrazia.
Era solo questione di tempo e il negazionismo sarebbe arrivato anche in campo fiscale. È accaduto di recente e ha visto protagonisti, uno contro l’altro, ben due membri del governo di destra-destra. La palla è stata lanciata dal viceministro Leo che ha definito gli evasori fiscali come terroristi. Un’espressione dura e cruda che nemmeno i compagni di Rifondazione Comunista avrebbero usato, ma ai ministri post-fascisti questo è concesso. Questa lapidaria affermazione è stata subito contestata dal Vice Presidente del Consiglio Salvini che, non potendo negare l’evidenza, l’ha sminuita. Ecco allora che l’evasione fiscale sarebbe presente, ma in misura residuale e trascurabile.
Citando uno studio di un professore romano di Diritto tributario l’evasione fiscale in Italia non sarebbe di circa 90 miliardi, come stimato dalla relazione ministeriale annuale, ma solamente di 15. Un negazionismo perfetto e anche qui una differenza veramente notevole. Il professore di Diritto tributario e i suoi collaboratori arrivano ad una stima diversa utilizzando metodologie differenti rispetto a quelle della commissione parlamentare, esattamente come ha fatto l’Inps nel caso dei lavoratori poveri. Purtroppo per il tributarista, il Mef si è dotato di una commissione di esperti che ogni anno produce delle stime sull’evasione fiscale. Si tratta quindi di una metodologia ben consolidata nel tempo che finora nessuno aveva contestato. Anche perché la commissione che redige il corposo rapporto è composta da molti e autorevoli studiosi di varie discipline.
Comunque, per coloro che come il sottoscritto non vogliono partecipare a intricate dispute metodologiche basta un semplice dato per chiarire la situazione. Nel 2021 l’economia sommersa in Italia è stata stimata in 192 miliardi. Tenendo conto che la pressione fiscale è nel nostro Paese del 42%, si arriva subito alla cifra grezza di 80 miliardi evasi, cifra che è molto più vicina a quella ministeriale che a quella dei negazionisti tributari. Vogliamo cambiare anche le stime dell’economia sommersa? Si attendono risposte.
Non sorprende che sul carro del negazionismo fiscale sia salito per primo il responsabile economico della Lega. Stavolta non abbiamo un professore, ma un ex redattore di Mediaset, Armando Siri, che ha avuto qualche traversia con il fisco e una sfortunata esperienza di governo. Quello che ci interessa è che risulta autore di un testo sulla flat tax che potremmo derubricare, in maniera benigna, come un testo pieno di stravaganze fiscali. Nulla di dimostrato, nulla di argomentato, solamente un guazzabuglio di dati malsicuri buoni solo per le adoranti coorti leghiste, fiscalmente parlando. Quindi un testo di pura disinformazione. Ora, non bastando minare il terreno con le fake news fiscali, si tenta anche la strada della negazione ministeriale del problema.
Quanto è durato il negazionismo fiscale della coppia Siri-Salvini? Diciamo che si è esaurito nello spazio di un mattino, nel nostro caso in pochi giorni perché subito sbugiardato dai fatti. L’altro giorno il direttore dell’Agenzia delle Entrate ci ha fornito i dati annuali del recupero dell’evasione fiscale. Nel 2023 grazie all’attività dei suoi uffici sono stati recuperati 25 miliardi, che non avrebbero dovuto esistere secondo i complottisti fiscali Siri-Salvini, eppure sono stati incassati. Una buona notizia dunque che dà ragione e lustro al ministro anti-evasione, ma finora solo a parole però, Leo? Non proprio. Ben cinque miliardi, il surplus di quest’anno, sono da qualificare come entrate da condoni. Non sono un fiscalista ma possiamo quantificare il guadagno da evasore pentito attorno al 50%, per cui Meloni ha regalato un bel malloppo ai cosiddetti terroristi fiscali. Condoni fiscali da una parte, e negazionismo dall’altra, la lotta all’evasione nell’epoca della destra-destra è il solito flaccido lassismo di marca berlusconiana. Solo che ora la montagna del debito pubblico sta raggiungendo quota 3.000 miliardi e questo spiega, forse, le intemperanze verbali del vice-ministro.
Attendiamo però i fatti più che i condoni che, come è noto, non riducono l’evasione fiscale ma la rendono una piaga cronica perché conviene sempre pagare molto dopo e a sconto, anche con il fisco.