Il gregge di Davide Grittani, romanzo appena uscito per Alter Ego edizioni, è uno di quei casi (una vera epifania) in cui la superba riuscita dell’atto in prosa non sacrifica la trama.

Davide Grittani – scrittore pugliese, intellettuale appassionato, in una militanza che persegue l’autenticità, il valore letterario – lo vediamo spesso impegnato in contesti per cui riesce a battersi per qualcosa, spesso che non lo riguarda nemmeno. Autenticità e valore, generosità e severità insieme, questo è Grittani, che tanto per dire ha collaborato con gli istituti italiani di cultura nel mondo, per anni, curando inoltre una interessantissima mostra della letteratura italiana, tradotta all’estero, “Written in Italy”, esportandola in parecchi paesi. Nel senso, scrittore che si spende per l’altro, rarità, appunto.

Nel romanzo appena uscito dimostra una abilità lucida, spietata, nel riferire il grande dramma del tempo che viviamo, “l’ultranulla” della contemporaneità, l’ideologia politica che diventa volgarità civile raffinata nel millantato credito, nell’ignoranza, al più nel ricatto sociale.

L’ambientazione è una grande città, dalle case di ringhiera e dai diatonici grattacieli incavati da algidi ledwall, farebbe pensare a Milano. Al centro della trama, una campagna elettorale, la voce narrante ne è coinvolta, il candidato sindaco è un compagno di liceo. Si snoda così, capitolo dopo capitolo, il resoconto infernale quanto basta per restituire il nostro tempo, non occorre a Grittani finanche lo strumento della distopia per documentare con fedeltà acre l’esanime ipocrisia che lo investe, un tale tempo privo di corpus, con factotum svuotati di pulsioni, di ostinazioni accerite e salutari.

Personaggi che Grittani inserisce, funzionali alla questione, confermano il vuoto e l’allucinazione in cui si perdono concetti variabili e non più monoliti, come una volta potevano essere il senso di coscienza comune, una qualche forma di etica che non sia la conformità imbolsita, o vile. Soprattutto vile. E pare inforcare questa strada, Grittani, questa denuncia, non troppo sotterranea, al modo pusillanime di arrangiarsi nell’uomo moderno. L’uomo moderno di cui lo scrittore pugliese non riconosce i connotati morali.

Grittani punta il dito in direzione dell’umano barattabile, l’uomo moderno privo di connotati morali è incline alla superbia, non è sufficiente a sé stesso, tantomeno a raggiungere la soglia minima per cui un uomo possa ancora guardarsi allo specchio senza provare un certo adeguato disgusto.

A pagina 130, sussiste proprio la domanda definitiva: “E voi, riuscite a guardarvi allo specchio?”.

Il romanzo procede con una prosa mirabilissima, Grittani utilizza snodi e intrecci con naturalezza, tutto è molto credibile, nello stile altrettanto autorevole. Il punto è, lo scrive Grittani: “Io non c’ero”. E aggiunge: “La mia colpa, non il mio alibi”. La latitanza sotto accusa investe ognuno di noi, quanta partecipazione nella sorte del confinante impieghiamo? Disciplina che ripara nella morale. Tempio sconosciuto: la moralità in grado di forgiare un pensiero, prima che una razza di umani.

Un romanzo, Il gregge, che val la pena di leggere, simile a una lente di ingrandimento che deforma veritiera ogni virtù, pochissime presenti all’appello. Quasi nessuna. Una bella prova di prosa, un affondo critico e letterario, che credo, cari lettori, non vi deluderà.

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