La Procura della Repubblica di Belluno ha acceso un faro sullo smantellamento della pista da bob “Eugenio Monti” di Cortina, dopo aver ricevuto un esposto della sezione locale di Italia Nostra. L’ipotesi è che possano essere stati distrutti beni storici protetti, in difformità rispetto alle autorizzazioni della Soprintendenza. Ad occuparsi del fascicolo (per il momento contro ignoti) è il procuratore Paolo Luca che ha delegato alcuni accertamenti al Nucleo Tutela dei beni culturali dei carabinieri.

La segnalazione dell’associazione punta il dito contro l’esecuzione dell’appalto preliminare alla costruzione della nuova pista che tante polemiche sta suscitando, in previsione del 19 febbraio, quando l’impresa Pizzarotti prenderà possesso dell’area di Ronco per aprire i cantieri. Nell’estate 2022 ci fu un braccio di ferro tra la Sovrintendenza ai beni storici e ambientali di Padova, competente sulla provincia di Belluno, e Infrastrutture Milano Cortina 2026 (Simico), la società governativa che deve realizzare le opere olimpiche e ha come commissario straordinario l’ingegnere Luigivalerio Sant’Andrea. La Sovrintendenza appose un vincolo storico e monumentale sulla pista, che nel 1956 aveva ospitato le gare di bob dei Giochi, poi rimaneggiata nel tempo, fino ad essere dismessa una decina di anni fa perché troppo costosa e troppo poco utilizzata.

Per superare il temporaneo divieto di smantellare l’impianto, Simico si impegnò nel varare il progetto di un memorial che consentisse di salvaguardare alcune parti della vecchia pista, integrandole in un percorso museale. È così che era stata salvata, ad esempio, la curva del Bandion, con alcune suggestive casette in legno utilizzate 70 anni fa dai cronometristi. Italia Nostra, comparando le planimetrie degli interventi che avevano avuto l’ok della Soprintendenza, ha scoperto alcune difformità. Ed è su questo che la Procura ha deciso di indagare. Sotto osservazione finisce però anche l’iter autorizzativo, per verificarne sia la coerenza formale (conformità degli atti), che sostanziale (parti di pista eliminate).

Lo strip out è stato eseguito dalla ditta Unica (ex Noldem) di Torino, per un importo di 3 milioni e 812mila euro (di cui 423mila per Iva), finanziati dalla Stato, ad eccezione di 15mila euro versati ciascuno dal Comune di Cortina e dalla Provincia di Belluno. L’appalto per il recupero degli edifici e dei manufatti storici, con il museoMonti”, avrà invece un valore di 2 milioni e 533mila euro ed è il passaggio essenziale che ha consentito di sbloccare il contenzioso tar Simico e la Sovrintendenza.

Sull’avvio dei lavori il clima a Cortina si sta facendo incandescente. Da un punto di vista amministrativo è stato sollevato anche il problema della bonifica da ordigni bellici dell’area interessata prima allo strip out ed ora all’avvio dei lavori, che non dovrebbero essere coincidenti per estensione. Le normative sono ferree, anche perché sono a tutela della sicurezza dei lavoratori. Il primo appalto doveva verificare che non siano sepolti ordigni nel bosco di Ronco, oggetto di bombardamenti durante la Prima Guerra Mondiale. Alcune carte storiche lo dimostrerebbero, ma nell’iter di approvazione del progetto per la pista Simico ha indicato che il rischio di trovare ordigni inesplosi è “modesto accettabile”. In ogni caso, Italia Nostra ha inviato un esposto al prefetto di Belluno, Mariano Savastano, chiedendo un incontro per chiarire questi aspetti.

La consigliera di minoranza del Comune di Cortina, Roberta De Zanna, ha inviato una lettera all’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Treviso, allo Spisal della Ulss Veneto 1, al commissario Sant’Andrea e alle due imprese, Unica e Pizzarotti. Chiede di verificare che esista la dichiarazione di avvenuta bonifica bellica sia per il lotto 1 (strip out) che per il lotto 2 (costruzione della nuova pista). Allega progetti e mappe, in attesa di sapere se Unica ha coperto tutta l’area o solo quella della vecchia pista e se esista una analoga dichiarazione per il lotto 2.

L’argomento della sicurezza dei lavoratori è stato affrontato anche dalla segretaria delle Cgil, Denise Canova, e da Ilaria Sperandio della Fillea, il sindacato dei lavoratori delle costruzioni. “Il cantiere sorgerà in zona limitrofa a località Cadin, incendiata dalle granate austroungariche il 21 febbraio 1916, come dichiara lo stesso piano della sicurezza. Come può un rischio bellico essere considerato modesto e accettabile, senza un’indagine sulla presenza di ordigni?”.

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