L’attacco di Hamas del 7 ottobre non dà a Israele “la licenza per disumanizzare gli altri“. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, lancia l’ennesimo avvertimento a Tel Aviv, a quattro mesi dall’inizio della guerra a Gaza, ma le azioni concrete per manifestare il proprio cambio di postura non si vedono ancora. Il Senato, in queste ore, ha bocciato l’erogazione di nuovi fondi all’Ucraina e allo ‘Stato ebraico‘, ma il motivo non è legato a una scelta dell’amministrazione democratica, bensì all’ostruzionismo dei Repubblicani pro-Trump. Così, il capo della diplomazia americana continua l’equilibrismo che ha caratterizzato l’approccio della Casa Bianca al conflitto nella Striscia: appoggio a Israele non in discussione, ma critiche ormai pubbliche, nella speranza che l’esecutivo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu si convinca ad accettare un cessate il fuoco duraturo il prima possibile e ad avviare delle trattative con Hamas.
Obiettivo, quest’ultimo, al quale si sta lavorando al Cairo, dove è arrivata anche una delegazione del partito armato palestinese guidata da Halil al-Khaya, vicecapo del movimento a Gaza e capo dell’Ufficio per le relazioni arabe e islamiche, per “completare i colloqui relativi al cessate il fuoco”. La strada, stando però alle dichiarazioni di esponenti del governo israeliano, compreso Netanyahu, sembra ancora lunga e tortuosa. E mentre da Hamas denunciano il “doppio standard” americano su Gaza, all’interno del mondo Dem iniziano a emergere le prima crepe. Ad aprirle è stata l’ex candidata alla Presidenza Usa, Hillary Clinton, che oggi dichiara: “Netanyahu dovrebbe andarsene, non è un leader affidabile. È stato sotto il suo controllo che è avvenuta l’aggressione. E se è un ostacolo a un cessate il fuoco deve assolutamente andarsene”. Anche se non attacca direttamente Biden, lascia intendere che, adesso, anche la linea americana dovrebbe cambiare: “Penso che Biden abbia fatto tutto ciò che poteva, rispondere alle legittime preoccupazioni del popolo israeliano dopo il 7 ottobre, allearsi con Israele di fronte a un attacco terroristico da parte di un’organizzazione terroristica. Ma penso che sia anche chiaro che Biden sta facendo tutto il possibile per influenzare Netanyahu”.
Secondo diverse fonti sentite da Nbc, un punto d’incontro tra Israele e Hamas sul futuro del leader islamista di Gaza, Yahya Sinwar, potrebbe essere raggiunto. Per l’inafferrabile ideatore del piano che ha portato all’attacco del 7 ottobre potrebbe essere pensata una soluzione “in stile Aarafat” che ne preveda l’esilio all’estero: “Non ci dispiace se se ne andrà come Arafat ha lasciato il Libano. Permetteremo che ciò avvenga a patto che tutti gli ostaggi vengano rilasciati”, ha però aggiunto.
Il nodo centrale rimane la fine delle ostilità a Gaza e la creazione di un tavolo di lavoro che punti alla nascita di uno Stato palestinese. Blinken lo ha ribadito anche nel corso del suo incontro con il presidente palestinese Abu Mazen, durante il suo quinto viaggio in Medio Oriente dallo scoppio delle ostilità. In un post sul suo account X ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti alla “riforma” dell’Anp e alla “creazione di uno Stato palestinese indipendente”. Un punto imprescindibile anche per l’Arabia Saudita che, attraverso il suo Ministero degli Esteri, fa sapere che non avrà relazioni diplomatiche con Israele, vicine a un rilancio nei mesi precedenti all’operazione militare, finché non terminerà “l’aggressione” nella Striscia di Gaza e venga riconosciuto uno Stato palestinese indipendente con i confini del 1967 e Gerusalemme Est come capitale.