“Nella maggior parte di ulivi campionati dalla Regione Puglia e che hanno mostrato sintomi di disseccamento, il batterio Xylella fastidiosa (sottospecie pauca) non è stato rilevato”: lo dice ora una ricerca scientifica pubblicata a firma di Margherita Ciervo (geografa dell’Università di Foggia) e Marco Scortichini (batteriologo dell’Istituto Crea di Roma) e che riporta tutti i dati disponibili del monitoraggio della Regione Puglia eseguiti sugli ulivi colpiti dal disseccamento, la malattia CoDiRO, dal 2013 al 2023. Nelle centinaia di migliaia di piante campionate negli anni, per la maggior parte nelle zone di contenimento e cuscinetto a nord della zona dichiarata infetta (il Salento), di Xylella ce n’è veramente poca. Soprattutto durante le ultime tre campagne — dal 2020-2021 al 2022-2023 — il batterio è stato rilevato in un intervallo, rispettivamente, tra lo 0,06% e lo 0,70% del totale delle piante campionate, sane e con disseccamento. Cioè pochissimo. Nel 2021-2022, su 4470 ulivi trovati con sintomi di disseccamento nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, solo 146 sono risultati positivi a Xylella, cioè il 3,21%.

L’altro studio importante richiamato nella stessa pubblicazione, ma uscito già nel 2020, riguarda il fatto che si è capito che le piante sane ai margini delle zone infette sostanzialmente non diffondono Xylella, se non in modo trascurabile. L’Europa ci impone di tagliare tutto ciò che si trova nel raggio di 50 metri da una pianta trovata positiva a Xylella nella zona cuscinetto, cioè a nord del Salento fino quasi a Bari. Su questa base migliaia di ulivi sani, secolari, sono stati finora abbattuti. Un patrimonio insostituibile come il Colosseo che però bisognava sacrificare per evitare che Xylella si potesse diffondere ad altre zone a nord della zona infetta. Lo prevede il regolamento europeo per i patogeni da quarantena. Ma se la scienza dice che le piante sane ai margini della zona infetta diffondono il batterio in maniera trascurabile, perché continuare ad abbattere?

“Sulla base di questi dati e di modelli epidemiologici che hanno verificato il ruolo trascurabile degli olivi asintomatici nella diffusione del CoDiRO”, scrivono Ciervo e Scortichini, “proponiamo di eliminare la norma che impone l’estirpazione di tutte le piante ospiti che circondano un albero positivo a Xylella in un raggio di 50 metri”, sostengono. “Tale attuazione potrebbe salvare molti ulivi centenari e monumentali sani e il notevole paesaggio che essi contribuiscono a creare”.

Nel 2020, tra i co-autori dello studio che mostra come sia trascurabile anche il ruolo delle piante sane nella diffusione di Xylella ad altre zone, c’è anche Donato Boscia, dirigente di Ricerca Responsabile della sede di Bari dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Cnr e accademico dell’Accademia dei Georgofili. Boscia è tra i principali ricercatori che si è occupato di Xylella fastidiosa e della malattia CoDiRO dell’olivo in Puglia dall’inizio, a partire cioè dal 2013. “Prendo atto che per qualche ragione c’è chi ha tuttora difficoltà a fare una lettura corretta dei risultati del monitoraggio”, dice Boscia al Fatto. “L’obiettivo del monitoraggio non è quello di inventariare le piante infette, ma di precedere il batterio e identificare sul nascere nuovi focolai per cercare di contenerne il più possibile la loro diffusione.” Per questo, spiega, il grosso dei campionamenti sono stati fatti nelle zone cuscinetto e di contenimento, ossia nei 5 km terminali della zona infetta, dove ci sono solo sparuti avamposti del batterio e pochissime piante infette sparse”. Aggiunge che il monitoraggio non si fa nella zona infetta, “dove tutte le piante, o quasi, sono positive a Xylella, come ben sanno tutti i ricercatori,” dice “che in quelle aree fanno analisi per motivi sperimentali.” Boscia aggiunge che se invece si monitorassero le piante nella zona infetta, e in particolare le varietà suscettibili a Xylella, “la percentuale dei positivi supererebbe abbondantemente il 90%”. Cioè si mostrerebbe che Xylella è l’unica, o almeno largamente la principale, causa della malattia dell’olivo. Ma altri dati oltre a quelli della Regione Puglia non sono mai stati pubblicati da 10 anni a questa parte. In assenza di dati, non si può concludere che Xylella sia la causa della malattia.

I risultati dei campionamenti della Regione indicano che c’è qualche altro fattore che uccide gli ulivi della Puglia. Forse tanti fattori, magari con effetti sistemici, dicono altri ricercatori al Fatto. Tuttavia, dal primo giorno in cui è stato scoperto il batterio Xylella nel 2013, si è fatto a gara per dire che solo ed esclusivamente Xylella fosse la causa della malattia, escludendo studi su altri potenziali cause. Lo dicevano i ricercatori di Bari, i giornaloni, e nel giugno 2016, lo diceva un rapporto della prestigiosa Accademia dei Lincei (Rapporto xylella 20160622): “L’agente causale della malattia è Xylella fastidiosa, una conclusione che abbiamo accettato come non più discutibile”. Attraverso la sua Commissione Ricerca linea guidata dall’attuale Presidente, prof. Giorgio Parisi (premio Nobel per la fisica nel 2021) — si legge in una nota dei Lincei del 2018 a ulteriore commento di quel rapporto — si occupò di analizzare i dati epidemiologici con l’aiuto di esperti ad hoc, dimostrando l’esistenza di una correlazione tra presenza d’infezioni e sintomi di disseccamento dell’olivo. A sostegno della dimostrazione del nesso causale tra Xylella e la malattia CoDiRO degli ulivi, la nota dei Lincei cita due articoli divulgativi, cioè non studi scientifici, e un link a una nota del 2017 che però porta a una pagina non trovata.

Sentito dal Fatto per un commento sui dati appena pubblicati sul monitoraggio pugliese, il prof. Parisi ha detto: “Per commentare dovrei leggermi la letteratura recente. Un articolo non fa primavera”. In genere nella scienza è così, non basta uno studio, o un solo esperimento, a decretare un fatto. Ma nel caso della Xylella è diverso. I dati disponibili sono solo ed esclusivamente quelli della Regione, e su centinaia di migliaia di piante, una porzione anche nella zona infetta. Con una distinzione: i dati fino al 2016, su cui ha lavorato la commissione lincea, sono un sottoinsieme dei dati ufficiali ora disponibili e furono contestati dall’Europa perché i campionamenti, fino al 2015, non erano stati condotti con sistematicità e non a sufficienza. Tanto che l’Europa avviò una procedura di infrazione, archiviata solo nel 2023. Ma anche considerando quel campione, la percentuale degli ulivi positivi a Xylella rispetto a quelli malati non supera il 20%. E il restante 80%, perché si è disseccato?

Resta la domanda a cui per anni anche il Fatto ha cercato, invano, di trovare risposta chiedendo a chi se ne è occupato su campo: cosa uccide gli ulivi della Puglia? “Dai dati ufficiali si evince che vanno approfonditi gli studi epidemiologici sulle cause del disseccamento e che si prendano in considerazione anche altri microorganismi,” dice Scortichini al Fatto. In realtà alcuni ricercatori del gruppo di Bari, come Franco Nigro, patologo delle piante all’Università di Bari, avevano iniziato da subito a controllare se alcuni tipi di funghi potessero essere coinvolti nel disseccamento dell’olivo. La pubblicazione che ne derivò, nel 2013, appena all’inizio della vicenda, concludeva già che i funghi erano sì presenti sugli ulivi malati di CoDiRO, ma non ne erano la causa. Da lì, nessuno si è più azzardato a studiare altre possibili patogeni alla radice della malattia, a parte Xylella. Bisognerà aspettare 9 anni, cioè il 2022, per avere nuove ricerche sul ruolo di altre potenziali cause. Nel 2022, ricercatori del Crea di Roma, evidenziano un ruolo fondamentale del Neofusicoccum, un fungo del legno. “La presenza di questo ulteriore agente patogeno, il Neofusicoccum, allarga le prospettiva rispetto al ruolo di più agenti patogeni sul deperimento dell’olivo in Puglia”, aggiunge Scortichini.

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