Il cantante replica all'appello di Ignazio La Russa, che aveva lanciato un appello affinché Smaila, figlio di esuli fiumani, venisse invitato nella serata finale del Festival che coincide con la Giornata del ricordo
Umberto Smaila risponde all’appello di Ignazio La Russa che auspicava una sua ospitata a Sanremo il 10 febbraio per parlare delle foibe nella Giornata del ricordo. “Credo fosse più una provocazione, un messaggio al Paese, piuttosto che un’ipotesi reale” spiega Smaila, figlio di esuli fiumani, all’Adnkronos. “Il sottinteso era ‘tanto non ti chiameranno mai’, quindi sono andato a letto tranquillo, conoscendo bene i tempi di Sanremo e la scaletta rigida che non ammette grandi novità. E poi comunque, in coda, ci sono i trattori prima di me“.
“Vorrei fare un appello – aveva detto La Russa – in questi giorni c’è Sanremo, un appuntamento nazional-popolare. Giustamente negli anni, e anche quest’anno, si parla di tanti eventi. Però l’ultima serata coincide con il 10 febbraio, Giornata del ricordo. Io credo che abbiamo visto invitare tanti bravissimi cantanti, anche non proprio giovanissimi, e credo che invitare il 10 Umberto Smaila a parlare qualche minuto delle foibe sarebbe uno schiaffo a qualche angolo di negazionismo che ancora resiste”.
Ieri Umberto Smaila era a Montecitorio, “per la proiezione dello speciale di Rai Cultura ‘L’odissea giuliano-dalmata: dalle foibe all’esodo’, in qualità di figlio di esuli, precisamente fiumani. I miei genitori infatti hanno vissuto in campo profughi per poi ‘trapiantarsi’ a Verona dove sono nato io. Ma ogni anno, da bambino tornavo a Fiume dove avevo lasciato dei parenti e tornavo a rivedere la mia terra d’origine”.