di Leonardo Botta
Da anni (almeno una ventina, forse dalla conduzione di Fazio) non guardo più il Festival di Sanremo in diretta: troppo lunghe le serate di questa kermesse musicale per un ‘zapp(ing)atore’ incallito come me. Però, soprattutto nell’era social e complice l’insonnia che mi attanaglia, nottetempo vado sul web a cercare canzoni o frammenti della manifestazione sicuramente più seguita e commentata dagli italiani.
Del Festival mi vengono in mente le emozioni di “Signor Tenente” di un genio eclettico e troppo poco compianto come Giorgio Faletti, “Quello che le donne non dicono” della Mannoia, i brani di Mia Martini e “La fotografia” di Enzo Jannacci. Ricordo con piacere anche la meravigliosamente dissacrante “Terra dei cachi” di Elio e le storie tese, il ritmo travolgente di Gabbani (“Occidentali’s karma”) e Zucchero (“Spirito nel buio”), rispettivamente secondi classificati, vincitore e super-ospite di edizioni di qualche anno fa.
A proposito, non capirò mai come sia stato possibile che uno dei più bei pezzi mai prodotti, “Donne”, cantato da un giovanissimo Zucchero Fornaciari, sia finito penultima in classifica; del resto penultimo si piazzò anche un certo Vasco Rossi con “Vita Spericolata”: bah, questi sono misteri degni del terzo segreto di Fatima. I “valletti” che ho apprezzato di più? Senza dubbio Virginia Raffaele e Pierfrancesco Favino, due professionisti davvero con i fiocchi. E che dire delle canzoni a mio avviso più loffie: menzione speciale per quelle, vincitrici, interpretate dai Pooh, Cocciante e Il Volo.
Di quest’anno, infine, conserverò certamente a imperitura memoria la toccante esibizione di Stefano Massini e Paolo (buon sangue non mente!) Jannacci con “L’uomo nel lampo”, uno struggente brano omaggio alle tante, troppe vittime sul lavoro.
Vabbè, ho divagato abbastanza. In realtà vorrei parlarvi dell’attuale conduttore e direttore artistico, Amedeo Umberto Rita Sebastiani, in arte Amadeus e per gli amici Ama che, con l’inseparabile spalla di lusso Fiorello, ha già vinto per la quinta volta di fila la sua scommessa. Innanzitutto per gli ascolti stratosferici (65% di share nella prima serata, meco*oni!) e anche per l’enorme risonanza mediatica che è riuscito a dare a molti momenti del festival, dalla commovente ospitata di Giovanni Allegri fino alle scarpe griffate e il ballo del qua qua (una imbarazzante ‘grezzata’? chissenefrega!) di John Travolta.
Se avessi Amadeus di fronte gli chiederei sommessamente scusa: ho sempre pensato che fosse uno tra i meno dotati ‘cavalli’ della scuderia di Cecchetto. In effetti mi hanno sempre un po’ annoiato i suoi modi compassati e un po’ banali mostrati alla conduzione di programmi come L’eredità (nella quale l’unica botta di vita era il momento della “scossa” con la sensuale ballerina Giovanna, sua futura moglie – esilarante la parodia che ne propose Max Tortora), Reazione a catena e I soliti ignoti. Però, porca miseria, il garbo e l’umiltà ogni tanto premiano: sono contento che, dopo una vita da mediano, il buon Ama sia diventato incontestabilmente un fuoriclasse del piccolo schermo.
Proprio per questo, se ne avessi (e non ce l’ho) la facoltà, gli suggerirei di staccare la spina ora che la parabola è ancora in fase ascendente, e avanti un altro per la prossima guida del festival dei fiori, quello che “sono solo canzonette” ma, a pensarci bene, senza canzonette che vita di mer*a sarebbe la nostra.
Del resto, anche di un mostro sacro come Pippo Baudo, dopo la decima conduzione di Sanremo, qualcuno avrà detto: “Uahh, questo ha proprio rotto i co**ioni!”.