La terza serata si apre con Amadeus che in preda ad un insensato cinismo, unito ad un rodimento epocale, decide che la mossa più intelligente da fare, sia usare la struggente storia di Allevi per distrarre dall’affaire John Travolta. Un genio della comunicazione. Lo avevo già detto e lo ripeto: Giovanni Allevi è stato troppo per questo show televisivo. E le parole di Amadeus, così piene di banale risentimento, lo hanno pienamente dimostrato. Così inopportune, stridono come il gesso sulla lavagna al pensiero della purezza e della delicatezza con cui il Maestro ha voluto raccontarsi, con cui ha generosamente regalato a questo insipido Festival un attimo di poesia rara. “Si è parlato troppo di John Travolta, parliamo di Allevi che è più importante”. Una cosa tipo “E allora Bibbiano?”.

Sarebbe il caso di dire “Sipario!” e stendere un pesante drappo pietoso su questo Festival. Ma come si dice, show must go on e quindi, si riparte con la tarantella delle goffe presentazioni fatte dai cantanti, che presentano i cantanti. Se tutto va bene, con stasera abbiamo chiuso, a meno che Amadeus non abbia in serbo per noi qualche altro lampo di genio. Nel frattempo, ci pensa Teresa Mannino a spazzare via un po’ di noia, irrompendo come un uragano sul palco. Amadeus si finge confuso, come da copione, ma questa irruenza forse un po’ più intensa del previsto, sembra fargli dimenticare che è incazzato con chiunque gli nomini John Travolta.

Sarà per questo, che ride di gusto e abbozza quando pure Eros Ramazzotti, ospite della serata, tira fuori la storia del Ballo del qua qua. Tra una battuta sui soldi presi da Travolta e una sulle scarpe che indossava, Eros racconta di quando era un ragazzo nato ai bordi di periferia a Roma e confessa che una delle cose più belle che gli sono accadute a inizio carriera, è stata quella di arrivare a Milano, con la nebbia. E lì me lo immagino, come Totò e Peppino, sperduto a Piazza Duomo “Noio, volevan savuar…”. Intanto, grazie Eros, per aver ricordato che milioni di bambini non vedranno mai una Terra Promessa.

Visto che ci siamo, lo vogliamo dire o no che questi siparietti con gli artigiani della qualità hanno abbondantemente sfracassato le balle? Eh su, dai!

Era super atteso e si temeva l’ennesima figuraccia davanti al popolo italiano riunito e invece, Russel Crowe stupisce tutti. Si presenta (a spese sue!) con la sua band e canta un pezzo blues, usando Sanremo come palco per promuovere il suo tour italiano. Sereno e pacioso come lo zio simpatico venuto dall’Australia, incredibilmente distante da quel Massimo Decimo Meridio che ne ha fatto una star mondiale e decisamente più vicino al pizzicagnolo sotto casa. Ride di gusto e abbraccia tutti, manco fosse la Vigilia di Natale a casa dei nonni.

Non solo nomina l’illustre collega Travolta, ma lo percula imitando il gesto del qua qua e sibilando un bel “What the fuck?!”. A proposito, ma non si doveva parlare di altro? Ah no, aspetta. Se se ne parla male, va tutto bene e Ama è sereno.

E comunque Sanremo lo vince Gianni Morandi, che riesce a svegliare il pubblico di Sanremo, all’una di notte.

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