La Storia dei Tenores di Bitti - 3/3
Preservare l’eredità dei propri antenati, tenerla viva e perpetrarla nel tempo. Le premesse con cui, a metà degli anni ’70, nacquero i Tenores si scontravano con le intenzioni di chi, invece, cercava di cancellare il folklore e una musica considerata vecchia. “Per tre anni a Bitti abolirono i canti e i balli tradizionali durante il veglione di carnevale per fare posto al liscio che era considerato un ballo civile – ha spiegato il fondatore del gruppo, Daniele Cossellu, in un’intervista ad Avvenire nel 2018 –. Così con i miei amici, che erano una quarantina, organizzavamo le nostre feste alternative nei garage”. Nessuna lezione, però. I ragazzi di Bitti, al tempo, avevano imparato a cantare a orecchio. E lo facevano sotto i balconi delle ragazze, la domenica e le sere d’estate dopo aver lavorato tutto il giorno (si terminava la scuola alle elementari), spesso sorpresi e multati dai carabinieri per disturbo della quiete pubblica. Poi, negli anni ’60 e ’70, la svolta: “Cominciammo a cantare alle grandi feste, quella del Redentore a Nuoro, la Cavalcata di Sassari e la festa di sant’Efisio a Cagliari. Ci fu una forte emigrazione dalla Sardegna verso le miniere di Francia, Olanda, Belgio, Germania. Moltissimi miei amici andarono via, e le tradizioni sarde cominciarono ad andare in crisi. Negli anni ‘70 arrivò la modernità coi suoi pro e i suoi contro. Fu allora che fondai l’attuale formazione perché non si perdesse il timbro particolare di Bitti”, la testimonianza di Cossellu. La vera rampa di lancio nella carriera dei Tenores (inizialmente formati da Piero Sanna, Salvatore Bandinu, Tancredi Tucconi e lo stesso Cossellu), però, fu l’incontro con Peter Gabriel che, dopo averli notati, nel 1996 produsse e distribuì con la sua etichetta, Real World Records, il loro disco S’Amore ’E Mama. Da lì, il via a una storia nuova, con esibizioni e concerti in giro per il mondo. Ma ogni realtà deve far fronte ad alcune difficoltà. E quella creata da Cossellu non fece eccezione. “Nel ’96 ero preoccupato perché nessuno a Bitti cantava più, e proposi di creare una scuola per i giovani che erano molto interessati – ha raccontato –. Così in tre anni formai una nuova generazione che ora ha dato vita a diversi gruppi di Tenores di Bitti. Dopo il riconoscimento Unesco nel 2009 venne creata una associazione di tutti i Tenores della Sardegna”. Il canto a tenore, dunque, è una tradizione che non morirà. E che porterà un pezzo di Sardegna al 74esimo Festival della Canzone Italiana.