Per tanti lavoratori sembra un ritorno al passato, un incubo mai chiuso. Un centinaio di lavoratori degli stabilimenti di Bologna e Flumeri (Avellino) di Industria Italiana Autobus sono tornati a manifestare sotto al Ministero delle imprese e del Made in Italy a Roma chiedendo garanzie sul futuro dei propri posti di lavoro: “Dopo tredici anni e nove governi siamo tornati a scioperare perché siamo di nuovo sul punto del fallimento”, ha sottolineato Silvia Curcio, lavoratrice e Rsu nello stabilimento irpino.
Questo perché, spiegano lavoratori e rappresentanze sindacali, la vertenza di fatto non si è mai chiusa e il rilancio dell’azienda (fondata nel 2015, dopo la dismissione di Irisbus, controllata da CNH Industrial, e di BredaMenarinibus, controllata da Finmeccanica) non è mai davvero partito.
“Industria italiana Autobus è un’impresa in mano pubblica, date le partecipazioni azionarie di Invitalia e Leonardo”, hanno ricordato i sindacati, precisando come vengano prodotti “beni per la collettività, operando nel settore del trasporto pubblico”, in un settore in forte allargamento, a fronte della transizione energetica e ambientale. “Abbiamo prodotto autobus ecosostenibili, elettrici, siamo attivi nella progettazione di quelli a idrogeno”. Eppure, il rischio ormai concreto di un disimpegno di Leonardo, con la vendita delle quote a un soggetto privato considerato “non in grado di garantire un futuro”, allarma i sindacati.
Nel corso di un vertice con i sindacati, dal ministero non sono arrivate conferme definitive rispetto all’ipotesi evocata sui media di un coinvolgimento di Seri Group, attivo nel mercato della produzione di batterie. L’ipotesi viene però già bocciata dai lavoratori: “Non ha le competenze necessarie. E nel nostro territorio si è dimostrato già poco affidabile, tra lavoratori lasciati a casa e tfr mai pagati per anni”, denunciano. Da tempo l’impressione è intanto quella della dismissione all’interno degli stabilimenti: “C’è stato negli anni un forte problema di liquidità, i fornitori non pagati non consegnano. Quindi mancano i pezzi per poter portare a termine il lavoro quotidiano”. E ancora: “Stiamo sempre con la spada di Damocle sul collo. Ma noi abbiamo le competenze per produrre autobus di eccellenza. L’Italia non può farsi scippare anche questo”, rivendicano i lavoratori.
La richiesta rivolta all’esecutivo è quella di avere garanzie sul percorso: “Se l’assetto societario deve modificarsi prevedendo l’ingresso di nuovi investitori, le condizioni da preservare sono due: lo Stato deve rimanere dentro la compagine societaria come elemento di garanzia e responsabilità; il nuovo o i nuovi investitori privati devono dimostrare solidità patrimoniale e definire un piano industriale serio, concreto, solido e realistico”. Per ora le certezze restano poche, dato che il vertice al ministero si è rivelato a dir poco interlocutorio: “È andato male, saremo riconvocati a marzo, la mobilitazione non si deve fermare“, è l’appello rivolto dai sindacati ai lavoratori, che chiedono garanzie sui propri posti di lavoro. “Noi non vogliamo assistenzialismo, vogliamo continuare a lavorare e produrre autobus. Perché il lavoro è dignità“.