Serata di cover e duetti per questa quarta tappa del Festival di Sanremo, ennesima lunga notte ma decisamente più gradevole e divertente delle precedenti. Quasi tutti i duetti, infatti, sono estremamente interessanti e per stasera siamo sicuri che nessuno vedrà lui che presenta lei, che presenta loro, che presentano mia zia.

Annalisa e La Rappresentante di Lista che cantano Sweet Dreams come due valchirie e già la serata mi si prospetta bene. Voci potenti e ben combinate tra loro, per un brano fenomenale.

Rose Villain porta sul palco dell’Ariston Gianna Nannini e insieme infiammano il teatro con un medley di successi della cantante senese. Tutto molto bello, peccato che la Nannini lasci il palco proprio quando Rose Villain racconta al pubblico quanto sia bello vedere le donne così unite. Forse era il caso di accordarsi meglio prima. Ma a Gianna si perdona pure questo.

Arriva Lorella Cuccarini ed è subito Fantastico 6. Balla come se avesse sempre vent’anni, per di più su un tacco 12 e io non posso non pensare all’ultima lastra lombo-sacrale e alle protrusioni in L5-S1. Fasciata in un bellissimo abito vintage Dolce&Gabbana, per lei il tempo sembra essersi fermato. Dietro di lei, un corpo di ballo strepitoso dal quale sbuca Fiorello, imparruccato e truccato che, nonostante il momento celebrativo della Cuccarini, non resiste alla tentazione di prendersi tutta la scena. Prevedibile, direi.

Santi Francesi e Skin, ipnotici. Il pezzo è uno dei più belli della storia della musica, Halleluja di Leonard Cohen e mentre Francese suona il piano, De Santis canta in modo impeccabile insieme ad una delle voci più incredibili di sempre, quella di Skin. Il risultato è un capolavoro. Torna un po’ alla mente il duetto Maneskin/Manuel Agnelli, dopo il quale è iniziata l’inarrestabile ascesa del gruppo romano. Chissà, che non possa accadere lo stesso a questo giovane duo.

Ghali insieme al produttore musicale tunisino Ratchopper, confeziona un medley accurato (“Bayna”, brano contenuto nel suo album “Sensazione Ultra” e che ha dato il nome alla rescue boat che il cantante ha donato alla Mare Jonio, “Cara Italia” un brano simbolo di integrazione e “Italiano Vero”, un tributo a Toto Cutugno) dal messaggio forte e necessario: si può essere un italiano vero, indipendentemente dal colore della pelle o dalla religione. Un messaggio che Ghali porta avanti da sempre, attraverso la sua musica e attraverso il suo impegno silenzioso nel sociale. Chapeau.

Angelina Mango canta (molto bene) Mango, accompagnata da un quartetto d’archi. La standing ovation è servita. Ti piace vincere facile.

Mahmood e i Tenores di Bitti. In questa esibizione c’è tutto il mio cuore sardo, le mie radici e la bellezza eterna della mia terra. Appena ho finito di piangere, riprendo a scrivere.
Nel frattempo, c’è da dire che – ammesso di riuscire davvero a liberarci di Amadeus – la Cuccarini sarebbe un’ottima conduttrice del prossimo Sanremo. La butto lì.

Diodato e Jack Savoretti regalano al pubblico un prezioso omaggio a Fabrizio de Andrè, scegliendo una delle canzoni con cui Antonio ha parecchia familiarità: Amore che vieni, amore che vai. Ogni volta che vedo la Rettore, mi chiedo dove abbia lasciato le Ologram (questa è per pochi).

All’una e un quarto, Amadeus allegro e felice esclama “Dai, stiamo viaggiando molto bene!” e io penso sempre al pubblico in sala e al fatto che sono seduti su quelle poltrone più o meno da cinque ore e mezza. E mentre tutto sembra scorrere più lento, arriva Big Mama insieme a Gaia, La Nina e Sissi e ci spalancano le porte del Moulin Rouge. Le prime file si svegliano di soprassalto, i bypass saltano e la temperatura sale. La loro Lady Marmalade è veramente esplosiva.

Per me, la quarta serata di Sanremo finisce qui. L’ho detto che vince Angelina? O forse no.

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