I sette titoli più quotati in borsa – Apple, Meta, Alphabet, Amazon, Tesla, Microsoft, Nvidia – sono definiti i magnifici sette, e a ragione, dal momento che da soli rappresentano il 29 per cento dell’indice Standard and Poor’s. Tutti appartengono a imprese che dominano il settore dell’high-tech e che producono beni e servizi ormai essenziali per la maggior parte di tutti noi.

Si tratta di società pubbliche, naturalmente, i cui consigli di amministrazione (board of directors) hanno il compito di vegliare sugli interessi degli azionisti. La Nasdaq richiede che i membri siano amministratori indipendenti, e cioè che non siano impiegati dell’impresa, che non facciano parte della famiglia che controlla la società e che non abbiano un rapporto con essa la cui relazione “interferirebbe con l’esercizio di un giudizio indipendente“. Parenti e amici, dunque, non possono far parte del board of directors.

Secondo la corte del Delaware, dove la gran parte di tali imprese è registrata, queste condizioni spesso non sono rispettate ed esistono problemi seri all’interno dei consigli di amministrazione. A riprova la sentenza recente che condanna e revoca la decisone del board di Tesla di regalare nel 2018 ad Elon Musk, in cambio del suo operato quale Ceo dell’impresa, 55,8 miliardi di dollari, equivalenti al 12 per cento del totale delle azioni della società. Secondo il giudice Kathleen McCormick, tale decisione era ingiusta. Per tutta risposta Musk ha promesso di far votare gli azionisti per spostare l’immatricolazione della Tesla nel Texas, dove già l’impresa risiede.

Sempre nel Delaware, nel marzo 2023 un gruppo di fondi pensione e di investimento ha intentato una causa, quali azionisti di Meta, contro gli attuali ed ex membri del consiglio di amministrazione e del management. L’accusa è di non aver fatto nulla nonostante siano stati “ben consapevoli” che “attività criminali predatorie” prosperano sulle piattaforme di social media dell’azienda. Meta è la più grande piattaforma del marketing online.

La differenza principale tra imprese private e imprese pubbliche è l’accesso al denaro altrui, da quello dei piccolissimi investitori a quello dei grandi investitori istituzionali. La quotazione in borsa è un’assicurazione per l’investitore, in quanto la società è soggetta a determinate regole e a controlli di auditing. Il ruolo del consiglio di amministrazione delle imprese quotate in borsa è di assicurare che queste regole siano rispettate, in altre parole che gli azionisti non vengano frodati. E’ per questo che i membri del consiglio di amministrazione rispondono personalmente del comportamento dell’impresa.

Nel caso della Tesla, il consiglio di amministrazione è composto da amici di lunga data di Elon Musk – c’è persino l’avvocato che si è occupato dei suoi divorzi – e da business partners, ad esempio membri del consiglio di amministrazione detengono pacchetti azionari delle società di Musk e viceversa. Facile intuire il problema: i membri del board e Musk si comportano come se Tesla non fosse un’impresa pubblica ma privata.

Il board di Tesla riceve ricompense di gran lunga maggiori dei consigli di amministrazione della maggior parte delle altre società pubbliche. Collettivamente, i membri hanno guadagnato più di 650 milioni di dollari vendendo azioni Tesla e hanno un altro miliardo in opzioni. I loro legami vanno ben oltre Tesla, avendo investito decine e decine di milioni di dollari nelle rispettive società.

Anche se negli ultimi anni Musk si è classificato come la persona più ricca del mondo, la maggior parte del suo denaro è investito nelle sue aziende. In realtà ha fatto affidamento su Tesla e sulla sua partecipazione nella società per finanziare le sue attività personali e commerciali nel corso degli anni, vendendo azioni per un valore di miliardi di dollari, in parte per acquisire la società conosciuta come Twitter, o prendendo in prestito in base alla sua partecipazione in Tesla.

Nonostante Tesla sia ormai un’impresa pubblica la gestione è ancora nelle mani del suo fondatore, che la usa come un’impresa di sua proprietà. Lo stesso tipo di ragionamento vale per Meta e Amazon, anche se i membri dei consigli di amministrazione sono meno legati ai fondatori. Zuckerberg controlla circa il 58 per cento di tutti i voti a Meta grazie al sistema delle doppie classi di azioni; Bezos detiene il 13 per cento di Amazon ma controlla il 61 per cento dei voti grazie al sistema di votazione dell’impresa.

Denaro pubblico, dunque, a disposizione dei titani della tecnologia, degli uomini più ricchi al mondo, denaro con cui fare leva e di cui disporre liberamente, grazie alla condiscendenza dei consigli di amministrazione. Comportamenti che non vengono tollerati in nessun altro settore produttivo, ma si sa, i titani della tecnologia sono al di sopra di tutto, spesso anche della legge.

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