Ultime considerazioni su questo superfestival. Un po’ in ordine sparso oggi.

1. Il giorno del ricordo. Lo temevo parecchio: temevo che in un questo clima politico di destra arrivasse anche a Sanremo l’uso strumentale della storia e la sua conseguente dose di retorica. È andata bene, nonostante qualche definizione sommaria e qualche reticenza, Amadeus ha ha fatto una celebrazione sobria con l’ottima scelta di coinvolgere anche questa volta la musica, dedicando tutto a Sergio Endrigo, un grande cantautore, che ha vissuto in prima persona quel dramma e non lo ha mai strumentalizzato.

2. La regia televisiva. Non ne abbiamo mai parlato, eppure conta parecchio. Ottimi i movimenti di macchina che avvolgevano i cantanti o che seguivano i conduttori nei corridoi dell’Ariston fino all’esterno, belle anche le inquadrature dall’alto, ma era proprio il caso di sparare continuamente getti luminosi?

3. Il qua qua. Fiorello, da quel gran professionista che è, c’è proprio rimasto male e ci è ritornato in forma autoironica anche ieri sera, rivelando che proprio non si dà pace. Lo voglio consolare. Non è vero che quella è stata la pagina peggiore della storia della televisione, da storico e da telespettatore vi assicuro che ho visto di peggio. Anche a Sanremo. Se chiedete degli esempi, ve li farò.

4. Il pronostico. Ieri ho passato la giornata in ambienti festivalieri dove alcuni addetti ai lavori mi hanno dato per certa la vittoria di Geolier con una spiegazione tecnica molto convincente: gli amanti della sua musica voteranno compatti per lui, altri invece, con altri gusti musicali, disperderanno i loro voti tra Angelina, Bertè o Annalisa. Sapete com’è finita: non c’è niente da fare chi fa pronostici secchi su Sanremo è destinato a fare brutte figure, come quei signori che un tempo, per denunciare i brogli, depositavano mesi prima da un notaio la busta con il nome del vincitore. E non ci azzeccavano mai.

5. L’audience e la share. Ottima la prima, strepitosa la seconda. Ai tempi di Baudo o Fazio il festival aveva anche più spettatori in assoluto. Ora non arriva più a quei numeri ed è logico: c’è chi ha lasciato per sempre la tv generalista a vantaggio delle piattaforme. E neppure il festival lo smuove. Ma c’è un’ampia fascia di pubblico, anche o forse soprattutto giovanile, che in occasione del festival si accorge della tv generalista, della Rai. E lo fa con una sorprendente intensità: commentando, coinvolgendo amici dai costumi televisivi affini, con una continuità che si riscontra nell’assenza dei cali fisiologici della seconda o tersa serata che, infatti, sono stati quasi nulli. Insomma festival è proprio una festa, festa nazionale e nell’organizzarla la Rai realizza bene il suo compito.

7. Il futuro. L’hanno detto, ieri sera, anche in quel duetto da vecchio varietà: Ama e Fiorello lasciano. Chi prenderà il loro posto? Se valesse la regola di scegliere per il futuro chi ha dato il meglio nel presente di questa edizione, non ci sarebbero dubbi: la migliore in campo in assoluto, Teresa Mannino.

8. E con questo ci salutiamo, non senza prima aver ringraziato, due amici, Anna e Davide, che mi hanno aiutato in questi giorni in modo che non mi sfuggisse nulla del peggio e del meglio del Festival.

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