Due certificati di interruzione di gravidanza del consultorio “respinti”. Ed estranee “in camice bianco” che hanno avvicinato le donne in coda per abortire con l’obiettivo di convincerle a cambiare idea. Si tratta delle testimonianze, raccolte da ilfattoquotidiano.it, di Giorgia, 19 anni, e Anna 39 che denunciano due episodi che avrebbero vissuto all’ospedale Cardarelli di Napoli. Episodi che testimoniano le difficoltà delle donne, ancora nel 2024, quando scelgono di non partorire (se vuoi raccontare la tua storia scrivi a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it). “Io ero abbastanza sconvolta e piangevo per l’esaurimento, visto che non era stato facile arrivare fino a qui”, dice la più giovane. La struttura, contattata, ha fatto sapere di aver “avviato verifiche” interne e che “in genere la valutazione effettuata dai centri territoriali viene acquisita”, ma in alcuni casi è possibile che venga richiesta “la ripetizione degli esami ecografici”. In merito alle pressioni di personale non medico, è stato riconosciuto che in passato ci siano stati accessi di estranei e per evitarlo sarebbe stata creata “una ronda straordinaria”. E concludono: “A quanto ci risulta, negli anni scorsi l’ospedale aveva concesso un locale all’interno dell’ospedale all’associazione ‘Parrocchia per la vita’. Tale concessione è stata revocata dall’attuale direzione dell’ospedale”.
“Una signora in camice bianco mi ha detto che stavo sbagliando” – Il primo caso risale alla primavera 2023. Giorgia racconta di essere arrivata all’Ospedale Cardarelli dopo una serie di intoppi e attese. È munita del documento di richiesta IVG (interruzione volontaria di gravidanza) rilasciato dal consultorio Colli Aminei di Napoli. Certificato che però, dice, non è reputato idoneo dall’infermiera in accettazione, che invita la ragazza a recarsi due edifici più avanti per un colloquio con “i servizi sociali”. A quel punto, racconta Giorgia, “molto turbata sono andata verso l’uscita e in quel momento sono stata rincorsa da una signora con un camice bianco. Io ero abbastanza sconvolta e piangevo per l’esaurimento, visto che non era stato facile arrivare fino a qui”. La 19enne riferisce di pressioni per convincerla a cambiare idea: “Questa donna mi si avvicina e pensando mi volesse consolare le dò ascolto. Lei però inizia a dirmi che stavo sbagliando e che loro erano pro alla vita e che c’erano altri modi per risolvere la cosa. Continuava a ribadirmi che lei sapeva che in realtà questo ‘bambino’ io lo volevo e che la scelta di abortire era solo per paura, mi diceva che c’erano altri modi come l’adozione e che quello che stavo facendo era contro natura perché stavo uccidendo una vita”. La ragazza decide di spostarsi quindi nel reparto servizi sociali: “Mi ha ricevuto una signora molto gentile e rispettosa che mi ha detto che bastava scrivere come motivazione ‘motivi personali’. In realtà ho ripetuto quello che già avevo fatto al consultorio”. Un ulteriore passaggio che ha di fatto allungato i tempi. “Finito il colloquio sono tornata nel reparto maternità e dopo 3 ore sono stata ricevuta, ho fatto l’ecografia e mi hanno fissato l’operazione 14 giorni dopo, a causa anche del fatto che dovevo di nuovo aspettare per la seconda volta (dopo la prima successiva al colloquio in consultorio) i 7 giorni previsti dalla legge”.
“Dopo l’attesa mi hanno detto che dovevo ricominciare la trafila da capo” – La seconda segnalazione arriva a ottobre. Il percorso di Anna inizia a poche settimane di gestazione con un primo ostacolo: il rifiuto del ginecologo privato di redigere il documento di richiesta IVG. Un rifiuto non ammesso dalla legge: si prevede, infatti, l’obiezione di coscienza solo per la procedura abortiva e non per ciò che la precede o per l’assistenza a seguire. A quel punto, Anna si rivolge al consultorio pubblico, dove le rilasciano il documento suggerendo di dare motivazioni economiche e indirizzandola poi al Cardarelli. Quindi va in Ospedale alle 7 del mattino successivo: “Mi sono messa in fila”, racconta a ilfattoquotidiano.it, “eravamo tantissime. Finalmente è il mio turno e mi dicono che la carta del consultorio non serve e che devo ricominciare la trafila. Quindi mi rimetto in fila per andare dall’assistente sociale”. E a quel punto, proprio come avvenuto per Giorgia, dice che si avvicinano delle persone estranee: “Mentre sto in quest’altra fila arrivano due signore che si presentano con addosso un camice bianco e il rosario in mano. Io le allontano in modo deciso dopo aver visto come si rivolgevano alle donne in attesa”. Secondo la testimonianza raccolta da ilfattoquotidiano.it. le donne dicevano frasi del tipo: “Tu stai uccidendo una persona, non farlo, ti diamo noi i soldi, ti aiutiamo noi”. Secondo Anna non era molto chiaro il loro ruolo ufficiale sul posto: “Una coppia srilankese che non parlava bene italiano aveva scambiato queste due figure in camice bianco per il personale medico addetto alla certificazione”. Quando è il turno della 39enne, scopre che per lei i tempi sarebbero stati molto lunghi: “Sono dovuta tornare varie volte in ospedale. Mi hanno detto che” prima di procedere con l’aborto “si deve vedere il battito e la camera gestazionale deve essere di una misura ben precisa”.
La replica del Cardarelli – L’ospedale, contattato da ilfattoquotidiano.it, ha cercato di ricostruire i due episodi. Innanzitutto ha affermato che, come previsto a livello legislativo, i certificati dei consultari sono da considerare validi. Ma, ammettono, può essere che vengano richiesti altri passaggi. “Può capitare”, scrivono, “che le assistenti sociali dell’ospedale effettuino un’ulteriore valutazione nel caso in cui la documentazione risulti incompleta, con l’obiettivo di tutelare al meglio la donna. Vi sono situazioni, inoltre, in cui il contesto ospedaliero, avulso dal territorio di residenza della donna, lasci più libertà alla paziente di esprimersi liberamente nel colloquio con le assistenti sociali; per questa ragione le assistenti sociali, in alcuni casi, possono proporre un ulteriore dialogo con le donne che si rivolgono all’ospedale”.
E, in particolare, dicono, “la ripetizione degli esami ecografici a breve distanza può essere richiesta per accertare al meglio lo stato della gravidanza e, se possibile, contenere il trauma, evitando interventi che potrebbero essere non necessari. In Campania nel 20% dei casi di gravidanza si verificano aborti spontanei nelle prime settimane di gestazione”. Questa affermazione però, contrasta con le indicazioni delle esperte che hanno curato “La tua scelta zero ostacoli. Guida pratica al tuo aborto libero e informato”: qui si legge che “il rinvio fino alla visualizzazione dell’attività cardiaca embrionale viene giustificato con la necessità di diagnosticare un eventuale aborto spontaneo, con la presunzione che questo sarebbe più accettabile ed avrebbe un minor impatto sulla salute psichica rispetto a un’IVG. Si tratta di un pregiudizio etico che ritiene inevitabile il senso di colpa e di un’ingerenza paternalistica non accettabile, poiché la scelta e la valutazione deve essere esclusivamente di chi richiede l’IVG”.
Dal Cardarelli hanno poi fatto sapere che sulle presenze estranee qualcosa è stato fatto. “Dalle relazioni raccolte e in base a quanto rilevato dal servizio di vigilanza”, dicono, “non ci sarebbe stato l’accesso di estranei in prossimità dell’ambulatorio di ginecologia ed ostetricia”. Episodi simili però, sono stati rilevati in precedenza tanto da richiedere un intervento ufficiale. “Viceversa, nel passato, alcune assistenti sociali presso il padiglione F hanno allontanato delle persone estranee all’ospedale che avvicinavano alcune donne in attesa. Tale allontanamento non era stato comunicato al servizio di vigilanza né alla Direzione dell’ospedale. A seguito di tale segnalazione è stata predisposta una ronda straordinaria da parte del servizio di vigilanza presso il padiglione F, volto a verificare quanto riportato dalle assistenti sociali e ad evitare che personale estraneo all’ospedale avvicini le donne in attesa”. Il Cardarelli ha quindi garantito che “tale servizio proseguirà anche nel futuro”: “Le verifiche effettuate dal servizio di vigilanza nei giorni scorsi”, hanno affermato, “a seguito della segnalazione de ilfattoquotidiano.it non hanno evidenziato la presenza di estranei che provano ad avvicinare le donne in attesa”.