Il problema, in questo momento, del nostro Paese è Geolier: nome d’arte di Emanuele Palumbo, 23 anni, originario di due quartieri confinanti (Miano/Secondigliano), area Nord di Napoli, Italia. 2024. Sono trascorse appena 48 ore dalla conclusione della 74esima edizione del Festival di Sanremo e non si placano le polemiche che inseguono il giovane artista napoletano. Non si capisce che peccati abbia commesso, non si conoscono gli addebiti e neppure di cosa sia accusato. L’unica certezza è che sia colpevole di qualcosa. La cortina fumogena si è alzata improvvisa: sussurri, brusii, prese di posizione, pregiudizi, razzismi e lo sfoggio di tutti i luoghi comuni dell’antimeridionalismo militante, formato stadio. È imperdonabile che un tipo come Geolier, idolo della Generazione Z, di tutte le latitudini e longitudini, si sia affacciato così com’è sul prestigioso palcoscenico dell’Ariston, portando un sound, uno stile, un linguaggio e un contenuto nuovo che guarda all’oggi/contemporaneo.

Prima dell’inizio del Festival di Sanremo, non appena viene pubblicata la canzone in dialetto partenopeo “I p’ me, tu p’ te”, scoppia il caso dell’uso irrispettoso della lingua napoletana. È il finimondo. Lo scrittore Maurizio de Giovanni poi addolcitosi commenta durissimo: “È una lingua antica e bellissima, con la quale sono stati scritti capolavori immensi. È un patrimonio comune, ha un suono meraviglioso, unisce il maschile e il femminile come fa l’amore. Non merita questo strazio”. Non è strazio ma il modificarsi di una lingua viva, è un napoletano ‘chattato’, veloce, comunicativo. È solo l’inizio. Geolier in un medley con Guè, Luché e Gigi D’Alessio vince la serata cover di venerdì 9 febbraio sulla spinta del suo pubblico, in stragrande maggioranza i voti giungono via sms dal Nord Italia.

Dalla platea dell’Ariston va in scena una clamorosa contestazione: fischi, insulti, grida sguaiate con molti spettatori che addirittura indignati abbandonano il teatro mentre il presentatore Amadeus premia gli artisti. Il giorno seguente, nell’ultima conferenza stampa, una giornalista o pseudo tale rivolta a Geolier lo accusa di aver ‘rubato’ il premio, chiedendo spiegazioni riguardo voci di un tutorial su Internet che insegna come votare con cinque sim. Poi l’epilogo finale con il poco chiaro meccanismo del voto che inchioda il rapper al secondo posto.

Tutto finito? Per niente. Nel mirino c’è sempre lui, Geolier. Occorre insinuare, supporre, ipotizzare e artatamente dimostrare che Emanuele Palumbo sia amico di camorristi, ne condivida valori, ne rafforzi ideologia e logica criminale. Ai raggi X sono finiti gli stessi videoclip di “I p’ me, tu p’ te”, “Money”, “Ricchezza” e “Narcos”. E proprio quest’ultimo è adoperato come prova regina d’incriminazione: scorrono le immagini inquietanti dove lo stesso Geolier con postura criminale interpreta un personaggio che fa sfoggio di armi luccicanti, auto lussuose, denaro, polvere bianca, vestiti e accessori griffati, contornato da guaglioni pronti a tutto.

E quindi? La sua è una ‘narrazione’ di una situazione che già esiste, successiva ai fatti che nessun ‘addetto alle responsabilità’ ha voluto vedere, capire e risolvere. Se esistono i narco-quartieri nelle città italiane, se l’urbanistica è stata modificata per agevolare la vendita della droga, se aumenta il numero di assuntori e si abbassa l’età dei consumatori, se avanza una grassa borghesia criminale con radici dentro il cuore della società che fa affari ed è ammantata di cieco consumismo, la colpa è di Geolier che la rappresenta attraverso la ‘sua’ arte?

Si dovrebbe avere il coraggio di dire che esistono pezzi di città italiane da ricostruire a livello educativo e sociale; ammettere che intere generazioni figlie della marginalità sono state abbandonate per decenni da tutti favorendo la nascita di zone che sono diventate lievito di una cultura criminologica. Geolier è un’agenzia educativa? Geolier è la famiglia? Geolier è la scuola? Geolier è la classe dirigente del Paese? Geolier è ‘solo’ un artista, portatore di un rap nuovo. Il suo vissuto è fatto anche di amicizie dai cognomi pesanti che spesso coincidono con famiglie/clan, di ambienti, di abitazioni ‘ghetto’ per lo più di edilizia popolare e la sua forza è stata quella di portare un sogno per cinque serate in diretta tv, mostrando e raccontando l’altro mondo di chi doveva esserci e non c’è mai Stato.

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