Sostiene di aver pensato al suicidio, ma di aver rinunciato al suo intento perché altrimenti la nipote – che ribadisce ancora di aver ucciso lui – non avrebbe avuto giustizia. Tornato in libertà domenica, Michele Misseri è già in televisione. “Avevo pensato di prendermi una bottiglia del veleno e di andarmene in campagna da me, per togliermi la vita. Mentre che volevo bere ho visto una cosa davanti agli occhi che dice ‘Se tu ti ammazzi Sarah non sarà mai ritrovata’”, ha sostenuto il 69enne a Farwest, la tramissione di Raitre in onda lunedì sera. “Se mi fossi ammazzato, Sarah avrebbe avuto giustizia. Mia moglie non sarebbe mai stata in carcere. Ho sbagliato anche su questo”, ha aggiunto.
Misseri ha lasciato domenica il carcere di Lecce dopo aver scontato 7 anni per la soppressione del cadavere della nipote Sarah Scazzi in un pozzo nelle campagne di Avetrana, in provincia di Taranto. Per l’omocidio di Scazzi, strangolata il 26 agosto 2010 in casa di Misseri, sono state condannate all’ergastolo Cosima Serrano e Sabrina Misseri, moglie e figlia dello zio della vittima. Misseri, però, continua ad autoaccusarsi del delitto: “L’unico colpevole sono io”, dichiara ancora.
Nel corso della trasmissione, il 69enne ricostruisce il giorno del delitto: “Quel giorno non stavo bene. Avevo dolore alla testa. Sul letto dormivano Sabrina e Cosima, Cosima aveva detto di non suonare al citofono”. Poi aggiunge: “Sarah è scesa in garage, a me stava dando fastidio, io l’ho presa di spalle, l’ho sollevata. Lei mi ha dato un calcio all’indietro e mi ha preso nelle parti deboli. Mi è salito un caldo al cervello, l’ho stretta forte…”. Misseri, parlando con Farwest, ribadisce che “la notte stessa ho sognato Sarah che mi diceva ‘zio ho freddo'”.