Dopo lo scossone politico in Veneto, con la maggioranza spaccata, anche in Emilia-Romagna il dibattito sul fine vita è arrivato nell’aula del Consiglio Regionale. All’ordine del giorno era infatti inserita la discussione della legge di iniziativa popolare “Liberi subito” sul suicidio assistito, che chiede di introdurre “tempi certi” sul fine vita, e per l’occasione a Bologna è arrivato anche il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato. Il progetto di legge è stato poi rinviato in Commissione, ma la speranza, sottolinea Cappato, è che questo rinvio, “tecnico” secondo la maggioranza, non si traduca “in un affossamento della legge”.
“Voglio pensare che nessuno abbia in mente di concludere questa consiliatura senza un voto su questa legge, e non serve un anno di tempo. Credo che ciascuno si possa assumere le proprie responsabilità politiche in un tempo molto più breve, confido che questo verrà fatto. Non bisogna aver paura di quella che sarà la scelta“, ha specificato Cappato.
Il rinvio in commissione sembrava scontato dato che, solo pochi giorni fa, la Giunta regionale ha approvato una delibera e delle Istruzioni tecnico-operative fortemente criticata dal centrodestra, per garantire il diritto sancito dalla Corte Costituzionale, prevedendo un termine di 42 giorni per dare una risposta alla richiesta di suicidio assistito, e, da un punto di vista politico, disinnesca una mina: il dibattito sulla legge, infatti, avrebbe quasi certamente diviso il Pd regionale e probabilmente anche qualche partito di opposizione, replicando le spaccature già accadute in Veneto.
La decisione della giunta è stata comunque rivendicata da Bonaccini, che ha sottolineato l’esigenza di una “legge nazionale” per evitare che ogni regione si muova autonomamente: “Abbiamo fatto questa scelta – ha aggiunto – per provare a mettere la volontà e la dignità delle persone al primo posto. Il nostro obiettivo è quello di applicare la sentenza della Corte Costituzionale. Ci è stato indicato in ciò che abbiamo approvato lo strumento più solido e più concreto. Non vogliamo vedere ciò che si è visto in altre Regioni, dove cittadini in condizione di grande sofferenza inseguono le istituzioni o si rivolgono a un tribunale per avere una risposta”. La scelta, pur con qualche critica, comunque, è stata “approvata” anche da Cappato, che però, si augura sia solo un primo passo: “Bene – ha detto – se questa è una preparazione in attesa di avere anche una legge regionale che crei un diritto in capo ai cittadini. Di per sé è positivo che l’Emilia-Romagna sia la prima Regione d’Italia ad avere una delibera che fissa delle regole. Noi come associazione Luca Coscioni e comitato promotore chiediamo però anche che ci siano tempi certi per l’esame e il voto per il provvedimento in aula”. La legge, ha ricordato Cappato, è “rimasta sei mesi in Commissione senza che sia mai stata affrontata”. “La Regione Emilia-Romagna -ha concluso – ha l’occasione di approvare con una legge regionale, regole che avrebbero un effetto vincolante e che creerebbero questo diritto nel senso delle procedure e delle scadenze per le persone che soffrono”.
Intanto la decisione della Giunta, con cui si dettano linee guida precise alle aziende sanitarie sul suicidio medicalmente assistito, rendendo di fatto “esigibile” il diritto di “persone che versano in condizioni terminali con sofferenze enormi sul piano fisico e psicologico, ovviamente capaci di intendere e volere”, e che istituisce il Corec, il Comitato regionale per l’etica nella clinica, ha scatenato le opposizioni. In particolare secondo la consigliera di Forza Italia, che lavora a un ricorso al Tar, Valentina Castaldini, la delibera è “illegittima”, perché “Bonaccini e l’assessore Donini creano un comitato ad hoc, fatto di persone che hanno scelto loro, per decidere sulla vita dei cittadini”.
Un ‘no’ perentorio a qualsiasi provvedimento in materia è intanto arrivato dal presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Zuppi. “Gli impianti giuridici che stabiliscono il diritto alla morte sono degli inganni e sono di dubbia validità – ha detto, pur senza mai citare la delibera emiliano-romagnola – la questione non è tanto confessionale quanto laica. L’umanesimo su cui si basa la nostra società ci porta a concludere che esisterà sempre e solo un diritto alla cura”.
L’assessore alla Salute della regione, Raffaele Donini, si è detto comunque pronto ad affrontare eventuali ricorsi: “È naturale che ogni atto amministrativo possa essere valutato in ambito giudiziario e amministrativo”. “Noi pensiamo che nella discussione vengano dimenticate le persone – ha aggiunto Donini – che oggi sono in preda a indicibili sofferenze e chiedono che venga applicata la sentenza della Corte Costituzionale. Non ho sentito questo nella discussione da parte degli oppositori a questo provvedimento di natura amministrativa – rincara la dose – che la Giunta ha fatto e che non è alternativo alla legge”.