Gabriele Marchesi, imputato con Ilaria Salis nel procedimento sui presunti scontri a Budapest dell’11 febbraio 2023 in occasione del Giorno dell’onore, al momento non sarà consegnato all’Ungheria che ne chiede la consegna e resterà almeno fino a marzo agli arresti domiciliari in Italia. La Corte d’appello di Milano ha deciso di chiedere ulteriori informazioni all’Ungheria su misure cautelari alternative e ha rinviato il procedimento al prossimo 28 marzo maggio. Il 23enne milanesi è ai domiciliari a Milano per un mandato di arresto europeo proprio per i fatti del febbraio 2023. I giudici italiani hanno più volte rinviato il procedimento in attesa che le autorità ungheresi, come richiesto ai primi di dicembre, fornissero chiarimenti su una decina di quesiti che riguardano le condizioni detentive, lo Stato di diritto e l’indipendenza della magistratura nel Paese.
La richiesta del pg – Il sostituto procuratore generale di Milano Giulio Benedetti, prima della decisione, aveva ribadito che il giovane non deve essere consegnato all’Ungheria e che, invece, dovesse essere scarcerato. Come aveva già fatto lo scorso 29 novembre, il sostituto pg Cuno Tarfusser che aveva chiesto di negare il trasferimento. Benedetti, nel formulare la sua richiesta alla Corte, si è richiamato alla risposta data dall’Ungheria ai quesiti posti dai giudici sulle condizioni carcerarie dei detenuti nel paese dell’est Europa. E ha rilevato che “la mancanza di indicazioni che riguardano la salute è una questione impeditiva della consegna” di Marchesi, a cui si aggiunge anche il fatto che non siano state date indicazioni precise in merito a quale istituto di pena ungherese, qualora dovesse essere trasferito, verrà associato. Il sostituto procuratore generale ha fatto notare che, per esempio, le carceri di Milano hanno l’ospedale San Paolo come presidio sanitario di riferimento con reparto dedicato ai detenuti, nel caso in cui l’infermeria interna non sia sufficiente.
L’ordinanza della Corte – La Corte, presieduta da Monica Fagnoni, con l’ordinanza ha quindi richiesto al ministero della giustizia dell’Ungheria “quale Stato emittente in relazione al mandato d’arresto europeo di stabilire se siano applicabili altri strumenti di cooperazione giudiziaria (…) diversi” dallo stesso Mae, per “garantire l’esercizio dell’azione penale con gli atti istruttori a ciò necessari”. Secondo i legali Eugenio Losco e Mauro Straini il “punto di svolta trovato” dai giudici “è stato quello di indicare all’Ungheria”, attraverso una richiesta di informazioni, “di valutare per lui una misura alternativa alla detenzione carceraria là, come i domiciliari in Italia”, sulla base proprio di quella “decisione quadro del 2009”, che la difesa ha chiesto di applicare per Ilaria Salis, la 39enne antifascista italiana detenuta da oltre un anno in Ungheria. La difesa ha parlato di un “provvedimento interessante: qualche parallelismo con il caso Salis c’è, l’accordo quadro citato è lo stesso che permetterebbe a Salis di avere i domiciliari in Italia, sarebbe possibile anche una rivalutazione nei suoi confronti”. Sono, comunque, “due casi differenti, ma oggi è arrivata la conferma ulteriore che non esistono ostacoli giuridici per applicare i domiciliari in Italia”.