Passano il testo della maggioranza e quello di Azione, ma anche gran parte di quello di Italia viva e un punto decisivo di quello del Pd. Respinti, invece, quelli del Movimento 5 stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra. È l’esito del voto alla Camera sulle sei mozioni presentate dai gruppi parlamentari sulla crisi in Medio Oriente e l’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza. Le opposizioni avevano presentato cinque documenti diversi: i dem con la prima firma della segretaria Elly Schlein, il M5s con il capogruppo Francesco Silvestri, i calendiani con Ettore Rosato, i renziani con Davide Faraone e Avs con Nicola Fratoianni. I partiti di governo invece si sono raccolti a intorno a un atto di indirizzo unitario, a prima firma del deputato di Forza Italia Andrea Orsini. In Aula per il governo era presente il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli, di Fratelli d’Italia, che ha dato parere positivo al testo del centrodestra e ha chiesto riformulazioni a quelli delle opposizioni. Prima dell’inizio della discussione – come aveva annunciato – Schlein ha chiamato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e le ha chiesto di non ostacolare il testo dei dem: alla fine la premier ha dato il via libera all’approvazione del primo punto del dispositivo, che impegna il governo “a sostenere ogni iniziativa volta a perseguire la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani e a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario al fine di tutelare l’incolumità della popolazione civile di Gaza, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi e sicuri all’interno della Striscia”. Dopo una riformulazione, il governo si è rimesso all’Aula e l’impegno è passato con l’astensione dei deputati della maggioranza.

Bocciato invece il resto della mozione, in cui si chiedeva, tra l’altro, di “sostenere un’azione coordinata a livello internazionale (…) per promuovere iniziative di de-escalation della tensione in Medio Oriente” e soprattutto di “ripristinare i fondi per le Ong italiane che operano in Palestina e in Israele, così come i contributi nell’anno in corso all’Unrwa”, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, alcuni dei cui dipendenti sono accusati da Tel Aviv di aver partecipato all’attacco di Hamas. Respinto anche il testo del Movimento 5 stelle, in cui era stato inserito un punto che impegnava il governo ad attivarsi immediatamente (…) al fine di scongiurare l’iniziativa militare israeliana nella zona di Rafah“, all’estremità sud della Striscia di Gaza, annunciata nei giorni scorsi dal premier Bejnamin Netanyahu. A Rafah infatti si sono ammassati un milione e mezzo di civili, in fuga dalla distruzione seminata da Israele nel resto dell’enclave. L’atto sottoscritto dai pentastellati chiedeva anche il cessate il fuoco, un percorso negoziale nella logica dei “due popoli e due Stati”, una missione di interposizione a Gaza sotto l’egida dell’Onu. Per quanto riguarda Unrwa, si chiedeva di far luce sul coinvolgimento dei dipendenti nell’attacco del 7 ottobre, sostenendo però la salvaguardia dei finanziamenti all’Agenzia; il M5s, inoltre, avrebbe voluto prevedere sanzioni mirate contro i coloni israeliani estremisti in Cisgiordania e sospendere le attività dell’Eni al largo di Gaza, data l’illegalità delle licenze concesse da Israele in acque territoriali palestinesi.

Schlein festeggia il successo parziale: “È un passo avanti importante. Avevamo presentato questa mozione proprio per scuotere il dibattito nel Paese e per ottenere un avanzamento nelle posizioni del Parlamento, e questo oggi è arrivato”, dichiara in Transatlantico la segretaria dem. “Gaza è un territorio in cui nessun luogo è sicuro e la storia ci giudica, non da domani ma già da oggi, su quello che sta accadendo”, aveva detto invece durante il dibattito in Aula. “Lo diciamo dall’inizio: Hamas – il cui brutale attacco tutti abbiamo condannato con nettezza – non è il popolo palestinese. Fare questa equazione non sarebbe solo un errore, ma anche un favore ad Hamas che invece va isolata. Quello che stiamo vedendo sul popolo palestinese è una punizione collettiva, una reazione del tutto sproporzionata, che anche l’amministrazione americana definisce esagerata. L’Italia quindi può e deve fare di più per far cessare questo conflitto e raggiungere finalmente la pace”, incalza. “Chiediamo di insistere presso l’Unione europea per il riconoscimento dello Stato di Palestina, perché per la prima volta c’è un capo del governo israeliano che nega esplicitamente questa prospettiva: non era mai successo. La stella polare deve tornare il rispetto del diritto internazionale. Bisogna che il governo faccia tutto il possibile per fermare l’attacco annunciato a Rafah, che sarebbe un’ecatombe. E vorrei che il governo lo dicesse con la stessa fermezza che hanno avuto su questo il governo tedesco, il governo inglese e molti altri“, sottolinea.

Il testo della maggioranza impegna invece il governo a “confermare la solidarietà dell’Italia allo Stato d’Israele, aggredito proditoriamente il 7 ottobre 2023 dall’organizzazione terroristica Hamas, e a ribadire il riconoscimento del suo diritto all’autodifesa, da esercitarsi nel rispetto del diritto umanitario bellico”, tenendo però conto “del fatto che i miliziani di Hamas si fanno scudo della popolazione civile”. Tra le richieste, anche quella di promuovere con Ue, G7 e altri attori regionali “ogni sforzo diplomatico” per una “soluzione politica del conflitto, assicurando che tutti gli ostaggi siano rilasciati immediatamente e incondizionatamente e che l’organizzazione terroristica Hamas non costituisca più una minaccia esistenziale per Israele, scongiurando contestualmente il rischio di un’escalation del conflitto in tutto il Medio Oriente”. Per i partiti di centrodestra occorre “operare a livello internazionale affinché venga assicurata la costante e continua fornitura di aiuti umanitari alla popolazione civile della Striscia di Gaza, impedendo, contestualmente, che giungano finanziamenti a supporto – anche indiretto – dell’attività di organizzazioni terroristiche”: anche il ripristino dei finanziamenti all’Unrwa potrà essere considerato “solo in seguito all’esito di un’indagine seria e approfondita promossa dall’Onu”.

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