Un nuovo no all’ulteriore proroga dello scudo erariale per gli amministratori pubblici, che appare “non necessaria” visto che la responsabilità è già limitata ai casi di dolo o colpa grave. Ma anche un richiamo forte sul colpo di mano allo studio del governo Meloni: una riforma che limiterebbe fortemente i poteri della magistratura contabile eliminando di fatto i loro controlli successivi sugli appalti del Pnrr nel caso ci sia stato un assenso preventivo. I vertici della Corte dei Conti colgono l’occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario per stoppare la maggioranza, avvertendo tra le righe che un nuovo intervento a gamba tesa sulle loro competenze sarebbe accolto con irritazione. Il presidente Guido Carlino, nella relazione letta davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella, ha infatti auspicato che possa continuare “il dialogo proficuo che ha da sempre contraddistinto le interlocuzioni” con la politica e offre il proprio “contributo tecnico“. Ma subito dopo ha fissato una linea rossa: le riforme vanno “condivise e formulate con gradualità, come è avvenuto, ad esempio, per la redazione del Codice di giustizia contabile”. Non con un’iniziativa unilaterale come quella presa la scorsa primavera quando – dopo gli attacchi del ministro Raffaele Fitto, innervosito dai rilievi sui ritardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza – è stato abolito il “controllo concomitante” sulla spesa dei fondi europei.
“Limitare la responsabilità disincentiva chi opera con diligenza” – Poco dopo anche il procuratore generale Pio Silvestri ha sottolineato che “tutti i magistrati della Corte, pur nel doveroso ed assoluto rispetto delle prerogative del Governo e del Parlamento, guardano, con preoccupazione, a quegli interventi legislativi, che potrebbero rendere sistemica la previsione normativa contenuta nell’art. 21 del D.L. n. 76 del 2020 (il decreto Semplificazioni adottato durante l’emergenza Covid, ndr) ovvero restringere gli spazi della responsabilità erariale“. Anche perché, ha ricordato all’esecutivo e agli amministratori locali che lamentano la paura della firma, “il perseguimento delle responsabilità lo si deve, innanzitutto, alla stragrande maggioranza degli amministratori, di grandi e piccoli enti, nonché dei funzionari pubblici che, onestamente, lavora per rendere il servizio migliore al sistema”.
Quindi “la riduzione dell’area della responsabilità non sembra la risposta più idonea a superare le difficoltà dell’azione amministrativa, poiché l’esenzione o la limitazione della responsabilità potrebbe fungere da disincentivo per l’attività di coloro che, operando con diligenza, cura e passione, non vedrebbero premiati il loro impegno e la loro professionalità“. Tanto più che i numeri mostrano come la maggior parte delle segnalazioni di danno che arrivano alle procure regionali vengano archiviate: lo scorso anno è successo in oltre 22mila casi “in seguito alla verifica dell’assenza di danno erariale, della regolarità dell’azione amministrativa ovvero della carenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave”. A dimostrazione, per la Corte, che gli amministratori onesti non hanno nulla da temere.
I progetti del governo – Le critiche di Carlino si riferiscono, appunto, ai progetti del governo per limitare i poteri dei giudici contabili. L’intervento più dirimente per l’esecutivo di Giorgia Meloni è quello di prorogare lo scudo erariale per gli amministratori. Lo scorso anno il governo l’aveva esteso fino a giugno 2024 ma la maggioranza di destra ha presentato quattro emendamenti al decreto Milleproroghe in commissione Affari Costituzionali alla Camera per portarlo fino al 2026, l’orizzonte delle opere del Piano nazionale di ripresa e resilienza: la richiesta arrivava da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Noi Moderati. Proprio martedì è arrivata però una riformulazione del governo che introduce una proroga più breve, fino a dicembre, per evitare di aprire uno scontro diretto con la Corte proprio nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Resta il fatto che per Carlino la misura “introdotta in via eccezionale nel periodo pandemico per porre un rimedio alla “paura della firma”” non ha più ragion d’essere, anche tenendo conto delle norme del nuovo Codice appalti e di uno dei decreti attuativi della riforma Cartabia che prevedono “una più puntuale perimetrazione della colpa grave”.
L’esecutivo sembra comunque intenzionato a muoversi su questa strada per eliminare le responsabilità erariali degli amministratori: non è un caso che oggi il Senato approverà in prima lettura il disegno di legge Nordio che abolisce il reato di abuso d’ufficio. La proroga dello scudo erariale non è peraltro l’unica norma con cui il governo vuole limitare la Corte dei Conti. Come anticipato dal Fatto il 23 dicembre, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti ha presentato una riforma della giustizia contabile scritta tra Palazzo Chigi e il ministero della Giustizia: il testo prevede uno scudo quasi totale per i dirigenti pubblici in caso di colpa grave per danno erariale se c’è stato un controllo preventivo, eliminando di fatto i controlli successivi della Corte ma anche una limitazione dell’ammontare economico delle condanne e la riduzione dei poteri dei giudici contabili sugli appalti del Pnrr. Nello specifico si darà la possibilità solo di fare un controllo preventivo anche per i grandi appalti del Pnrr e, una volta svolto, i dirigenti e gli amministratori avranno “mano libera” e non potranno incorrere in responsabilità erariali. Nonostante il governo abbia annunciato un tavolo permanente con la Corte dei Conti, la riforma è stata scritta senza consultare i vertici della giustizia contabile provocando molto sconcerto in tutta Italia. Se inizialmente la riforma doveva entrare nel decreto Pnrr – che ancora non è stato approvato – ora potrebbe finire in un disegno di legge autonomo del governo da approvare in uno dei prossimi Consigli dei ministri.
“Diverse segnalazioni di irregolarità sul Pnrr” – È in questo quadro che vanno letti i passaggi in cui Carlino evidenzia che il sistema dei controlli “è finalizzato alla verifica della legalità dell’azione amministrativa e al mantenimento degli equilibri di bilancio, della regolarità dei conti e della loro coerenza con i principi normativi che ne regolano la gestione”. Aggiungendo che il controllo sulla gestione non è un ostacolo ma, anzi, ha “una funzione acceleratoria e propulsiva dell’azione amministrativa, verificando correttezza, tempestività ed efficace utilizzo delle risorse disponibili” oltre a prevenire i conflitti di interesse.
Vale anche per il Pnrr, la cui spesa procede a rilento (“è stato registrato un modesto progresso nell’utilizzo delle risorse”) e su cui “già si registrano diverse segnalazioni di irregolarità”, ha detto Silvestri, dall’indebita percezione o non corretto utilizzo dei fondi da parte dei soggetti attuatori alle opere non conformi al progetto, fino a “assai significativi ritardi nella loro attuazione”. La relazione integrale contiene un primo elenco: si va da “opere non conformi al progetto Asili nido e servizi integrativi” in Emilia Romagna a “ritardi negli interventi di efficientamento della sede di un Comune e della scuola dell’infanzia” in Friuli Venezia Giulia, passando per “presunte irregolarità nell’impiego delle risorse pubbliche per l’attuazione dei progetti” in Lazio e Liguria e “presunto danno erariale derivante dall’indebita percezione da parte di un Comune dei fondi Pnrr per la sistemazione di una “baraccopoli” cittadina attraverso la falsificazione dei dati dei migranti presenti in città” nelle Marche.
L’imparzialità dei magistrati – Sia Carlino sia Silvestri hanno richiamato più volte la necessità di “imparzialità” dei magistrati, a cui è preclusa “qualsivoglia attività di compartecipazione all’amministrazione attiva” e le cui funzioni vanno esercitate “con equilibrio, sobrietà, ragionevolezza e un radicato senso delle istituzioni”. Imponendosi un “self restraint, tanto nella vita pubblica quanto in quella privata”. Non è difficile scorgere riferimenti all’istruttoria sul consigliere Marcello Degni, finito nella bufera per i post su X in cui aveva deplorato che il Pd non avesse fatto ostruzionismo sulla manovra fino a costringere la maggioranza a “sbavare di rabbia” e arrivare all’esercizio provvisorio. Ad occuparsene è lo stesso Silvestri, che dovrà raccogliere gli elementi per decidere se per Degni scatteranno sanzioni per violazione del codice di comportamento dei dipendenti pubblici e del codice etico della Corte.