I fratelli Antonio e Vincenzo Luppino, figli di Giovanni Luppino, “l’autista” di Matteo Messina Denaro, sono stati arrestati dai carabinieri del Ros, coordinati dalla procura di Palermo, guidata da Maurizio De Lucia. Legati da rapporti familiari con Laura Bonafede, considerata l’amante per lungo tempo del boss di Castelvetrano, che li ha battezzati, i due fratelli hanno trasferito soldi per un importo complessivo di 81mila euro sul conto di Bonafede, anche lei arrestata per aver favorito la latitanza di Messina Denaro. Secondo la procura anche i due fratelli Luppino sono stati strategici per la sicurezza della latitanza dell’ex Primula rossa di Castelvetrano. Per questo sono stati arrestati oggi con l’accusa di favoreggiamento della latitanza e di associazione mafiosa.

“Di fronte alla morte l’aiuto non si nega a nessuno”, diceva Giovanni Luppino, l’uomo che ha accompagnato Matteo Messina Denaro a Palermo per le cure, che era con lui il 16 gennaio del 2023, il giorno in cui l’ex Primula rossa di Castelvetrano è stato arrestato. Durante l’udienza preliminare dello scorso 13 dicembre “l’autista” di Messina Denaro aveva ammesso di sapere della malattia del boss. Una testimonianza in contraddizione con quella dello stesso boss che aveva detto che lui non sapeva nulla: “Quindi Luppino non sapeva che lei era malato?” – “No, non era nemmeno del mio ambiente”, aveva risposto Matteo Messina Denaro lo scorso 7 luglio interrogato dai magistrati della procura di Palermo, Paolo Guido, Pierangelo Padova e Gianluca De Leo e dal comandante del Ros, Lucio Arcidiacono.

L’arresto di oggi apre dunque uno scenario ben diverso da quello raccontato sia dal boss delle stragi che dal suo autista. Il coinvolgimento dei figli di Luppino, tenuti a battesimo da Laura Bonafede, amplia quella rete di protezione finora conosciuta che ha garantito la latitanza di Messina Denaro. Le indagini che hanno portato all’arresto dei due Luppino, Antonio (30 anni) e Vincenzo (36), hanno ampliato anche le accuse a carico del padre Giovanni, dagli approfondimenti degli investigatori è emerso infatti che Luppino padre “aveva espressamente e minacciosamente chiesto a imprenditori della zona di contribuire al finanziamento della latitanza del capo mafia”.

Non solo l’assistenza per le cure ma un vero e proprio supporto di varia natura che partiva dal 2017, cioè da prima che il boss si ammalasse. A prendersi cura del latitante poi, non solo Giovanni, che il 2 maggio accompagnava il boss che veniva ricoverato alla clinica di Palermo, La Maddalena, per essere operato al fegato. Il 12 maggio successivo era, infatti, Vincenzo Luppino a raggiungere il boss appena dimesso, per portarlo a casa.

Matteo Messina Denaro poteva contare, dunque, sull’aiuto dei Mustusi, questa è la ‘nciuria (in nomignolo) dei Luppino, padre e figli, derivata dal fatto che il padre di Giovanni Luppino coltivava uva e produceva il mosto. Da questo soprannome gli investigatori sono riusciti a decifrare a chi fosse riferito “Mustang”, che compare diverse volte nelle annotazioni di spese, scritte di suo pugno dallo stesso Messina Denaro negli anni della latitanza. Note spese trovate nel covo di San Vito, l’ultimo abitato dal boss. Soldi che in alcuni casi arrivano a superare i mille euro e che permettono di risalire ad un rapporto che con i Luppino, sia padre che figli, era in corso sin dal 2017, cioè da prima che il boss scoprisse il tumore nel novembre del 2020. D’altronde i Mustusi, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, si erano occupati di molti aspetti della latitanza di MMD. In un’occasione perfino hanno fatto “da staffetta”, mentre il boss andava a Castelvetrano per passare sotto casa di Franca Alagna, madre della figlia Lorenza, e delle sorelle del latiante, Bice e Giovanna. In questi passaggi in auto, il 29 dicembre del 2022, essendo luoghi sotto controllo dalle forze dell’ordine, MMD veniva accompagnato dal furgone di Vincenzo Luppino, guidato dal padre Giovanni. Un modo per garantire il boss in questi passaggi.

Ma è solo uno dei tanti episodi ricostruiti dagli investigatori, dopo la cattura del latitante. L’ultimo covo era quello di vicolo San Vito, acquistato formalmente da Andrea Bonafede, che ha prestato il nome al boss, lì viveva Messina Denaro quando è stato catturato, prima che in quel covo, però viveva in quello di vicolo San Giovanni, poche centinaia di metri più in là, esattamente dove abitano i Luppino. Il boss viveva lì, nel covo adiacente alla abitazione dei Mustusi. E sono stati proprio loro ad aiutarlo nel trasloco da un covo all’altro, occupandosi dei lavori di ristrutturazione, tenendo in garage, a casa di Vincenzo, la cucina componibile del primo covo. Occupandosi di fare installare il piatto doccia. Così hanno riferito anche gli operai che hanno lavorato nel covo di San Vito agli inquirenti. Così testimoniano anche le telecamere e gli agganci telefonici tra le utenze dei Luppino e quella del boss di Castelvetrano.

Una serie di compiti definiti dal gip Alfredo Montalo di “assoluta fiducia”. Il boss grazie anche a loro si muoveva in macchina tra Campobello di Mazara e la sua Castelvetrano, per passare sotto casa dell’ex compagna e di quella delle sorelle indisturbato. E ricambiava di certo: “Mustang fio”, segnava il gennaio del 2026 nelle note spese. Secondo gli investigatori si riferiva all’acquisto di fiori per commemorare il decesso della moglie di Giovanni Luppino, avvenuto il 24 gennaio del 2016. Nel settembre del 2021, invece, scriveva “Mustang ristor”, attribuita alla polizia giudiziaria in occasioni conviviali in concomitanza con il compleanno di Antonio, nato il 9 settembre. “Mustang rega”, annotata il dicembre del 2021, è secondo gli investigatori, un regalo per Antonella Luppino. “Mustang cen”, invece è riferita al compleanno di Vincenzo. Ma annotati nel 2017 c’erano anche delle note superiori a mille euro. La prova, secondo gli inquirenti, che i Luppino/Mustang erano di supporto al boss prima ancora della malattia.

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