Il terzo settore teme la mancata approvazione dell’emendamento che dovrebbe far slittare a gennaio 2025 l’entrata in vigore del regime Iva per gli enti non commerciali. Si tratta di “una misura fondamentale per la sostenibilità delle associazioni, in particolare delle più piccole, e che si rende oggi indispensabile alla luce dei ritardi nella mancata definizione della disciplina Iva per il Terzo settore”. È quanto afferma Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum terzo settore in una nota. “Ci appelliamo a tutti i deputati delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali: non approvare quell’emendamento sottoscritto da quasi tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione” sarebbe, dice, “un insensato colpo al non profit“.

Secondo Pallucchi la mancata approvazione del rinvio “rischia di danneggiare immotivatamente decine di migliaia di realtà del terzo settore, con ripercussioni sui servizi e le attività che mettono a disposizione delle persone”. Perché le associazioni non profit rischiano di passare dall’attuale regime di esclusione Iva a uno di esenzione per i servizi prestati e i beni ceduti dagli enti nei confronti dei propri soci. Dunque significa che dovrebbero aprire partita Iva, tenere la contabilità e far fronte a una serie di obblighi burocratici, peraltro senza vantaggi per l’erario.

Un punto a favore della proroga riguarda il fatto che non c’è nessuna motivazione finanziaria, dato che “l’entrata in vigore del nuovo regime Iva non avrebbe ripercussioni sul gettito fiscale, come stimato dal Servizio del Bilancio del Senato nel 2023, ma maggiori oneri burocratici e amministrativi a carico del Terzo settore”. Dunque, “perchè danneggiare in questo modo un comparto che contribuisce in maniera consistente allo sviluppo economico e sociale del Paese?” conclude Pallucchi.

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Per il terzo settore torna lo spettro del regime Iva. “Il governo riapre le sanatorie sulle cartelle ma penalizza il non profit”

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