Cronaca

Anche gli stranieri in Italia non fanno più figli: dal 2012 nascite in calo costante. “Senza un welfare ad hoc la tendenza non si invertirà”

Negli ultimi dieci anni il tasso di natalità delle persone straniere in Italia è diminuito costantemente. E con le politiche attuali non saranno loro a salvare il Paese dall’inverno demografico. A certificarlo è il 29esimo rapporto annuale sulle migrazioni della fondazione Ismu (Iniziative studi sulla multietnicità), che ha preso in esame dati aggiornati al 1° gennaio 2023. Il quadro è quello di un fenomeno migratorio che si stabilizza, con 5 milioni 775mila stranieri presenti nel complesso, in calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ma con 110mila residenti in più e 48mila irregolari in meno. Il report ha analizzato l’evoluzione dei flussi in Italia considerando diversi profili, tra cui l’occupazione (molti migranti sono a rischio povertà anche se hanno un lavoro), il welfare (troppo poco mirato per essere efficace) e le prospettive generazionali di chi arriva giovane nel nostro Paese, con più difficoltà a studiare o a cercare lavoro. Il dato più evidente è che, malgrado la percezione, le nascite straniere si vanno sempre più ad allineare verso il basso a quelle italiane. “Ci siamo illusi che la fecondità degli stranieri fosse altissima, ora sappiamo che non è così”, dice a ilfattoquotidiano.it Livia Elisa Ortensi, responsabile statistica di Ismu.

Il calo delle nascite – La fecondità è stata misurata nel ventennio tra il 2002 e il 2022. Dal primo all’ultimo anno dell’intervallo, mentre i nati italiani scendevano da 505mila a 340mila, quelli stranieri crescevano da 34 a 53mila. Nell’ultimo decennio in esame, però, le nascite estere hanno subito un calo costante: nel 2012 erano state 80mila, cioè 27mila in più di quelle del 2022. Per gli studiosi dell’Ismu si tratta di una discesa strutturale, che, in assenza di un welfare ad hoc, smonterà sempre di più la teoria secondo cui i migranti saranno la cura al calo demografico e all’invecchiamento del Paese. “A illuderci è stato l’effetto Baby boom”, spiega Ortensi. “Negli anni Novanta è arrivata una prima leva di migranti prevalentemente maschi. Negli anni 2000 c’è stata una femminilizzazione di questi primi flussi, con l’arrivo di donne in particolare da Filippine, Sud America ed est Europa, nonché ricongiungimenti familiari di chi era arrivato nel decennio precedente. Questo ha generato un picco delle nascite”. L’impatto demografico è stato rilevante: dal 6,3% di nati stranieri nel 2002 si è passati al 13,5% nel 2022. L’effetto però ora è svanito e tra i migranti – soprattutto quelli che sono nel nostro Paese da più tempo – si assiste a tendenze demografiche molto vicine a quelle italiane. E questo accade “anche perché le donne che arrivano hanno gli stessi problemi delle donne italiane, anzi, di più. Spesso, come le italiane meno istruite, svolgono professioni che non permettono flessibilità né telelavoro, sono colf o commesse”, sottolinea la statistica dell’Ismu.

Lavoro povero e poco qualificato – Istruzione e salari sono osservati speciali. Il 2023 ha segnato il record storico dell’impiego di personale immigrato, con 1.057.620 assunzioni programmate dalle aziende italiane. Anche se occupati, però, i lavoratori stranieri sono tra i più sottopagati e a rischio povertà. Il settore in cui si registra la maggiore incidenza di impiegati provenienti dall’estero è quello dei servizi personali e collettivi (31%): a seguire agricoltura, ristorazione e turismo, costruzioni. Dall’analisi di Ismu risulta che tra gli stranieri prevale il lavoro povero: chi ha un posto a tempo indeterminato guadagna in media 19mila euro all’anno, mentre gli extracomunitari con un contratto a termine percepiscono in media uno stipendio dell’8,3% inferiore ai lavoratori Ue. A pesare è anche la scarsa istruzione: la maggior parte dei migranti non possiede un titolo di studio elevato, ma ben il 60,2% di chi è laureato svolge mestieri a media o bassa qualificazione. Da un lato, quindi, chi arriva fa più fatica a raggiungere condizioni professionali e di vita sostenibili, dall’altro l’Italia attrae principalmente immigrazione poco istruita, segnando un record negativo in questo senso tra i Paesi membri dell’Ue.

Prospettive generazionali assenti – A mancare, secondo gli studiosi di Ismu, è un welfare di precisione, in grado di intervenire adeguatamente sui casi singoli e conciliare i bisogni delle aziende con il diritto dei lavoratori a una vita sostenibile. La sfida è rivolta soprattutto alle nuove generazioni, le più penalizzate da politiche migratorie poco efficaci, a partire dall’istruzione. Nel 2022, gli stranieri che si sono fermati alla terza media sono il triplo degli italiani, con un dato percentuale di 28,7 contro il 9,7. Secondo i risultati del Rapporto Invalsi 2023, rispetto allo studente tipo delle scuole italiane, gli stranieri hanno voti più bassi mediamente in tutte le materie tranne che in inglese. Intervenire con piani di istruzione e lavoro mirati permetterebbe anche di migliorare i dati sui giovani inattivi: tra i 15 e i 29 anni, gli stranieri che non studiano né lavorano (Neet) sono il doppio rispetto agli italiani, il 29% contro il 17, 9%.