di Marco Bertolini

Come mai non siamo in grado di fermare Israele dal portare avanti quello che possiamo in onestà chiamare un genocidio? Come mai non riusciamo a far sedere immediatamente attorno ad un tavolo di pace uno stato democratico piccolissimo pieno di amici storici e dalle influenze geopolitiche enormi? Come mai ci limitiamo a dei continui richiami alla moderazione quando, dopo mesi di guerra, è evidente a tutti che questi non vengono minimamente presi in considerazione?

I primi a far saltare nel recente passato il diritto internazionale sono stati gli americani e i loro alleati, quando hanno intrapreso la guerra contro lo stato sovrano della Jugoslavia di Milosevic. Una volta aperto il vaso di Pandora hanno proseguito con le guerre in Afghanistan, Iraq e Libia. Con quella più recente scatenata da Putin si era però tornati a parlare incessantemente di diritto internazionale, quasi come se si fossero capiti gli errori madornali compiuti in precedenza. Come mai allora non si può chiedere ad Israele di rispettare le minime regole dei diritti civili universali, che dovrebbero servire proprio a risparmiare tragedie immani ai più deboli e innocenti, creando quelle linee rosse invalicabili che tutti dovrebbero rispettare, a partire dagli stati democratici?

Non so quale sia l’arma di ricatto, più o meno implicita, che ci sta tenendo sotto scacco, ma evidentemente è molto potente se né Europa, né Usa sembrano poter far nulla. Contro il dittatore russo tutto il mondo occidentale si è mosso compatto e spedito rifilando una sanzione dietro l’altra (indipendentemente dal fatto che funzionassero o meno), non solo belle parole di condanna fine a se stesse. Non si capisce come si possa ancora aspettare a dare un ultimatum secco a Netanyahu che scada entro poche ore. Non si può più assistere inermi alla distruzione di un intero paese e di un intero popolo, pur riconoscendo l’orrore compiuto dai terroristi di Hamas il 7 ottobre 2023. Non si può più assistere ad una censura che impedisce di criticare gli israeliani prendendo le parti dei palestinesi senza che si venga accusati immediatamente di antisemitismo.

La colpa di quanto hanno fatto i nazisti negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso non può e non deve ricadere sul popolo palestinese, che da decenni cerca di trovare il modo per sopravvivere in quella che in fondo è semplicemente la propria terra. L’enormità di aver subito la Shoah non può e non deve diventare un lasciapassare per compiere qualsiasi nefandezza. Il senso di colpa per aver permesso tutto quello che è accaduto nei campi di concentramento non può e non deve diventare l’imbarazzo del non poter “prendere per un orecchio” un caro amico e riportarlo a più miti consigli. Il tempo stringe: anzi è già troppo tardi per continuare con l’inazione.

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