Dopo oltre trent’anni una nuova svolta per il delitto dell’Olgiata: la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Manfredi e Domitilla Mattei contro tre medici legali accusati di gravi negligenze nell’analisi dei reperti dell’omicidio della madre, la contessa Alberica Filo della Torre. Verrà fatto un nuovo processo, in sede civile, che si concentrerà sugli errori nella ricerca del sangue dell’assassino e servirà a valutare una nuova richiesta di risarcimento per danni delle parti lese a cui erano stati destinati 120mila euro (contro il mezzo milione richiesto). L’eventuale risarcimento, spiega l’avvocato della famiglia Jacopo Squillante, verrà donato dalla famiglia alla Fondazione intitolata alla contessa, fondata nel 2012 per sostenere attraverso premi e altre iniziative “investigazioni efficaci e il giusto processo”.
Il delitto dell’Olgiata, avvenuto il 10 luglio 1991, è rimasto un cold case per vent’anni, proprio a causa degli errori fatti durante le prime indagini. Nel 2011 il colpo di scena: come nel più comune dei romanzi gialli era stato il maggiordomo. Manuel Winston Reyes, ex cameriere della nobildonna, f fu condannato a 16 anni. Oggi è un uomo libero perché ha estinto la sua pena beneficiando di uno sconto di pena: è stato scarcerato il 10 ottobre del 2021.
A quasi tre anni da quel giorno, ecco un nuovo inatteso sviluppo nella vicenda. I medici, nominati consulenti tecnici dalla Procura all’epoca delle indagine, erano stati condannati in primo grado ma poi assolti in secondo. Ora la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di Appello predisponendo un nuovo processo. “In particolare – aggiunge l’avvocato Squillante – ai medici era contestato l’omesso esame dell’orologio che la medesima indossava il giorno del delitto ed il negligente esame del lenzuolo che fu rinvenuto stretto al collo della vittima. I carabinieri del Ris che vennero incaricati dalla Procura per rinnovare le indagini peritali, dopo avere analizzato per la prima volta l’orologio e molto più approfonditamente il lenzuolo (71 analisi anziché 2 soltanto) ed in tempi assai più ristretti (4 mesi anziché 2 anni) individuavano immediatamente la piena corrispondenza del profilo genetico di uno degli indagati”.
Nello stesso autunno del 1991 Winston Reyes – licenziato dalla contessa dopo una lite furiosa per un prestito ottenuto dalla nobildonna mai estinto – fu scagionato dalle analisi del dna (era tra i due unici indagati) e le indagini furono sospese dal pubblico ministero.
Nel 2007 fu il marito della contessa, l’imprenditore edile Pietro Mattei, scomparso nel 2020, a chiedere nuove analisi su tutti i reperti tra cui il lenzuolo utilizzato per avvolgere il capo della contessa. Lo stesso Mattei fu indagato e coinvolto in un’altra pista decisamente fantasiosa (per cui furono tirati in ballo i fondi dei Servizi segreti) poi caduta perché non sorretta da una sola prova. Nemmeno le ulteriori indagini portarono alla firma dell’assassino e il caso venne di nuovo archiviato ma Mattei si oppose e fece disporre nuovi accertamenti ma affidandosi al Ris che dopo 20 anni ha inchiodato alle sue colpe il domestico. Fu solo allora che il magistrato ha recuperato le registrazioni degli anni passati fino a quel momento ignorate in tutte le indagini precedenti. In quelle registrazioni, rimaste per 20 anni negli archivi della Procura, il cameriere trattava con un ricettatore la vendita dei gioielli rubati alla povera contessa il giorno stesso del suo omicidio. Il nuovo processo non affronterà dunque solo le battute finali delle indagini che nel 2011 portarono all’arresto del maggiordomo ma anche le fasi pregresse in cui la Procura mise in piedi piste davvero elaborate, chiamando in causa il Sisde, il marito della vittima, e tracciando un filo tra svariati elementi, piuttosto che analizzare con solerzia le prove già acquisite.