Cinema

Dopo Past Lives la classifica dei film romantici va aggiornata. Due candidature agli Oscar 2024

Dopo Past Lives la classifica dei romantic movies va aggiornata. D’accordo, non nella top ten dove svettano i classici, ma nella top 30 un posticino il film scritto e diretto da Celine Song lo trova sicuro. Un incrocio di destini e di “vite passate” tra i coreani Nora/Na Young (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), uno sfregarsi di corpi (lo In-Yun che spiegheremo più avanti) riverberato nel corso del tempo (i protagonisti a 12 anni, a 24, infine a 36) e dello spazio (Seoul, la chat di Skype, New York). Con una piccola variazione strutturale in battere: in un bar di New York ai giorni nostri, due voci fuori campo osservano di fronte a loro una donna coreana in mezzo a due uomini – uno asiatico, l’altro caucasico (Arthur/John Magaro) – e si chiedono cosa si stiano dicendo e che ruoli abbiano l’uno per l’altro.

È l’attacco del film che poi è in fondo un lungo esplorativo sentimentale flashback sui tre protagonisti. I dodicenni Na Young e Hae Sung stanno sempre istintivamente insieme tra le strade di Seoul, ma lei parte con la famiglia per il Canada a seguito del padre regista. Dodici anni dopo Na Young è diventata l’americana Nora, è un’affermata scrittrice e sceneggiatrice nell’East Village di New York, e scopre che Hae la cerca sui social: i due iniziano una sentita chiacchierata via Skype che dura settimane fino a quando è Hae a decidere di non partire per gli Stati Uniti. Passano altri dodici anni. Nora è sposata con Arthur, uno scrittore coetaneo un po’ naif come lei, ma questa volta Hae sbarca timido e tentennante con il trolley per davvero nella grande mela. Bisognerà fare definitivamente i conti e capire di cosa è fatto questo silente e mai sopito sentimento tra i due ragazzi coreani.

Past Lives è un triangolo amoroso tutto da ricostruire e mostrare nella sua mai scontata complessità di anime, senza però sesso e carnalità, più farfalle che volano nello stomaco che fremiti in fondo alla pancia. Un film casto, giocato su una quantità di sguardi intensi e di traiettorie degli occhi incalcolabile, senza però mai stringere su primi e primissimi piani. Tanta è l’aria che la macchina da presa di Song lascia sopra la testa dei protagonisti, inondandoli di suoni d’ambiente e, sequenza dopo sequenza, anteponendo Nora al centro del triangolo (il carrello iniziale nel bar verso il suo viso diceva già tutto).

Un film spudoratamente e brillantemente femminile, quindi, perché è nella frastornata e magmatica sensibilità di Nora, nella sua altalenante effettiva percezione dei tumulti del cuore che infine tutto il racconto si regola: lei va via, lei apre, lei chiude, lei patisce, lei mescola le carte (la scena del bar è dolorosissima solo per i due uomini), lei sceglie come andrà a finire tutto. Del resto, più che la sempiterna idea delle sliding doors in Past Lives il paradigma interpretativo del ricorrente incontrarsi è nell’assunto spirituale coreano dello In-yun: in qualsiasi luogo e tempo hai incontrato qualcuno che incontrerai di nuovo (addirittura 8000 sfregamenti per 8000 vite, si racconta nel film). Assunto ammaliante, giocato con gentile equilibrio tra magia e realtà a livello narrativo, e pure autobiografico per la regista che dice di aver vissuto davvero quello che racconta nel suo film d’esordio. Infine, una notazione di genere: Past Lives è a suo modo sintesi magistrale della naturale complessità sentimentale dell’universo femminile affiancata dalla tendenzialmente sempre più grezza, grossolana, comunque sincera, quando c’è, esibizione dell’affettività al maschile. Due candidature agli Oscar 2024 – regia e sceneggiatura originale-: peccato non ce ne sia una per Greta Lee.