“Ti taglio la testa a te… a tua madre… a tuo padre!!!… ti brucio vivo… ti brucio la casa… te ne faccio di tutti i colori”. Erano questi i toni con cui la ‘ndrangheta riuscita a gestire il business degli alloggi popolari a Reggio Calabria. È tutto nelle intercettazioni registrate dai carabinieri nell’ambito dell’operazione “Case popolari” che stamattina ha portato all’arresto di nove persone a Reggio Calabria. Su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei pm Sara Amerio e Nicola De Caria, il giudice per le indagini preliminare, Stefania Rachele, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare. In carcere è finito il boss Carmelo Consolato Murina, ritenuto il capo promotore dell’associazione a delinquere e già detenuto perché reggente della cosca Franco-Murina di Santa Caterina federata con la famiglia mafiosa dei Tegano.
Così si pilotava la concessione degli alloggi – La stessa misura restrittiva è stata disposta nei confronti di suo cognato, Giuseppe Agostino che fungeva, stando all’ipotesi della procura, da procacciatore degli immobili e da “agente immobiliare” che si occupava delle compravendite di alloggi popolari di proprietà pubblica. Ai domiciliari, invece, sono finite altre sette persone: Antonio Amaddeo, Michele Morabito, Emilia Pasqualina Murina, Annunziato Tripodi, Roberto Veltri, Luciano Vittorio ed Eugenia Rita Minicò. Proprio quest’ultima, ex dirigente dell’Aterp, all’epoca in servizio presso la sede di Reggio Calabria, è accusata di concorso esterno con la ‘ndrangheta perché avrebbe prestato il suo apporto al gruppo criminale dall’interno della pubblica amministrazione. Il reato, per la dirigente Minicò, è stato riqualificato dal gip in associazione a delinquere semplice ma secondo la Dda la donna era a disposizione della consorteria. I pm la descrivono come “promotrice e suggeritrice delle modalità migliori per ottenere i risultati sperati”. In sostanza, si dimostrava in grado di “pilotare” la concessione degli alloggi popolari “creando una parvenza di legittimità” alle assegnazioni illecite.
Dopo l’occupazione, la legittimazione – Tale mercificazione della funzione pubblica garantiva un forte appeal al sodalizio, potendo contare sulla cosiddetta “regolarizzazione” della posizione dell’acquirente, che, dapprima, occupava abusivamente l’immobile e, in un secondo momento, grazie ai rapporti con i pubblici dipendenti, ne diveniva legittimo assegnatario. Il risultato era che i “clienti” potevano acquistare un’abitazione non commerciabile ad un prezzo certamente più competitivo rispetto a quello di mercato. Il tutto a danno dei cittadini e delle famiglie bisognosi che venivano privati della disponibilità degli alloggi di cui avevano diritto. Oltre agli arresti, il gip ha disposto il sequestro preventivo di undici appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati e occupati anche da alcuni degli indagati. Complessivamente sono 37 gli iscritti nel registro dalla Procura di Reggio Calabria che ha disposto anche 20 perquisizioni eseguite dai carabinieri con il contributo della squadra mobile.
Tra gli indagati anche dipendente comunale –Dall’inchiesta è emersa una situazione di malaffare che andava avanti da anni e aveva come settore preferenziale quello della gestione degli alloggi di edilizia popolare di proprietà del Comune di Reggio Calabria e dell’Aterp, l’Azienda territoriale edilizia residenziale pubblica. Secondo gli inquirenti, le intercettazioni “hanno offerto uno spaccato di rara chiarezza in ordine alla particolare operatività degli odierni indagati nella gestione ed assegnazione illecita di immobili di edilizia popolare, soprattutto nel quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria”. A disposizione dell’associazione criminale vi era, inoltre, un dipendente del Comune di Reggio Calabria, Antonio Nucera, in servizio presso il settore “Lavori pubblici -Edilizia residenziale pubblica”. È solo indagato ma, secondo i pm, avrebbe avuto il compito di individuare gli immobili popolari per poi segnalarli ad uno dei promotori del sodalizio, Giuseppe Agostino, a cui cedeva le chiavi dell’alloggio, dietro versamento di denaro, e per il quale si adoperava nella procedura amministrativa di regolarizzazione e assegnazione, interloquendo con altri soggetti interni all’amministrazione.
E un agente di polizia municipale – Nell’inchiesta è indagato un agente alla polizia municipale, Francesco Romolo, impiegato nella circoscrizione di Archi. Secondo i pm che lo hanno perquisito, Romolo in più di una occasione, dietro il versamento di una somma di denaro, avrebbe falsificato della documentazione del suo ufficio, al fine di venire incontro ai desiderata di uno dei capi promotori dell’associazione.
Nel fascicolo dell’indagine ci sono anche i verbali dell’ex assessore comunale Seby Vecchio, arrestato per mafia alcuni anni fa e diventato collaboratore di giustizia. Ai pm, il pentito ha spiegato come funzionava il sistema raccontando anche dei rapporti tra l’organizzazione capeggiata da Murina e da suo cognato Agostino con esponenti politici locali che non risultano indagati: “La criminalità organizzata decide le assegnazioni delle case popolari in tutta la città di Reggio Calabria, in particolare ad Archi, Arghillà e Modena”.
L’ex assessore “pentito” – Questo, secondo Seby Vecchio, permette alla ‘ndrangheta “di gestire importanti bacini di voti da fare confluire sul candidato della cosca di riferimento”. Il collaboratore tira in ballo l’ex sindaco e governatore Giuseppe Scopelliti, non indagato, il quale avrebbe fatto “addirittura un summit con l’Americano (soprannome del capo rom Enzo Bevilacqua, ndr) per l’assegnazione delle case ad Arghillà ed evitare così guerriglie”. Seby Vecchio, infine, fa il nome anche di un altro ex assessore della giunta di centrodestra: “Michele Raso (non indagato) si occupava dell’assegnazione illecita delle case popolari in virtù del suo ruolo di assessore nello specifico comparto. Quando qualcuno non otteneva la casa dal politico di turno, venivano a lamentarsi da me e mi riferivano del denaro versato a titolo di corruzione”. Tra questi ci sarebbe stata anche una zia deceduta del collaboratore: “Ha ottenuto una abitazione ni San Sperato versando del denaro nelle mani di Michele Raso. La mazzetta era pari ad euro 5.000 circa”.