Ore 1:12, Montecitorio: il Movimento 5 stelle abbandona i lavori delle commissioni congiunte Bilancio e Affari costituzionali della Camera per i lavori sul decreto Milleproroghe e attacca il Pd. “Non saremo complici”, annuncia Alfonso Colucci, e i parlamentari sfilano fuori dalla Sala del Mappamondo lamentandosi con aria torva: “Tutti i nostri emendamenti qualificanti non sono stati approvati, dal fondo per la morosità incolpevole, agli aiuti per gli under 36 sulla prima casa”, dice il capogruppo in commissione Affari costituzionali, che al fattoquotidiano.it aggiunge: “Quando abbiamo visto che le opposizioni vedevano approvati i loro emendamenti, abbiamo pensato che avevano fatto accordi. Noi nella chiarezza e linearità abbiamo detto ‘voi avete fatto i vostri accordi, noi usciamo dall’aula’. Il Partito democratico ha accettato una contrattazione al ribasso, non all’altezza di un partito di opposizione”. La spaccatura arriva come un’eco di quanto accaduto nel pomeriggio con la votazione sulle mozioni su Gaza. In aula si era palesata l’intesa tra Schlein e Giorgia Meloni, cementata da due telefonate tra le leader e sfociata nel via libera al testo del Pd riformulato su richiesta del governo. Con l’astensione della maggioranza è arrivato per la prima volta l’impegno a cercare un cessate il fuoco, mentre il M5s ha visto il suo testo quasi integralmente bocciato. “Noi seguiamo una rotta coerente – ha detto nella notte Colucci senza fare riferimento alle mozioni – chi sposa la nostra linea limpida bene, chi no fa le sue scelte e risponde delle sue valutazioni”. Simona Bonafè del Pd, tra una breve pausa e l’altra, ha preferito non fare considerazioni politiche, ma ha ricordato che nella pioggia di emendamenti sono state approvate anche proposte targate M5s. Mentre Marco Grimaldi di Sinistra Italiana ha cercato di minimizzare, sottoscrivendo tutti i testi dei colleghi di opposizione dopo che se ne sono andati: “C’è stato un malinteso, hanno capito male l’andamento dei lavori”. Se sulla notte sia o no intervenuto direttamente il presidente Giuseppe Conte, i Cinque stelle preferiscono non sbilanciarsi: “Noi abbiamo informato il nostro capogruppo Francesco Silvestri che è il nostro diretto referente, il resto sono passaggi non nostri”.
Nella stessa notte, il malessere ha investito anche la maggioranza. Prima dell’exploit pentastellato, le commissioni erano entrate in crisi per la proroga di sei mesi delle cosiddette “sanzioni no-vax”, ovvero per chi ha violato l’obbligo di vaccinazione per il Covid, proposta firmata da Alberto Bagnai della Lega. Le opposizioni hanno chiesto il voto nominale e il Movimento 5 stelle ha accusato i leghisti di essere passati alle minacce dopo la richiesta di una verifica dei votanti. Leonardo Donno (M5s) ha fatto mettere agli atti che quando ha chiesto la parola, il leghista Edoardo Ziello gli avrebbe detto “quel dito te lo puoi mettere nel culo”, e “io gli ho risposto sei un gran maleducato”. La loro defezione però, hanno ribadito poi, con questo non c’entra niente. Chi è uscito apposta, proprio contro l’emendamento, è stato invece Paolo Emilio Russo, capogruppo di FI in commissione Affari costituzionali nonché relatore del provvedimento: “Ognuno ha votato secondo la propria sensibilità – ha raccontato alle 4.30 alla chiusura dei lavori – Il mio capogruppo sapeva che sarei uscito, non volevo votare contro il governo che aveva dato parere positivo”, e alla fine l’emendamento è passato. Una seduta estenuante, e che alla fine non è arrivata nemmeno a concludere i lavori come si era prefissata. Maria Cecilia Guerra del Pd, poco prima dell’alba, ha chiesto di chiudere: “Ormai non capiremmo nemmeno che cosa stiamo votando”. I lavori sono ripartiti questa mattina, il testo è atteso in aula giovedì. La settimana parlamentare, ricorda qualcuno, sta per terminare.