Giorgia Meloni apre il cantiere per la riforma dell’Ordine dei giornalisti. Lo si legge nella relazione illustrativa a un emendamento dei relatori al decreto Milleproroghe, approvato martedì notte dalle commissioni congiunte Bilancio e Affari costituzionali della Camera, che rinvia di sei mesi l’elezione per il rinnovo dei consigli regionali e del Consiglio nazionale. La premier, si legge nella relazione, ha “manifestato la sua disponibilità a sostenere il percorso di riforma della legge istitutiva”, richiesta dall’Ordine durante la conferenza stampa del 4 gennaio: l’emendamento, quindi, punta “a creare le condizioni per un intervento più ampio e puntuale”. La discussione notturna del decreto è stata movimentata – tra risse verbali e un abbandono della seduta da parte del Movimento 5 stelle – ma il rinvio delle elezioni è passato senza problemi e diventerà effettivo con la conversione in legge, attesa giovedì.
I contenuti della futura riforma, invece, sono ancora in discussione, a partire dal grande tema dell’accesso alla professione. L’Ordine, con il suo presidente Carlo Bartoli, ha presentato lo scorso anno una propria proposta. Ma Andrea Mascaretti, deputato di Fratelli d’Italia e presidente dell’Intergruppo parlamentare dei giornalisti, ha molti dubbi in merito: “Il presidente (Meloni, ndr) vuole che sia un’iniziativa parlamentare”, dice al fattoquotidiano.it. In realtà, nella bozza della relazione illustrativa dell’emendamento, si faceva riferimento a un comma che avrebbe affidato il compito direttamente al governo, scomparso però nella versione finale. Il team all’opera sul dossier include una ventina di deputati e senatori: oltre a Mascaretti, che ha il ruolo di coordinatore, i più attivi sono il forzista Paolo Emilio Russo (portavoce del partito e relatore del Milleproroghe), Ubaldo Pagano del Pd e il meloniano Francesco Michelotti. Ma tra gli interessati al tema c’è anche la deputata azzurra Rita Dalla Chiesa, storico volto Mediaset.
Tra i punti più rilevanti della proposta avanzata dall’Odg ci sono la riforma dell’esame per l’iscrizione all’albo, la creazione di un corso di laurea magistrale specifico – per abbassare i costi rispetto agli attuali master – e l’obbligo di laurea triennale sia per i professionisti che per i pubblicisti. Chiunque non abbia questi requisiti resterebbe fuori, mentre oggi può accedere alla professione tramite contratto di praticantato o come freelance. Mascaretti obietta: “Non è detto che un giornalista laureato sia più esperto di uno che non lo è, anche se capisco sia molto più facile immaginare una laurea come requisito minimo”. A rendere il tema ancora più ostico l’arrivo dell’intelligenza artificiale e l’evoluzione dei social network: “Se Chiara Ferragni comincia a divulgare notizie, è o non è una giornalista?”, si chiede il deputato. Una delle idee è trovare una strada per coinvolgere Meta (il colosso che controlla Facebook e Instagram) e TikTok, al fine di elaborare una distinzione netta. Per adesso non ci sono ancora risposte, ma solo la nuova scadenza elettorale. Il voto per il rinnovo dei consigli, spiega il vicepresidente dell’Ordine Angelo Luigi Baiguini, avrebbero dovuto tenersi a ottobre, invece slitteranno a primavera: prima di allora, la categoria si aspetta che sia modificata la legge in vigore dal 1963, come si propone l’emendamento approvato.
Anche sulle regole elettorali, però, si vuole andare oltre: “I Consigli regionali ci hanno scritto un appello l’anno scorso. Non è possibile che ogni iscritto sia un potenziale candidato”, dice Baiguini. La richiesta quindi è che le candidature vengano formalizzate. Su questo anche FdI è d’accordo, ma, precisa Mascaretti, bisogna “comunque garantire che sia un’elezione democratica”. Un altro tema è quello dei turni per l’elezione, che ad oggi possono arrivare a tre, due più un ballottaggio. I consigli ne vorrebbero solo uno. Anche su questo Mascaretti non è convinto: “Non dobbiamo dimenticare che potrebbe esserci un’affluenza molto bassa, arrivare a dei nomi con un unico turno potrebbe essere un limite. Una soluzione potrebbe essere mantenere almeno il ballottaggio”. Il presidente dell’intergruppo prende tempo: “Partiremo con la questione elettorale, ce ne occuperemo in tempo nei prossimi mesi. Sul resto lavoreremo”. Il rapporto del governo e della maggioranza con i giornalisti, finora, non è stato particolarmente sereno (vedi assenze alle conferenze stampa, minacce di Sgarbi e bavaglio). Il vicepresidente Baiguini però non è preoccupato per la riforma dell’Ordine che potrebbe arrivare dal centrodestra: “Sono due questioni separate, sui regolamenti c’è un confronto franco e sereno”.