“Le polemiche sulle parole di Ghali? Si sono ridotti a prendersela con un artista che ha detto ‘Stop al genocidio’. Se Ghali avesse detto ‘crimini di guerra’, sarebbe stato meglio, ma un artista sarà libero di dire quello che gli pare?“. Così a Otto e mezzo (La7) il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, commenta le polemiche che sono infuriate per la frase pronunciata dal cantante Ghali nella serata finale del Festival di Sanremo e per il successivo comunicato dell’ad della Rai, Roberto Sergio, letto da Mara Venier a Domenica In.
“Ghali non è un giurista – aggiunge Travaglio – Quindi, non è che dobbiamo rimproverargli l’uso di una terminologia che peraltro è stata sdoganata addirittura dalla Corte internazionale di giustizia dell’Onu, che al momento non ha archiviato le accuse di genocidio a Israele. Ma una persona sarà libera di dire quello che vuole? Noi 30 anni fa al Festival di Sanremo avevamo Beppe Grillo che diceva quello che gli pareva, adesso ci scandalizziamo per una frasetta o un ritornello sui migranti”.
Il direttore del Fatto condivide la difesa di Lilli Gruber nei confronti di Mara Venier: “Si sono viste facce terrorizzate come quella della povera Mara Venier lasciata da sola a gestire la situazione senza che spettasse a lei. Ci sono questi comunicati che bisogna leggere e condividere – continua – per paura non si sa bene neppure di che cosa, perché non credo che la Meloni si sia particolarmente indignata perché Ghali ha detto ‘Stop al genocidio’, penso che alla Meloni e ai suoi sottopancia interessi di più che non si attacchi il governo”.
E sottolinea: ” È che c’è un clima di terrore per cui si trova strano che un artista dica quello che pensa, ma gli artisti da sempre dicono quello che pensano. Se quindi al Festival di Sanremo due o tre artisti dicono quello che pensano, ben vengano. Non è tanto Tele Meloni quanto il fatto che la Rai è in mano al governo – prosegue – non grazie a una legge della Meloni ma di Renzi, e a furia di avere paura, alla fine, ci si spaventa anche per le cose più innocue e più normali. È questa la cosa più preoccupante e imbarazzante di tutta questa storia: ormai tentano di censurare anche le cose normalissime“.
Di diverso avviso è il direttore responsabile di Libero, Mario Sechi: “Il genocidio non c’è e tutti hanno citato i bombardamenti israeliani. Ma il 7 ottobre? La strage degli israeliani innocenti? Ghali per me può dire quello che vuole, però siccome parliamo a milioni e milioni di italiani forse gli autori del Festival nella seconda parte della serata o il giorno dopo avrebbero potuto mettere nel copione una piccola cosa sul 7 ottobre. Noi giornalisti lo facciamo perché sappiamo come funziona”.
Travaglio replica: “Se Ghali dice ‘Stop al genocidio’ e Israele si incazza, vuol dire che hanno la coda di paglia. Io chiamerei ‘crimini di guerra’ quelli che sta facendo Netanyahu, dopodiché Ghali è liberissimo di ritenere che quello che sia un genocidio. Non è che ci deve essere qualcuno che fa un comunicato, peraltro su richiesta dell’ambasciata di uno Stato estero che non era stato minimamente citato”.