di Riccardo Bellardini
A reti unificate lo sentiamo dal 7 di ottobre, con mamma Rai ormai settantenne a tener le redini del mainstream nostrano, il racconto dettagliato dell’orribile attentato terroristico di Hamas, che ha sorpreso e sconvolto la vita d’Israele all’improvviso. Una “nuova Shoah”, così l’hanno chiamata e continuano a chiamarla, sull’onda delle sensazionaliste cronache internazionali, non c’è giudizio di corti speciali che tenga. Quell’attentato, vile e malvagio ma pur sempre un attentato, è stato parificato senza mezzi termini alla soluzione finale nazista, esempio principe di male umano ragionato e distruttore, una persecuzione portata avanti gradualmente in vere e proprie fabbriche di morte a danno degli ebrei.
Delle parole che si usa bisognerebbe prendersi la responsabilità, e scomodare la Shoah è cosa che andrebbe fatta sempre con molta prudenza. Ma oggi l’imprudenza domina il mondo e sarò imprudente pure io. L’indifferenza è la nuova Shoah. Il far finta di nulla in nome di dannati equilibri geopolitici che se ne fregano dei bambini mutilati, spenti dalle bombe. Ecco cos’è per me la nuova Shoah. A Sanremo, la cosa che più c’ha fatto sentir vivi televisivamente parlando da un sacco di tempo a questa parte è che gli artisti hanno provato a scalfire il muro ipocrita, col risultato di venir crocifissi dal mondo che sempre e comunque, nei taglienti anni Venti, giudica a tutto spiano, in maniera sprezzante, uccide a parole senza starci troppo a pensare, spesso da dietro una tastiera. Son stati definiti falsi, ipocriti pure loro, “con tutti quei soldi, sai che gliene frega”. Ma loro sono gli influencer di oggi.
C’è gente spesso ipnotizzata che si affida totalmente a quello che fa il proprio idolo, che si adegua passivamente al comportamento e al pensiero del suo Dio in terra. Bisogna far leva anche su questo, diffondere messaggi potenti: magari questi sudditi si sveglieranno dal torpore robotico. Oltre all’appoggio acritico, cominceranno a prender veramente posizione, a ragionare. Se qualcuno può influenzare, ben venga che lo faccia spronando a non voltarsi dall’altra parte, come Ghali, che ha scatenato il terremoto sul palco top di un’azienda sempre più ostaggio del potere politico, fomentando l’ira dell’ambasciatore d’Israele. Non s’è mai visto forse un Festival con più appelli anti guerrafondai di questo, eppure costui, ambasciator che porta pena, c’ha visto l’odio.
Qui la denuncia di un abominio è scambiata per attacco alla popolazione ebraica. E’ il viatico più semplice per distorcere la realtà. Eppure la denuncia dovrebbe essere chiara e ferma da parte di tutti. E’ così difficile? Netanyahu e i suoi sodali non sono tutti gli ebrei, sarebbe una generalizzazione folle. Ma coloro che muoiono sotto una ferocia inaudita a Gaza e in Cisgiordania sono civili palestinesi. Mamma Rai, nella sua nota in cui s’è prostrata all’ambasciatore dello scellerato governo dei carnefici, non ha espresso uno straccio di solidarietà alla Palestina.
O forse non è così, regna tanta confusione nella società di oggi. Forse pure io sono stato troppo tagliente, troppo affrettato, mi son fatto prendere da un esercizio d’ego esagerato. Una pulizia etnica è a ben vedere l’effetto collaterale accettabile di una missione volta all’eliminazione di una banda di temibili terroristi. Sì, forse non c’ho capito niente io, non c’abbiamo capito niente tutti. Tocca stare più concentrati.