Le risposte della on. Colosimo, intervistata da Giacomo Salvini per Il Fatto Quotidiano, sono un insulto all’intelligenza e per quanto mi riguarda anche alla memoria degli antifascisti che, per coerenza con le proprie idee e con le parole espresse, pagarono con l’esilio, il carcere, la tortura e la morte. Sono passati quasi cento anni da quando il deputato socialista Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato apertamente i brogli e le violenze squadriste durante le elezioni del 1924, disse: io il mio discorso l’ho fatto, ora voi preparate quello per quando mi ammazzeranno. O, per dirla come me la disse un imprenditore calabrese, diventato testimone di giustizia, la parola è contratto.

Le parole sono pietre o dovrebbero esserlo, tanto più in politica dove dovrebbero riflettere realtà e impegnare di conseguenza, sul proprio onore. Invece le risposte della on. Colosimo sono una sequenza agghiacciante di fuochi d’artificio, abbaglianti e illusori, un autentico prestigio visto che fa di tutto per apparire esclusivamente come la-presidente-dell’Antimafia, punto.

Sembra cioè che la Colosimo sia diventata presidente della Commissione parlamentare antimafia per concorso pubblico e non perché Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni. Come se il dott Jekyll e Mr Hyde non fossero la stessa persona, ma due persone diverse. Spettacolare, davvero, c’è materia per gli psicoanalisti (ma quelli bravi, eh!). Quindi la Presidente della Commissione Antimafia, che sta lì per aver vinto un “concorso pubblico”, può affermare nell’ordine che: certi politici, candidati nonostante i propri trascorsi delinquenziali, non hanno alcun pudore e che meglio si farebbe ad avvertire i partiti prima della presentazione ufficiale delle candidature, per costringerli ad assumersi la responsabilità di queste scelte. Anzi, di più, che per la mera familiarità con pregiudicati dovrebbe valere l’inversione dell’onere della prova, ovvero ti candido solo se mi dimostri che non hai avuto niente a che fare con il parente delinquente.

Continua la “presidente per concorso” ricordando che, pur avendo cominciato l’indagine sulla strage di Via D’Amelio, non esclude di occuparsi anche di altro e che nulla ha da aggiungere alla condanna irrevocabile di Dell’Utri per concorso in mafia, perché non c’è nulla di più grave di un politico condannato per mafia. E ancora, che niente è più utile per la lotta alla mafia delle confische preventive (rectius: di prevenzione!), che quindi non vanno limitate, che le intercettazioni sono strumenti necessari, che le ordinanze di custodia cautelare non vanno segretate (“non ho votato l’emendamento Costa”) perché il giornalismo investigativo è una benedizione (non come quello che procede per “teoremi”)… e via seguitando. Con l’ardire di precisare proprio che le sue sono le posizioni di chi si occupa di mafia e non “genericamente” di giustizia e già perché il “concorso pubblico” che ha vinto la Colosimo era per una posizione di vertice nella Commissione Antimafia, mica nella Commissione Giustizia (pare ci sia un altro concorso per quella).

Ma se a questo punto, ci si potesse congedare dalla “Presidente per concorso” e si potesse incontrare la presidente della Commissione Antimafia in quota Fratelli d’Italia, le si potrebbero fare alcune domande. Tipo: la forza politica della quale la Colosimo è una top di gamma è o non è impegnata nel Governo della “Nazione” (giusto per farci capire!)? Esiste o no una responsabilità morale e politica nel condividere una azione di governo che sta comprimendo la libertà di espressione, imbavagliando la stampa, limitando l’indipendenza della magistratura e l’efficacia della sua azione (soprattutto verso i “colletti bianchi”), criminalizzando il dissenso sociale, criminalizzando la disubbidienza non violenta nelle carceri, legittimando l’abuso di potere attraverso l’abolizione dell’abuso d’ufficio, il progetto di abolire il reato di tortura, l’allagamento degli affidamenti diretti, l’innalzamento del tetto al contante, la mortificazione di Anac e della Corte dei Conti, la mostruosa operazione del “ponte sullo stretto”, già gravata da sospetti pesantissimi (magari quell’altra presidente, quella “per concorso”, ci direbbe che è urgente accendere un faro dell’antimafia sull’operato di quel Ministro alle infrastrutture.. com’è che si chiama?), frantumando la solidarietà nazionale attraverso l’autonomia differenziata e al contempo svuotando il sistema di bilanciamento tra poteri repubblicani, attraverso il “premierato”?

Ma soprattutto alla “Presidente in quota” si dovrebbe chiedere: ma il Dell’Utri condannato per concorso in mafia, che niente c’è di più grave, è lo stesso che ha co-fondato Forza Italia con Berlusconi? E Forza Italia c’entra o non c’entra con la nascita di Fratelli d’Italia? E infine, folgorati dalla proposta di inversione dell’onere della prova per spiegare la liceità di relazioni apparentemente pericolose, si potrebbe domandare alla “Presidente in quota” come spieghi la confidenza garrula che sberluccica nella fotografia che la immortala con l’ex Nar Luigi Ciavardini. Perché io non l’ho capito e nemmeno i familiari delle vittime delle stragi.

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