Moriranno più persone di fame che per le bombe, per l’Oms. Abbiamo visto tutti gli assalti ai camion degli aiuti, i profughi che mostrano tozzi di pane ammuffito e altre immagini disperate. Israele affama Gaza. La guerra ha portato la carestia a “una velocità talmente incredibile” per Martin Griffiths, capo dei soccorsi per le Nazioni Unite, che “molte agenzie delle Nazioni Unite stanno dicendo che 400mila persone (…) sono effettivamente in carestia.” Scenari del secolo scorso, per gli esperti. Arif Husain, Programma alimentare mondiale (WFP) ha partecipato allo studio IPC e dice al New Yorker: “Vi do una statistica, in tutto il mondo (…) 4 persone su 5, che soffrono di carestia o fame catastrofica, si trovano in questo momento a Gaza”. In numeri, 567.000 su 700.000 nel mondo. “In vita mia non ho mai visto nulla di simile in termini di gravità, di scala e di velocità.” E Griffiths: “La guerra di Gaza è la peggiore che abbia mai visto in 50 anni.”
People are hungry and just desperate for food @UNRWA convoy in #Gaza City this week.
40% of the population at risk of famine.
More regular supplies needed – require safe and sustainable #humanitarain access everywhere including to the North of Gaza pic.twitter.com/ylZ3ors6RN— Thomas White (@TomWhiteGaza) December 30, 2023
Malattie e fame, la combinazione letale
Condizioni igienico-sanitarie saltate. Per l’Oms c’è una doccia ogni 4.500 persone e 1 bagno ogni 220. Per l’esperto di carestie Alex De Waal (LRB), le famiglie saltano i pasti per due-tre giorni consecutivi, “si diffondono sempre più rapidamente le malattie infettive, causa di morte immediata tra le persone malnutrite.” Per l’autore di Mass Starvation “i bambini palestinesi di Gaza moriranno, a migliaia, anche se le barriere agli aiuti venissero rimosse oggi – scrive sul Guardian – nulla del genere da dopo la Seconda Guerra Mondiale”.
“C’è solo polvere e sabbia”
L’acqua non c’è più. Il sistema alimentare è crollato. Il sistema sanitario è crollato. Panifici, ospedali, stazioni di pompaggio delle acque reflue, impianti di desalinizzazione di acqua e pozzi e altre infrastrutture civili distrutte – “impossibile la continuazione della vita”, conclude Human Rights Watch. Per Medici Senza Frontiere (Msf) Gaza “è scomparsa, non c’è più nulla”, inizia “una fame di massa orchestrata”, scrive Chris Hedges, Pulitzer del NYT.
Niente acqua, cibo, riparo
Per l’Unicef 1.5 litri al giorno era l’acqua accessibile a Gaza a dicembre, sotto i 3 necessari per sopravvivere. “Camminiamo miglia per per avere un po’ d’acqua (…). Siamo fortunati se ne otteniamo 0.5 litri a testa al giorno”. Le file a Rafah (300.000 abitanti, ora 1.5 milioni), si vedono da lontano. Per Msf “con l’attuale carenza, la media per una famiglia di sei persone è di 3,8 litri d’acqua”, mentre circa il 70% delle persone a Gaza beve “acqua salinizzata o contaminata”; e “ogni giorno milioni di litri di liquami vengono scaricati nella costa al largo di Gaza”, inquinando le falde acquifere da cui dovrebbe provenire l’acqua potabile.
I figli di Asma “contano le ore”, sperando a tarda sera in qualcosa da mangiare, dopo una giornata a cercare qualcosa da bruciare. “E se nutriamo sia noi sia i bambini il cibo non è sufficiente”. Mohamed, da Gaza: “stiamo cercando riparo nel parcheggio di un condominio distrutto, il grano è introvabile” utilizzano ingredienti per il cibo animale. Per cucinarlo setacciano le rovine, “esponendosi ai bombardamenti continui.” Ricerche “disperate e spesso infruttuose”, conclude B’Tselem. E prezzi inaccessibili, scrive il poeta Mosab Abu Toha (autore del New Yorker): “un sacco di farina che pagavamo 10 dollari ora costa circa 320.” Freddo e nessun riparo: “dormire sotto la pioggia era proprio impossibile”.
Malattie e salute
L’istantanea Onu: 1.7 milioni gli sfollati (il 75% della popolazione). Oltre i 378mila in carestia (Fase 5 IPC), 939mila sono in emergenza (Fase 4), il “passaggio” è iniziato. Israele ha chiuso ogni conduttura di acqua potabile. Funzionano solo 13 su 36 ospedali – parzialmente, fanno per lo più da “campi”. 122 ambulanze distrutte. Oltre 200.000 casi di sindrome respiratoria acuta; e poi diarrea, infezioni intestinali ed eruzioni cutanee dovute alla mancanza di acqua pulita per lavarsi, soprattutto nei bambini sotto ai 5 anni, più vulnerabili. L’ingresso agli aiuti è negato e “se entrano è come se non entrassero”, perché non possono andare dove c’è bisogno – spiega Husain. Ed è pericoloso: 339 operatori sanitari uccisi, 159 operatori delle Nazioni Unite uccisi.
Il dramma dei bambini
I bambini solo sono circa 17.000, stima l’Unicef. La “salute mentale è gravemente compromessa” – oltre 1 milione avrà bisogno di sostegno psicosociale. Razan, 11 anni, ha perso la famiglia. E ha perso una gamba. Amputata. Sono oltre mille i bambini che hanno subito una o più amputazioni, non di rado senza anestesia. Sono soli, le altre famiglie non ce la fanno a prendersene cura.
“Creare una crisi umanitaria”
“Gaza deve diventare un luogo in cui le persone non possono vivere”, “bisognerebbe dire alle persone che hanno due possibilità, andarsene o morire di fame”. E per far ciò, “dobbiamo creare una profonda crisi umanitaria” e “prevenire l’assistenza da parte altri”. Il Generale Giora Eliand, consigliere del Ministro della Difesa, ha ripetuto la strategia in diverse interviste, così leader di governo, militari e parlamentari. E tra la popolazione, scrive Haaretz.
Uccidere con la fame è un crimine di guerra. Così Save The Children, HRW, Oxfam e altri. Per De Waal la distruzione di “oggetti indispensabili alla sopravvivenza” (OIS) “supera qualsiasi altro caso di carestia degli ultimi 75 anni” e la responsabilità di Israele è misurabile “perché agisce sapendo che questo è il risultato”. I “crimini per fame” sono un argomento forte del Sudafrica contro Israele, aggiunge. Ma 15 giorni dopo la risoluzione della Corte internazionale di giustizia – prendere tutte le misure possibili per prevenire il crimine di genocidio – il ritmo di mortalità è il solito, molti gli aiuti negati, su alcuni ha aperto il fuoco, le manifestazioni per bloccare il cibo proseguono.
#Gaza this morning a food convoy waiting to move into Northern Gaza was hit by Israeli naval gunfire – thankfully no one was injured@UNRWA pic.twitter.com/1kvShgX6MG
— Thomas White (@TomWhiteGaza) February 5, 2024
“Massacro al rallentatore”
Per De Waal “la fame è un massacro al rallentatore, le morti continuano per settimane anche se le uccisioni vengono interrotte.” Alcuni paesi – tra cui l’Italia – hanno sospeso i finanziamenti all’Unrwa, per Guterres la “spina dorsale delle Nazioni Unite”. L’accusa (senza prove) di Israele è che 12 dipendenti dell’Agenzia, che ne conta a Gaza 13.000, avrebbero legami con l’attacco del 7 ottobre. L’Onu ha avviato un’indagine, ma l’Unrwa a fine febbraio potrebbe chiudere. Per Amnesty International una decisione “scioccante”, “disumana” e “una punizione collettiva”; per la Federazione Internazionale per i Diritti Umani una “complicità manifesta con il genocidio in corso”.
Israele da anni diffama l’Unrwa, dice Amnesty. Più chiara un’ex degli Esteri israeliana: “Sarà impossibile vincere la guerra se non distruggiamo l’Unrwa” – un disegno coerente con gli intenti iniziali, come dichiarava il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich: “È ora di essere crudeli”.