Mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità lancia l’allarme contro l’offensiva militare israeliana a Rafah (sarebbe “una catastrofe umanitaria oltre ogni immaginazione”), il governo Netanyahu attacca, senza mezzi termini, l’annunciato piano degli Stati Uniti e dei Paesi arabi per la nascita di uno Stato palestinese. Tutto questo a poche ore dalla decisione del premier di ritirare i suoi delegati dai negoziati in corso al Cairo per trovare un accordo sugli ostaggi con Hamas e mentre le forze speciali israeliane sono entrate nell’ospedale Nasser a Khan Younis. Medici senza frontiere segnala morti e feriti: “Siamo stati costretti a lasciare la struttura”, sottolinea l’Ong. Ma il portavoce del primo ministro fa capire che dall’esecutivo non è previsto alcun passo indietro: “Ora non è il momento di parlare di doni per il popolo palestinese, in un momento in cui la stessa Autorità palestinese deve ancora condannare il massacro del 7 ottobre”, ha detto riferendosi alla nascita di uno Stato palestinese. Tensione anche a nord, col botta e risposta tra Hamas e Israele. Il ministro della Difesa Gallant: “Possiamo colpire anche Beirut”.
Il piano – Come anticipato dal Washington Post, gli Usa e molti Paesi arabi stanno lavorando a un piano dettagliato per una pace comprensiva tra israeliani e palestinesi che include “una cronologia fissa” per la nascita dello Stato palestinese. L’annuncio ufficiale potrebbe avvenire nelle prossime settimane. Il punto centrale del Piano sarebbe il raggiungimento di un cessate il fuoco iniziale tra Israele e Hamas di sei settimane durante le quali gli Stati Uniti annuncerebbero il progetto e la formazione di un governo palestinese ad interim. Ma in attesa di conoscere i dettagli del piano e la posizione ufficiale di Israele, il ministro della Sicurezza nazionale e leader di Potere ebraico, Itamar Ben Gvir, anticipa tutti e critica duramente il progetto affermando che “l’intenzione degli Usa insieme ai Paesi arabi di stabilire un stato terrorista a fianco di Israele è deludente e parte della concezione sbagliata che dall’altra parte ci sia un partner per la pace”. Posizione rilanciata dall’altro collega, anche lui rappresentate di un partito di destra, Bezalel Smotrich: ministro delle finanze e leader di Sionismo religioso, Smotrich ha attaccato chiedendo al Gabinetto si sicurezza che “sia presa un decisione chiara con l’opposizione al Piano“.
L’allarme dell’Oms sull’offensiva a Rafah – Così – mentre sul fronte internazionale Spagna e Irlanda chiedono di verificare se Israele ha violato i diritti umani a Gaza e Macron chiede a Netanyahu fermare la guerra – Israele si appresta a dare il via all’annunciata offensiva militare contro Rafah, città nell’estremità più meridionale della Striscia di Gaza, al confine con l’Egitto. Un’operazione per l’Organizzazione Mondiale della Sanità causerebbe “una catastrofe umanitaria oltre ogni immaginazione”. Un allarme, lanciato dal rappresentante dell’Oms nei Territori palestinesi occupati, Rik Peeperkorn, che arriva in un momento in cui gli ospedali sono “completamente sovraccarichi e sull’orlo del collasso“. Peeperkorn ha sottolineato che 1,5 milioni di abitanti di Gaza sono ora stipati in tende di fortuna e rifugi “dappertutto”. Inoltre, la capacità dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite di distribuire aiuti medici a Gaza è fortemente limitata, poiché molte richieste di consegna di rifornimenti sono state respinte da Israele. Solo il 40% delle missioni dell’Oms nella Striscia di Gaza settentrionale è stato autorizzato a novembre, e quel numero è diminuito significativamente da gennaio. “Anche in assenza di un cessate il fuoco, dovrebbero esistere corridoi umanitari per l’Oms e le Nazioni Unite per fare il loro lavoro”, ha detto Peeperkorn.
Forza speciali nell’ospedale Nasser – Intanto, come segnala l’Onu, proseguono le operazioni di terra e i pesanti combattimenti tra le forze israeliane e i gruppi armati palestinesi, in particolare a Khan Younis e Rafah. “Gli attacchi aerei su Rafah hanno aumentato i timori di un’escalation nell’area più meridionale di Gaza, che ospita già più della metà della popolazione di Gaza”, segnalano le Nazioni Unite. “Nasser è la spina dorsale del sistema sanitario nel sud di Gaza. Deve essere protetto. L’accesso umanitario deve essere consentito. Gli ospedali devono essere protetti in modo che possano svolgere la loro funzione salvavita”, insiste l’Oms sottolineando che le infrastrutture sanitarie “non devono essere militarizzate o attaccate”. Tutto questo mentre l’esercito israeliano conferma che le sue forze speciali sono entrate proprio nell’ospedale Nasser a Khan Younis, nel sud di Gaza, sostenendo di avere informazioni credibili che corpi degli ostaggi catturati il 7 ottobre da Hamas si trovino nella struttura. “Portiamo a termine operazioni di recupero mirate, come abbiamo fatto nel passato, dove la nostra intelligence ci indica che vi possano essere corpi degli ostaggi”, recita un comunicato dell’Idf. Al Jazeera aveva riportato la notizia del raid delle forze israeliane nell’ospedale, spiegando che queste avevano dato fino alle sette del mattino per evacuare l’edificio. Il corrispondente dell’emittente ha parlato di “presenza di militari” e con “tank pesanti ed artiglieria che hanno aperto il fuoco” in diversi reparti. “Decine sono rimasti feriti negli attacchi – riferisce ancora al Jazeera – questa è la più grande struttura sanitaria del sud di Gaza che ora è completamente fuori servizio, l’intero staff medico è stato circondato, con le mani legate dietro la schiena“.
Msf: “Medici costretti ad abbandonare l’ospedale” – “In seguito ai bombardamenti di questa mattina, il team di Medici Senza Frontiere in azione all’ospedale Nasser” di Khan Yunis “riporta una situazione caotica, con un numero imprecisato di morti e feriti. Dopo l’attacco, un membro dello staff di Msf risulta ancora irreperibile“. Lo rende noto l’ong in una nota. “Il personale medico di Msf è stato costretto ad abbandonare l’ospedale, e soprattutto i pazienti al suo interno. Le forze israeliane hanno istituito un posto di blocco per controllare l’uscita dal complesso ospedaliero; un membro dello staff di Msf è stato trattenuto”. L’ospedale Nasser a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, “è sotto attacco dalle prime ore di questa mattina, nonostante le forze israeliane avessero detto al personale medico e ai pazienti che potevano rimanere nella struttura. A migliaia di sfollati che avevano ritrovato rifugio nell’ospedale è stato ordinato di abbandonarlo lo scorso 13 febbraio”, prosegue Medici senza Frontiere nella nota. Msf chiede, infine, alle forze israeliane di “interrompere immediatamente questo attacco, poiché mette in pericolo il personale medico e i pazienti che sono ancora bloccati all’interno della struttura”.
Il fronte con il Libano – E mentre cresce la preoccupazione per la zona sud della Striscia, è sempre più teso il fronte esterno settentrionale. Poche ore dopo la diffusione di notizie dell’uccisione di 13 persone – tra cui civili, anche donne e bambini – nel sud del Libano a causa di bombardamenti israeliani, in risposta al lancio di razzi degli Hezbollah, il premier libanese, Najib Miqati, ha affermato che il suo governo presenterà formale denuncia all’Onu per “l’aggressione israeliana”, come riferiscono i media di Beirut. Sempre dalla stampa libanese arrivano anche le parole di Shaykh Nabil Qawuq, membro del Consiglio centrale di Hezbollah: “All’escalation di Israele rispondiamo con l’escalation, se costringono i nostri civili ad abbandonare le case, costringiamo i loro civili a lasciare le loro case, se distruggono le nostre case, distruggiamo le loro case”, ha minacciato Qawuq. Israele ha replicato con un’altra minaccia: quello di Israele, ha dichiarato il ministro della Difesa Yoav Gallant, è solo “un passo su 10, non possiamo attaccare solo 20 chilometri all’interno del Libano ma anche 50. A Beirut e altrove”.
Tel Aviv ha fatto sapere che in “un’operazione mirata a Nabatieh” ha ucciso Ali Muhammad al-Dabs, un comandante della Forza Redwan, unità d’élite di Hezbollah, oltre al suo vice Ibrahim Issa e a un terzo operativo. Al-Dabs, spiegano, “era tra quelli che hanno diretto l’attacco terroristico a Megiddo in Israele nel marzo del 2023. Ha condotto, programmato e compiuto attività terroristica contro Israele, specialmente durante questa guerra”.
Mondo
Gaza, Israele contro il piano Usa per lo Stato palestinese: “Non facciamo regali”. Gallant a Hezbollah: “Possiamo colpire anche Beirut”
Mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità lancia l’allarme contro l’offensiva militare israeliana a Rafah (sarebbe “una catastrofe umanitaria oltre ogni immaginazione”), il governo Netanyahu attacca, senza mezzi termini, l’annunciato piano degli Stati Uniti e dei Paesi arabi per la nascita di uno Stato palestinese. Tutto questo a poche ore dalla decisione del premier di ritirare i suoi delegati dai negoziati in corso al Cairo per trovare un accordo sugli ostaggi con Hamas e mentre le forze speciali israeliane sono entrate nell’ospedale Nasser a Khan Younis. Medici senza frontiere segnala morti e feriti: “Siamo stati costretti a lasciare la struttura”, sottolinea l’Ong. Ma il portavoce del primo ministro fa capire che dall’esecutivo non è previsto alcun passo indietro: “Ora non è il momento di parlare di doni per il popolo palestinese, in un momento in cui la stessa Autorità palestinese deve ancora condannare il massacro del 7 ottobre”, ha detto riferendosi alla nascita di uno Stato palestinese. Tensione anche a nord, col botta e risposta tra Hamas e Israele. Il ministro della Difesa Gallant: “Possiamo colpire anche Beirut”.
Il piano – Come anticipato dal Washington Post, gli Usa e molti Paesi arabi stanno lavorando a un piano dettagliato per una pace comprensiva tra israeliani e palestinesi che include “una cronologia fissa” per la nascita dello Stato palestinese. L’annuncio ufficiale potrebbe avvenire nelle prossime settimane. Il punto centrale del Piano sarebbe il raggiungimento di un cessate il fuoco iniziale tra Israele e Hamas di sei settimane durante le quali gli Stati Uniti annuncerebbero il progetto e la formazione di un governo palestinese ad interim. Ma in attesa di conoscere i dettagli del piano e la posizione ufficiale di Israele, il ministro della Sicurezza nazionale e leader di Potere ebraico, Itamar Ben Gvir, anticipa tutti e critica duramente il progetto affermando che “l’intenzione degli Usa insieme ai Paesi arabi di stabilire un stato terrorista a fianco di Israele è deludente e parte della concezione sbagliata che dall’altra parte ci sia un partner per la pace”. Posizione rilanciata dall’altro collega, anche lui rappresentate di un partito di destra, Bezalel Smotrich: ministro delle finanze e leader di Sionismo religioso, Smotrich ha attaccato chiedendo al Gabinetto si sicurezza che “sia presa un decisione chiara con l’opposizione al Piano“.
L’allarme dell’Oms sull’offensiva a Rafah – Così – mentre sul fronte internazionale Spagna e Irlanda chiedono di verificare se Israele ha violato i diritti umani a Gaza e Macron chiede a Netanyahu fermare la guerra – Israele si appresta a dare il via all’annunciata offensiva militare contro Rafah, città nell’estremità più meridionale della Striscia di Gaza, al confine con l’Egitto. Un’operazione per l’Organizzazione Mondiale della Sanità causerebbe “una catastrofe umanitaria oltre ogni immaginazione”. Un allarme, lanciato dal rappresentante dell’Oms nei Territori palestinesi occupati, Rik Peeperkorn, che arriva in un momento in cui gli ospedali sono “completamente sovraccarichi e sull’orlo del collasso“. Peeperkorn ha sottolineato che 1,5 milioni di abitanti di Gaza sono ora stipati in tende di fortuna e rifugi “dappertutto”. Inoltre, la capacità dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite di distribuire aiuti medici a Gaza è fortemente limitata, poiché molte richieste di consegna di rifornimenti sono state respinte da Israele. Solo il 40% delle missioni dell’Oms nella Striscia di Gaza settentrionale è stato autorizzato a novembre, e quel numero è diminuito significativamente da gennaio. “Anche in assenza di un cessate il fuoco, dovrebbero esistere corridoi umanitari per l’Oms e le Nazioni Unite per fare il loro lavoro”, ha detto Peeperkorn.
Forza speciali nell’ospedale Nasser – Intanto, come segnala l’Onu, proseguono le operazioni di terra e i pesanti combattimenti tra le forze israeliane e i gruppi armati palestinesi, in particolare a Khan Younis e Rafah. “Gli attacchi aerei su Rafah hanno aumentato i timori di un’escalation nell’area più meridionale di Gaza, che ospita già più della metà della popolazione di Gaza”, segnalano le Nazioni Unite. “Nasser è la spina dorsale del sistema sanitario nel sud di Gaza. Deve essere protetto. L’accesso umanitario deve essere consentito. Gli ospedali devono essere protetti in modo che possano svolgere la loro funzione salvavita”, insiste l’Oms sottolineando che le infrastrutture sanitarie “non devono essere militarizzate o attaccate”. Tutto questo mentre l’esercito israeliano conferma che le sue forze speciali sono entrate proprio nell’ospedale Nasser a Khan Younis, nel sud di Gaza, sostenendo di avere informazioni credibili che corpi degli ostaggi catturati il 7 ottobre da Hamas si trovino nella struttura. “Portiamo a termine operazioni di recupero mirate, come abbiamo fatto nel passato, dove la nostra intelligence ci indica che vi possano essere corpi degli ostaggi”, recita un comunicato dell’Idf. Al Jazeera aveva riportato la notizia del raid delle forze israeliane nell’ospedale, spiegando che queste avevano dato fino alle sette del mattino per evacuare l’edificio. Il corrispondente dell’emittente ha parlato di “presenza di militari” e con “tank pesanti ed artiglieria che hanno aperto il fuoco” in diversi reparti. “Decine sono rimasti feriti negli attacchi – riferisce ancora al Jazeera – questa è la più grande struttura sanitaria del sud di Gaza che ora è completamente fuori servizio, l’intero staff medico è stato circondato, con le mani legate dietro la schiena“.
Msf: “Medici costretti ad abbandonare l’ospedale” – “In seguito ai bombardamenti di questa mattina, il team di Medici Senza Frontiere in azione all’ospedale Nasser” di Khan Yunis “riporta una situazione caotica, con un numero imprecisato di morti e feriti. Dopo l’attacco, un membro dello staff di Msf risulta ancora irreperibile“. Lo rende noto l’ong in una nota. “Il personale medico di Msf è stato costretto ad abbandonare l’ospedale, e soprattutto i pazienti al suo interno. Le forze israeliane hanno istituito un posto di blocco per controllare l’uscita dal complesso ospedaliero; un membro dello staff di Msf è stato trattenuto”. L’ospedale Nasser a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, “è sotto attacco dalle prime ore di questa mattina, nonostante le forze israeliane avessero detto al personale medico e ai pazienti che potevano rimanere nella struttura. A migliaia di sfollati che avevano ritrovato rifugio nell’ospedale è stato ordinato di abbandonarlo lo scorso 13 febbraio”, prosegue Medici senza Frontiere nella nota. Msf chiede, infine, alle forze israeliane di “interrompere immediatamente questo attacco, poiché mette in pericolo il personale medico e i pazienti che sono ancora bloccati all’interno della struttura”.
Il fronte con il Libano – E mentre cresce la preoccupazione per la zona sud della Striscia, è sempre più teso il fronte esterno settentrionale. Poche ore dopo la diffusione di notizie dell’uccisione di 13 persone – tra cui civili, anche donne e bambini – nel sud del Libano a causa di bombardamenti israeliani, in risposta al lancio di razzi degli Hezbollah, il premier libanese, Najib Miqati, ha affermato che il suo governo presenterà formale denuncia all’Onu per “l’aggressione israeliana”, come riferiscono i media di Beirut. Sempre dalla stampa libanese arrivano anche le parole di Shaykh Nabil Qawuq, membro del Consiglio centrale di Hezbollah: “All’escalation di Israele rispondiamo con l’escalation, se costringono i nostri civili ad abbandonare le case, costringiamo i loro civili a lasciare le loro case, se distruggono le nostre case, distruggiamo le loro case”, ha minacciato Qawuq. Israele ha replicato con un’altra minaccia: quello di Israele, ha dichiarato il ministro della Difesa Yoav Gallant, è solo “un passo su 10, non possiamo attaccare solo 20 chilometri all’interno del Libano ma anche 50. A Beirut e altrove”.
Tel Aviv ha fatto sapere che in “un’operazione mirata a Nabatieh” ha ucciso Ali Muhammad al-Dabs, un comandante della Forza Redwan, unità d’élite di Hezbollah, oltre al suo vice Ibrahim Issa e a un terzo operativo. Al-Dabs, spiegano, “era tra quelli che hanno diretto l’attacco terroristico a Megiddo in Israele nel marzo del 2023. Ha condotto, programmato e compiuto attività terroristica contro Israele, specialmente durante questa guerra”.
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Tokyo, 20 gen. (Adnkronos) - Sono sole, spesso in difficoltà economiche. Tanto che sarebbero disposte a pagare per restare in carcere. Perché qui ricevono pasti regolari, assistenza sanitaria gratuita, la compagnia di cui sono prive all'esterno. Succede nel più grande carcere femminile del Giappone, quello di Tochigi, a nord di Tokyo in Giappone. Lo racconta la Cnn, a cui è stato concesso, evento molto raro, di entrare nel centro di detenzione. Le cui celle sono piene di anziane, magari dietro alle sbarre per reati minori quali il furto di cibo al supermercato. Le guardie raccontano che il problema più acuto è quello della solitudine.
Tanto che, ha detto Takayoshi Shiranaga, agente della prigione femminile di Tochigi, "ci sono persino persone che dicono che pagherebbero 20mila o 30mila yen (130-190 dollari, ndr) al mese se potessero vivere qui per sempre". E "ci sono persone che vengono qui perché fa freddo o perché hanno fame", ha aggiunto Shiranaga. Inoltre chi si ammala ''può ricevere cure mediche gratuite mentre è in prigione, ma una volta fuori devono pagarle di tasca propria, quindi alcune vogliono restare qui il più a lungo possibile''. In tutto il Giappone, il numero di detenuti di età pari o superiore a 65 anni è quasi quadruplicato dal 2003 al 2022. "Ora dobbiamo cambiare loro i pannolini, aiutarli a fare il bagno, a mangiare", ha detto Shiranaga. "A questo punto, sembra più una casa di cura che una prigione piena di criminali condannati", ha aggiunto.
Tra le pareti rosa chiaro e i corridoi stranamente sereni della prigione Tochigi, la Cnn ha incontrato Akiyo, nome di fantasia di una detenuta di 81 anni. "Ci sono persone molto buone in questa prigione - ha detto - Forse questa vita è la più stabile per me". Una detenuta di 51 anni, nome di fantasia Yoko, è stata incarcerata per accuse legate alla droga cinque volte negli ultimi 25 anni. Ogni volta che torna, la popolazione carceraria sembra invecchiare, ha detto alla Cnn. Alcune persone ''commettono reati di proposito per venire arrestate e finire di nuovo in prigione, una volta che finiscono i soldi", ha affermato.
Il furto è di gran lunga il crimine più comune commesso dai detenuti anziani in Giappone, soprattutto tra le donne. Nel 2022 più dell'80% delle detenute anziane in tutto il Paese erano in carcere per furto, secondo i dati del governo di Tokyo. Alcuni lo fanno per sopravvivere. Il 20% delle persone con più di 65 anni in Giappone vive in povertà, secondo l'Ocse, rispetto a una media del 14,2% nei 38 paesi membri dell'organizzazione. Altri lo fanno perché hanno così poco al di fuori.
Le autorità giapponesi sono a conoscenza del problema, tanto che il ministero del Welfare ha affermato nel 2021 che i detenuti anziani che hanno ricevuto supporto dopo aver lasciato il carcere avevano molte meno probabilità di recidive rispetto a quelli che non l'avevano ricevuto. Da allora, il ministero ha intensificato gli sforzi di intervento precoce e i centri di supporto alla comunità per aiutare meglio gli anziani vulnerabili.
Il ministero della Giustizia ha inoltre avviato programmi per le detenute, per aiutarle a vivere in modo indipendente. Ovvero come riprendersi dalla dipendenza da sostanze stupefacenti e come gestire le relazioni familiari. Il governo di Tokyo sta anche valutando proposte per rendere i sussidi per l'alloggio accessibili a un numero maggiore di anziani. Sono 10 i comuni in tutto il Giappone che stanno testando iniziative per sostenere gli anziani senza parenti stretti. Il tutto mentre in Giappone la popolazione anziana sta aumentando così rapidamente che entro il 2040 il Paese avrà bisogno di 2,72 milioni di operatori socio-assistenziali. Il governo sta cercando di incoraggiare più persone a entrare nel settore e di 'importare' lavoratori stranieri.
Civitavecchia, 20 gen. - (Adnkronos) - Procedono spediti i lavori di realizzazione del prolungamento dell'antemurale Cristoforo Colombo che vedrà la diga foranea del Porto di Civitavecchia estendersi per ulteriori 400 metri in direzione nord ovest.
Sono in corso i lavori di realizzazione dello scanno di imbasamento (dove poggeranno i cassoni in calcestruzzo) con lo sversamento in mare del nucleo della scogliera costituita da massi di pezzatura ricompresa tra i 5 e i 1000 Kg. A breve verrà avviata la prefabbricazione dei cassoni in cls costituenti il corpo centrale della diga foranea di dimensioni 40x28x25 m.
"Tengo a sottolineare - dichiara il presidente dell'AdSP Pino Musolino - che stiamo rispettando tutti i tempi programmati per realizzare opere che doteranno il porto di Civitavecchia di infrastrutture adeguate e compatibili per il rilancio del settore portuale, con un occhio sempre attento alla transizione ecologica, alla sostenibilità e all'impatto ambientale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Qual è il suo sogno quando era piccolo?". "Questa è una domanda interessante, perché i sogni cambiano nel corso della vita, con l'età. Quando ero piccolo mi sarebbe piaciuto fare il medico, poi ho cambiato idea. Quando si è a scuola, crescendo, si studia un po' tutto. C'è un momento in cui bisogna scegliere cosa fare. Alla fine ho scelto il diritto, la legge". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella rispondendo ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "Non ho mai sognato di fare il calciatore perché non ero per niente bravo", ha aggiunto sorridendo.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "C'è molto di buono in questo paese, e questo mi conforta sempre". Così il Presidente della repubblica Sergio Mattarella ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "La fatica viene cancellate dal vedere cose buone che si vedono in Italia", ha detto.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Le piacerebbe fare un altro lavoro?". Questa è stata a prima domanda rivolta dagli alunni della scuola de Amicis di Palermo al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in visita a sorpresa questa mattina nel plesso. "Io sono vecchio - ha risposto - il mio lavoro non è quello che faccio adesso, il mio lavoro abituale era quello di insegnare Diritto costituzionale all'Università, ma ormai non lo faccio più da tempo. Questo impegno che svolgo ora non è un lavoro, è un impegno per la nostra comunità nazionale. E' faticoso, però è interessante perché consente di stare in contatto con la nostra società, con tutti i cittadini di ogni origine, ed è una cosa di estremo interesse".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "La musica, così come le iniziative sui libri, la cultura, sono il veicolo della vita, della convivenza, dell'apertura, della crescita personale e collettiva. E' quello che state facendo in questa scuola. Per me è davvero un motivo di soddisfazione essere qui e farvi i complimenti". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella incontrando i bambini della scuola De Amicis. Nel novembre scorso i bimbi della quinta C furono insultati mentre si esibivano davanti alla Feltrinelli, vestiti con abiti tradizionali africani. "Io ogni anno vado in una scuola per l'apertura dell'anno scolastico, ma non è frequente che vada in altre occasioni. Sono lietissimo di essere qui questa mattina- dice Mattarella- E ringraziarvi per quello che fate. Ringrazio i vostri insegnanti per quello che vi trasmettono e per come vi guidano nell'accrescimento culturale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Voi siete una scuola che con la cultura, la musica, la lettura, e altre iniziative di crescita culturale, esprime i valori veri della convivenza nel nostro paese e nel mondo, che sempre è più unito, connesso, sempre più senza confini. Ed è una ricchezza crescere insieme, scambiarsi opinioni e abitudini, idee, ascoltare gli altri. fa crescere e voi lo state facendo, per questo complimenti". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella si è rivolto ai bambini della scuola De Amicis di Palermo. Nel novembre scorso i bimbi della quinta c, molti dei quali di origini africane, furono insultati per strada mentre si esibivano in uno spettacolo vestiti con abiti tradizionali. "Cercate di trovare la vostra strada secondo le vostre inclinazioni, auguri a tutti voi e complimenti", ha aggiunto. "Sono lietissimo di incontrarvi in questo auditorium che ci accoglie, ragazzi. Ringrazio la dirigente scolastica e i collaboratori, gli insegnanti e li ringrazio per quanto fanno. Voglio fare i complimenti a voi, siete bravissimi. Avete eseguito magistralmente questi due pezzi", ha detto ancora il Capo dello Stato parlando ai ragazzi che si sono esibiti in un breve concerto. "Non è facile con tanti strumenti ad arco, a fiato, a percussione. Complimenti ai vostri insegnanti e a voi".