Pochi giorni dopo il suo arresto fa sapere di avere intenzione di collaborare con la giustizia e arriva così il primo interrogatorio nel carcere di Lecce. Ma il suo obiettivo non è quello di raccontare le dinamiche della Sacra corona unita ma di tagliare la giugulare e uccidere la pm della Dda che ha firmato la richiesta di custodia cautelare che lo ha portato in cella insieme ad altre 21 persone. All’interrogatorio arriva con un coltello di ceramica nascosto nel retto, arma auto-costruita in carcere con pezzi del water: ma il progetto fallisce solo grazie all’intervento di un tenete dei carabinieri che gli ha trovato e tolto dalle mani il coltello durante l’interrogatorio.
I contorni di questa vicenda surreale vengono raccontati dallo stesso protagonista, il brindisino Pancrazio Carrino: il 42enne – accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso – era stato arrestato e condotto in carcere nel luglio del 2023 nell’ambito dell’inchiesta dell’Antimafia salentina chiamata The Wolf, sul clan Lamendola-Cantanna, ritenuto organico alla Sacra Corona. L’ordinanza venne firmata dalla gip Maria Francesca Mariano, su richiesta della pm Carmen Ruggiero. La giudice per le indagini preliminari lo scorso 2 febbraio, ha trovato una testa di capretto mozzata davanti la sua abitazione mentre il 23 novembre aveva già ricevuto minacce di morte, così come la pm Ruggiero. Per entrambe, per queste ragioni, sono state rafforzate le misure di sicurezza.
Nell’ultimo interrogatorio Pancrazio Carrino ha confessato: non aveva alcuna intenzione di collaborare con la giustizia ma l’unico suo obiettivo era quello di uccidere la pm della Dda di Lecce Carmen Ruggiero, tagliandole la gola. A scatenare la sua rabbia, racconta, sarebbe stata la diffusione di una “falsa notizia” relativa a una “violenza sessuale”. Così prima avrebbe tentato il suicidio poi, invece, ha iniziato a pensare al piano di vendetta: è “cominciata la mia guerra personale con gli agenti della Polizia Penitenziaria perché ero arrabbiato con tutti ciò che rappresenta lo Stato”, si legge nel verbale dell’interrogatorio. “Per placare la mia sete di vendetta volevo attirare l’attenzione della Dda su di me subito, all’insaputa del mio avvocato dell’epoca”, ha precisato. “Quindi dico all’agente di polizia penitenziaria, in via riservata, di voler collaborare con i magistrati. La mia vera intenzione – sottolinea – era di tagliare la gola al pubblico ministero che si sarebbe presentato ove avesse dato seguito alla mia richiesta di collaborazione”.
Così pianifica la costruzione di un’arma artigianale: “Mi preparo un pezzo di ceramica del bordo interno del water della cella d’isolamento e lo avvolgo in una busta nera di plastica della spazzatura. Era sempre il periodo in cui assumevo in dosi eccessive i farmaci”, racconta Carrino. Quando arriva il giorno dell’interrogatorio, come racconta BrindisiReport, l’uomo nasconde l’arma nel retto e inizia a raccontare storie di droga, di armi e cita nomi storici della Scu. Poi, racconta, “chiesi due minuti per andare in bagno, dove mi infilai negli slip il pezzo di ceramica imbustato”. “Ricordo – si legge nel verbale – che dopo essere uscito dal bagno mi sono trovato in una stanza, da solo, diversa da quella dove ero in precedenza, dove è entrato il tenente di San Vito dei Normanni che mi ha ritrovato il pezzo di ceramica in mano e me lo ha tolto”. Grazie all’intervento del tenente Alberto Bruno, attualmente comandante del nucleo investigativo della compagnia di Matera, il progetto fallisce. Nella sua confessione, però, Pancrazio Carrino tiene a precisare: “Se fossi stato lucido quel giorno come lo sono adesso, Carmen Ruggiero sarebbe già storia“.