Un “modello Caivano” per far rinascere il Nordafrica e affrontare così l’emergenza migratoria. È con questo parallelismo che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha presentato, in un’informativa al Consiglio dei ministri sulle politiche migratorie, la sua idea di Piano Mattei per i Paesi di provenienza dei barconi che attraversano il Mediterraneo verso le coste siciliane. Un piano che prende ispirazione, quindi, dall’iniziativa del governo per sconfiggere la criminalità organizzata nella periferia napoletana.
Come questo parallelo possa stare in piedi non è stato spiegato. Lo Stato sta cercando di riprendersi il controllo del territorio a Caivano con operazioni di polizia, una maggior presenza delle forze di sicurezza e della politica e con investimenti volti a fornire un’alternativa di vita agli abitanti della zona. Una battaglia ancora tutta da combattere, oltre che da vincere, che però la premier vuole portare anche nella sponda sud del Mediterraneo. “Dobbiamo tenere alta l’attenzione – ha detto – Per questo ho bisogno di tutto il governo. Immagino operativamente, e mediaticamente, un ‘modello Caivano’ per il Nordafrica, in particolare per Tunisia e Libia, ben consapevoli delle differenze tra Tripolitania e Cirenaica. Dobbiamo sforzarci di far sentire la nostra vicinanza e il nostro reale spirito di solidarietà intanto con tavoli ministeriali che rafforzino la collaborazione. Andiamo tutti in Libia e Tunisia, sviluppiamo progetti, controlliamone l’esecuzione, coordinando le presenze, in modo che siano cadenzate e diano il senso della continuità”.
Più facile a dirsi che a farsi. In Libia, come ha accennato la presidente del Consiglio, il Paese è diviso. Non solo fra Tripolitania e Cirenaica, come dice lei, ma tra decine di fazioni con altrettante milizie con cui parlare, fare accordi e da controllare. Un obiettivo che non è mai stato raggiunto da alcun leader dopo la caduta di Muammar Gheddafi. Senza dimenticare che il nostro interlocutore, il governo di Tripoli, vive una frattura interna successiva alle mancate elezioni del dicembre 2021 che di fatto lo rendono illegittimo agli occhi di una larga fetta della popolazione. Senza dimenticare le ingerenze straniere, russe e turche in primis, nel Paese.
Apparentemente migliore è la situazione in Tunisia, dove però il presidente Kais Saied ha preso il pieno controllo del Paese, dilaniato dalla crisi economica, in maniera antidemocratica e ha soffiato sul fuoco del razzismo e dell’odio verso i migranti dall’Africa centrale. In questo contesto, le proposte di intesa offerte dall’Italia e dall’Ue, fino a oggi, non hanno portato i risultati sperati.
La premier sostiene comunque che i primi passi del cosiddetto Piano Mattei siano già stati compiuti “prima con la Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni, poi con la conferenza Italia-Africa. Il tratto che nessuno deve dimenticare è che non abbiamo in mente un modello di cooperazione predatorio con le Nazioni africane, bensì collaborativo, e rivendichiamo tra i tanti diritti da tutelare anche il diritto a non emigrare“.
Meloni ha presentato i numeri sulla migrazione del 2024 che parlano di un -41% degli arrivi rispetto allo stesso periodo del 2023, anche se, ammette, si tratta di “una rincorsa continua. Contenere gli arrivi lungo una rotta porta all’attivazione o riattivazione di un’altra direttrice. Se 5 mesi fa la nostra prima preoccupazione erano gli arrivi dalla Tunisia, oggi lo è divenuta la costa della Tripolitania, che sta facendo registrare un incremento di partenze. Fra le nuove fonti di pressione vi sono anche gli arrivi dal Sudan, a seguito del conflitto iniziato nell’aprile 2023, i profughi sudanesi non si fermano più in Egitto, ma giungono in Libia e da lì vengono da noi; e la decisione della giunta golpista in Niger di decriminalizzare il traffico di migranti, con conseguente aumento dei movimenti migratori da quell’area”. Per questo, ha concluso, “dobbiamo insistere con le Nazioni della regione del Mediterraneo allargato e dell’Africa sub-sahariana per un metodo di lavoro condiviso che faccia contrastare insieme gli sbarchi sulle nostre coste, cooperando per colpire la rete dei trafficanti e aiutando le economie più fragili per rimuovere le cause che spingono a migrare”.