Cinema

La magnifica grandezza politica di Quarto Potere di Orson Welles torna in sala, il nuovo trailer in anteprima per il FattoQuotidiano.it

di Davide Turrini

Passano le mode e i tempi, cambiano i film e i ritmi, ma Quarto Potere (Citizen Kane) rimane sempre mirabilmente a galla. L’opera prima di Orson Welles di cui ilFattoQuotidiano.it vi offre un nuovo trailer in anteprima torna in sala dal 24 marzo 2024 grazie a I Wonder Classics e di visione in visione, come raccontava anni fa il celebre critico Roger Ebert, “più chiaramente riesco a vedere la sua manifestazione fisica, più sono emozionato dal suo mistero”. Già, che cosa significhi quel “rosebud” che il tycoon dell’informazione e magnate della finanza Charles Foster Kane (Welles stesso, all’esordio anche come attore di cinema) pronuncia in punto di morte, dopo una vita esageratamente ricca, sfrontata, sopra le righe, rimane uno di quei quesiti mai del tutto svelabili dentro ad un testo filmico – citiamo Ebert – come l’osso lanciato in aria di 2001, il semaforo verde (o anche il raggio verde) in fondo al molo di Gatsby (o sulla linea dell’orizzonte nel film di Rohmer).

Del resto Quarto Potere è una lunga ricerca in flashback rispetto a un impellente interrogativo d’indagine giornalistica (il significato di rosebud/rosabella), proprio in un film in cui gli autori (Welles e Mankiewicz) sottolineano con sferzante sarcasmo l’estrema abilità manipolatoria della realtà da parte dei mezzi d’informazione attraverso stilemi di narrazione continuamente ritoccabili e plasmabili a seconda dell’agglomerato di potere economico-politico culturalmente più influente da servire. La sfacciataggine del Kane editore del New York Enquirer anticipa incredibilmente l’avvento dell’informazione fagocitante e incontrollabile del web (“la redazione dovrà funzionare 24 ore al giorno”), l’invenzione di sana pianta di news eclatanti (il galeone spagnolo a pochi chilometri dalla Florida) e il forsennato clickbaiting che coinvolge tutti i quotidiani, nessuno escluso (il dover dare la notizia della signora scomparsa di cui parlano tutti anche se l’Inquirer è un giornale “serio”, oppure il titolo su un giornale di tre colonne che diventa subito importante solo per il fatto che qualcuno l’abbia pubblicato così).

Ma Quarto potere, che in originale suona più politicamente individualista come Citizen Kane, alla forse sesta o settima nostra visione, fa emergere ancor di più complessità e articolazione del tessuto drammaturgico wellesiano (i piani temporali che si fondono con dissolvenze letteralmente impercettibili), nonché quel celebre concetto di barocchismo di regia (il direttore della fotografia Greg Toland in quel buco scavato per terra nella sala del comitato per Kane governatore è storia assoluta del cinema) che tanto faceva ammattire un grande critico e storico come Gianni Rondolino. Ed ancor di più spinge in superficie una nuance psicologica abilmente e coraggiosamente romantica che Welles appiccica addosso a uno sgargiante farabutto come Kane che, lo diciamo a distanze siderali da quel 1941 in pieno fragore antinazista, ha davvero un’anima, magari oscura, vagamente diabolica (nel suo carnet Welles ha però diavoli più diabolici come Quinlan), eppure umanamente fragile e toccante.

L’apparentemente invincibile Kane, una volta caduto dal trespolo più alto non si rialza più. Anzi, nonostante l’ipertrofica tenuta di Xanadu, il denaro inesauribile, annaspa comunque nella polvere della felicità perduta. Kane, infine, più che l’origine e l’incarnazione dal nulla di un generico male è semmai il risultato impazzito e in provetta di una società già ultraliberista – la crisi del ’29 infatti arriva oltre metà del film – senza freni morali e culturalmente ipocrita nella sua profonda essenza. Si veda lo “scandalo” dell’amante di Kane, stigmatizzato dal rivale politico che, da un lato, risulta la tipica dinamica peccaminosa enfatizzata dalla cultura puritana statunitense, mentre dall’altro è il mezzuccio retorico della colpa epocale oramai oggi paradossalmente indistinguibile tra generazioni varie di democratici e repubblicani. Ecco quindi l’ulteriore magnifica grandezza politica di Quarto Potere, quasi 90 anni dopo la sua ideazione: il marcio è ovunque, oltre ogni barriera tra presunti buoni e cattivi.

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