Dopo le minacce e i velati ricatti al governo per ottenere più aiuti pubblici, giovedì la notizia che Stellantis ha chiuso il 2023 con un utile netto di 18,6 miliardi in crescita dell’11% sull’anno prima e ricavi netti per 189,5 miliardi ha messo di buon umore l’ad Carlos Tavares. Che ha annunciato un dividendo di 1,55 euro per azione ordinaria, circa il 16% in più del 2022, e un premio medio di 2.112 euro per i dipendenti (+10%), si è detto “grato” per “la decisione ottima di mettere a disposizione incentivi per i consumatori” e ha affermato che gli stabilimenti italiani sono centrali e “servono tutti” per raggiungere “l’obiettivo condiviso del milione di veicoli” prodotti della Penisola. “Quindi certo, c’è un futuro per Pomigliano e Mirafiori”, ha garantito. I sindacati, però, chiedono che passi dalle parole ai fatti. In un incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i rappresentanti dei lavoratori “che porti ad un accordo che garantisca investimenti in ricerca e sviluppo, nuovi modelli e tutela dell’occupazione”, come hanno scritto in una nota congiunta Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil e Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità.
“L’amministratore delegato di Stellantis ha mandato una missiva ai colleghi esaltando i risultati ottenuti nel 2023 sottolineando la sua fiducia nelle capacità del gruppo che ha mietuto utili e dividendi per gli azionisti in maniera considerevole”, ha commentato Edi Lazzi, segretario generale della Fiom torinese. “Peccato che tutto ciò, visto da Torino, è paradossale. Infatti le lavoratrici e i lavoratori è dal 2008 che fanno cassa integrazione, entrando nel 2024 nel diciassettesimo anno consecutivo di ammortizzatori sociali, i quali hanno determinato la perdita di decine di migliaia di euro di salario. Mirafiori si è ridotta e ha perso occupazione passando da 20.000 a 12.000 addetti. Non solo, il disimpegno da Torino, prima della famiglia Agnelli Elkann e adesso di Stellantis, che non hanno assegnato nuovi modelli di auto, ha generato la chiusura di centinaia di fabbriche nell’indotto con il licenziamento di oltre 35.000 persone. Tutto ciò ha impoverito l’intera città di Torino”.
Anche per Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim Cisl, che ha partecipato a Torino all’attivo dei delegati di tutti i siti di Stellantis, “le parole devono essere accompagnato da scelte concrete in particolare per Mirafiori che non può perdere la missione produttiva. Accanto alla 500 elettrica deve essere destinato a Mirafiori un modello di largo consumo. Non importa di quale marchio”. C’è poi la questione Maserati: “Nel 2017 in questo comprensorio se ne facevano 55.000, l’anno scorso solo 8.000. Nel 2024 ci saranno solo GranTurimo e GranCabrio, mentre non si produrranno più Quattroporte, Ghibli e Levante”. Il segretario generale della Cisl Torino-Canavese, Domenico Lo Bianco, dopo la convocazione da parte del sindaco Stefano Lo Russo di un tavolo su Stellantis e l’automotive torinese parla di “un segnale importante” ma chiede “impegni precisi e atti concreti per il rilancio dello stabilimento di Mirafiori e di tutto il distretto dell’auto torinese. Servono scelte precise per rendere attrattivo il nostro territorio, favorire investimenti pubblici e privati e accompagnare le transizioni in atto. Senza una vera strategia di sviluppo si rischiano nuove crisi e il declino irreversibile del nostro settore industriale”, afferma.
Venerdì i rappresentanti sindacali di Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Uglm, nel corso di un consiglio in fabbrica dello stabilimento di Pomigliano, hanno espresso “forte preoccupazione” per il futuro della fabbrica. I timori, sottolineano le Rsa, che annunciano iniziative di protesta ed una manifestazione in città, nascono dal fatto che “le uniche notizie ufficiali sono che il 2026 sarà l’ultimo anno di produzione della Panda“, modello che “ha consentito la sopravvivenza dello stabilimento”. “Riteniamo inaccettabile che la nuova Panda sia prodotta in un Plant estero – spiegano i rappresentanti sindacali – le dichiarazioni di Tavares devono essere formalizzate in un tavolo tra Governo, azienda e parti sociali. La politica degli annunci deve essere accompagnata da atti concreti attraverso la presentazione di un piano industriale che garantisca, nella transizione all’elettrico, la piena occupazione per lo stabilimento di Pomigliano e in generale la salvaguardia del settore automotive italiano, industria strategica per l’intero Paese, garantendo anche un indotto sempre più in difficoltà”.