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Serena Mollicone, a Le Iene nuove testimonianze contro l’ex maresciallo Mottola e suo figlio Marco: “Era un pusher, ha ucciso una ragazza che lo voleva rovinare”

L'inchiesta è stata condotta da Veronica Ruggeri e Alessia Rafanelli mentre è in corso il processo di secondo grado contro l'ex maresciallo dei Carabinieri Franco Mottola, all'epoca dei fatti comandante della caserma dei carabinieri di Arce, sua moglie e suo figlio Marco, assolti in primo grado

di Alessandra De Vita

A distanza di 23 anni dal delitto di Arce emergono nuove raggelanti testimonianze sugli imputati accusati di aver ucciso Serena Mollicone. Sono state diffuse nel corso di “Iene Inside”, in onda ieri, su Italia Uno. L’inchiesta è stata condotta da Veronica Ruggeri e Alessia Rafanelli mentre è in corso il processo di secondo grado contro l’ex maresciallo dei Carabinieri Franco Mottola, all’epoca dei fatti comandante della caserma dei carabinieri di Arce, sua moglie e suo figlio Marco, assolti in primo grado. Secondo l’accusa, dopo gli accertamenti del Ris, Serena fu uccisa all’interno della Caserma. Coinvolti anche i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, imputati insieme ai Mottola e alla moglie del maresciallo. “Il figlio del maresciallo Mottola era un pusher, e ha ucciso una ragazza che lo voleva rovinare“: questa ed altre testimonianze raggelanti e inedite sono venute fuori dal lavoro delle Iene. Molte erano già state rilasciate ma del tutto ignorate da chi avrebbe dovuto indagare. Questa è stata raccolta dal professor Fernando Ferrauti, responsabile dell’Asl di Frosinone, da alcuni suoi pazienti tossicodipendenti. All’epoca Ferrauti allertò i carabinieri ma fu ignorato.

Si è parlato anche del misterioso suicidio di Santino Tuzi, il brigadiere ritrovato senza vita in una diga l’11 aprile del 2008. Ma partiamo dal principio: il delitto di Arce, omicidio irrisolto di Serena Mollicone, avvenuto il primo giugno del 2001 in provincia di Frosinone. Una ragazza di appena 18 anni scomparve e fu ritrovata due giorni dopo in un bosco in zona Fontecupa, a Fontana Liri. Aveva mani e piedi legati dal fil di ferro e il capo infilato in un sacchetto di cellophane e sigillato con dello scotch. Serena era una ragazza senza ombre, amata da tutti. Frequentava il liceo e suonava il clarinetto nella banda del paese, era figlia di Gugliemo, insegnante elementare, scomparso nel 2020 a causa di un infarto.

Serena era preoccupata per i suoi amici, molti erano finiti nel tunnel della tossicodipendenza. Il giorno della festa del Santo Patrono era stata vista da molti affrontare nella piazza del paese Marco Mottola, figlio del maresciallo della caserma di Arce, davanti a tutti. Da molte testimonianze, riemerse nel corso della puntata di ieri, risulta che lei quel giorno gli avrebbe detto: “Se gli continui a dare droga, io ti denuncio“. Questa lite è stata confermata dalla zia della ragazza in fase processuale. “I miei amici muoiono di droga”, le aveva detto.

Il giorno che Serena uscì di casa per l’ultima volta era tranquilla, dicono le amiche. Prese il bus per fare un’ortopanoramica in un ospedale in zona Fontana Liri, mentre il padre apriva la sua cartolibreria. Da lì sarebbe rientrata con il bus o con un passaggio da chi di certo conosceva. Santino Tuzi era in caserma, ad Arce, per il primo turno. Serena nel pomeriggio sarebbe dovuta andare dal dentista ma i suoi, il padre e la zia, non la videro rincasare e iniziarono a telefonare negli ospedali di Sora, il centro più vicino. Quando il padre rientrò a casa trovò davanti alla porta il maresciallo Mottola e il brigadiere Tuzi. Lo aspettavano, così ha dichiarato Guglielmo Mollicone in una delle ultime interviste realizzate dalle Iene. Fu Mottola a raccogliere la sua denuncia di scomparsa. Il maresciallo si presentò poi a casa sua, in borghese, per rovistare tra gli oggetti di Serena: lesse i suoi diari. Ma di queste perquisizioni non c’è traccia agli atti. Tutto il paese iniziò a cercarla. Fu rittovata dopo 48 ore, in una zona boschiva adibita a discarica, frequentata da prostitute e spacciatori. Ma aveva piovuto a dirotto e il suo corpo era asciutto: prima incongruenza. Quella zona oltretutto era stata già perlustrata. Serena è morta per emorragia celebrale, ha battuto la testa e sul suo capo il Ris ha rinvenuto tracce della porta della caserma di Arce e di vernice della caldaia adiacente. Elementi che indicherebbero secondo i tecnici il luogo e l’arma del delitto. Serena dove andò quel primo giugno del 2001?

Quella mattina Serena era stata vista in un bar a pochi passi da Fontana Liri (forse dopo aver fatto la radiografia), il bar Della Valle, insieme a un ragazzo con i capelli biondi e a spazzola con lei a bordo di un Y10 con cui forse la ragazza rientrò ad Arce. Fu avvistata da un carrozziere, Carmine Belli. L’auto e la descrizione dell’identikit hanno rimandato in fase dibattimentale a Marco Mottola. Solo per aver rilasciato questa testimonianza il carrozziere è stato accusato di essere l’assassino di Serena. Belli è stato incarcerato per 17 mesi, ha perso tutto, la sua vita è andata in frantumi. Le prove a suo carico erano un pezzo di scotch trovato nella sua carrozzeria della stessa tipologia che fu ritrovata sul capo della ragazza, un sacchetto dell’Eurospin simile a quello utilizzato per soffocarla e un biglietto da visita del dentista di Serena. “Avevo la sua auto in riparazione”, dichiarò all’epoca il carrozziere ma questa testimonianza che lo avrebbe scagionato fu ignorata dagli inquirenti. Come si passa da testimone a mostro? Dice Belli alle Iene: “Gli serviva un povero scemo da accusare. Io non so parlare e non ho soldi per difendermi, ero perfetto”.

Belli dichiarò anche che aveva visto Serena litigare con questo ragazzo. Descrisse anche gli abiti con cui fu ritrovata Serena che fu vista quel giorno anche da Simonetta, la barista del bar Della Valle ma queste due testimonianze furono giudicate inattendibili. La barista ricordò anche la targa dell’auto e il colore. Una Y10 bianca, come quella di Marco Mottola. Lo riconobbe all’epoca tra le foto del funerale di Serena, c’era anche lui vicino alla bara bianca, il ragazzo visto con lei al bar. Oggi, la barista nega tutto alle Iene, forse memore di quanto è accaduto all’altro testimone. Ma la sorte peggiore è stata quella di Santino Tuzi. Ricostruiamo la sua storia. Il brigadiere, il giorno in cui Belli fu rilasciato, andò sotto casa sua e gli chiese scusa, ricorda il carrozziere alle Iene dopo 23 anni. Forse sapeva qualcosa che avrebbe potuto scagionarlo sin da subito. Al suo migliore amico intervistato ieri dalle Iene, confessò un dettaglio inquietante. Quando fu ritrovato il corpo di Serena, non furono recuperati la sua borsa nè il cellulare. A casa non c’era, come risultò dalle prime ricerche ma dopo qualche giorno comparve improvvisamente in un cassetto. “Il cellulare a casa dei Mollicone ce lo aveva portato il maresciallo Mottola il giorno dei funerali della ragazza mentre tutti erano in chiesa”, ha sempre dichiarato con forza un amico di Tuzi, aggiungendo: “Lo ha confessato a me Santino, per questo lo hanno ammazzato, gli hanno dato appuntamento in un posto isolato. Santino aveva rivelato che Serena quel giorno era entrata in caserma e non ne era più uscita”, ribadendo alle Iene con coraggio quanto disse già il giorno del ritrovamento del corpo del brigadiere in lacrime, davanti alle telecamere.

Santino Tuzi si è suicidato con un colpo di pistola. Questa almeno è la versione ufficiale ma aveva motivo per farlo? La figlia e il suo migliore amico dicono di no. Nessuno crede al suicidio. A dare la notizia alla famiglia furono i carabinieri. “Ci dissero che si era ammazzato perché la sua amante voleva troncare la relazione”, ha dichiarato ieri la figlia. Questa donna si chiama Anna Rita Torriero ed è stata interrogata in tribunale e ieri le Iene l’hanno raggiunta. Sapeva che Santino quel giorno aveva un appuntamento alla diga ma le sue dichiarazioni sono confuse e contrastano con le confidenze fatte alla sua migliore amica, anche lei raggiunta dalle Iene. Ma ad Anna Rita Santino Tuzi, secondo un’intercettazione ambientale, confessò le sue paure per aver piantonato la caserma il giorno in cui fu uccisa Serena Mollicone. Lo aveva rivelato pochi giorni prima di morire di averla vista entrare ma non uscire da lì. “Mo’ mi mettono in manette”, le disse ma il suo destino è stato ben più tragico.

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